Continua da prima parte.
La definizione dello Stato
Sia nella costituzione italiana che in quella cubana il “popolo è sovrano”, ma nella prima esercita questo potere “nelle forme e nei limiti della costituzione”, nella seconda la esercita direttamente o indirettamente e “nelle forme e secondo le norme stabilite dalla costituzione e dalle leggi” (art. 3). Il potere popolare, quindi, non si è auto-posto alcuna limitazione tanto da stabilire, all’articolo 4, che “i cittadini hanno diritto di combattere con tutti i mezzi, compresa la lotta armata, contro chiunque tenti di rovesciare l’ordine politico, sociale ed economico stabilito da questa costituzione”.
Nella Costituzione italiana, ovviamente, manca il riferimento al socialismo, alla giustizia sociale e all’internazionalismo che, invece, è apertamente esplicitato nella carta di Cuba che viene definita uno Stato socialista di diritto e di giustizia sociale, sovrano, organizzato da tutti e per il bene di tutti, fondato sul lavoro, l’umanesimo, l’etica, la dignità, il cui obiettivo è la libertà, l’uguaglianza, la prosperità individuali e collettive. Inoltre, come già sottolineato, si dichiara che il ritorno al capitalismo, basato sullo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, è illegittimo e impraticabile.
L’art. 5 recita che il PCC, martiano, fidelista, marxista e leninista, avanguardia organizzata della nazione, costituisce la forza dirigente superiore della società e dello Stato. Esso dirige gli sforzi comuni per costruire il socialismo e avanzare verso il comunismo, al contempo opera per rafforzare l’unità patriottica. Un aspetto, questo, ovviamente assolutamente inedito rispetto all’impianto cristallizzato nella costituzione italiana.
L’art. 15 della Costituzione cubana definisce laico lo Stato cubano, il quale riconosce e garantisce la libertà religiosa; invece, il famoso articolo 7 della Costituzione italiana, contro cui molti hanno lottato, pur definendo Stato e Chiesa separati e indipendenti, recepisce i Patti lateranensi che attribuiscono alla Chiesa cattolica uno status privilegiato.
I diritti e i doveri degli individui
L’art. 2 della Costituzione italiana garantisce i diritti inviolabili dell’individuo e richiede “l’adempimento inderogabile dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale”, mentre l’art. 3 sancisce l’uguaglianza formale dei cittadini, anche se la Repubblica dovrebbe eliminare tutti quegli impedimenti che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e ne ostacolano la piena partecipazione alla vita socio-economica (uguaglianza sostanziale). La Costituzione cubana tratta la questione dei diritti e dei doveri al Titolo V, in cui si afferma che la dignità umana rappresenta il valore supremo e che lo Stato riconosce alla persona l’attribuzione e l’esercizio dei diritti umani (art. 40 e 41). Naturalmente la libertà religiosa e di espressione sono garantite, fermo restando che la proprietà dei mezzi di comunicazione di massa costituiscono la proprietà socialista del popolo e delle organizzazioni di massa (art. 55).
L’art. 4 della Costituzione italiana garantisce a tutti il diritto al lavoro, e rimuove gli impedimenti all’esercizio di tale diritto, garantendo ai lavoratori forme sociali di sostegno economico in caso di malattia, infortunio, disoccupazione (art. 38). Norma, nei fatti, disattesa come la successiva contro la guerra. Lo stesso diritto viene garantito dall’art. 64 della Costituzione cubana, a cui aggiunge che lo Stato assicura i servizi sociali per le famiglie dei lavoratori. Inoltre, il salario viene stabilito dal principio socialista “da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo il suo lavoro” (art. 65).
I cittadini cubani, inoltre, “controllano l’attività degli organismi statali, dei suoi dirigenti e funzionari, dei deputati e dei delegati” (art. 101), hanno diritto a “revocare il mandato agli eletti” (art. 80) e “di intervenire nella direzione dello Stato”, direttamente e indirettamente (art. 204). Al pari dei cittadini italiani, hanno diritto di esercitare l’iniziativa legislativa e referendaria (senza le limitazioni che la nostra costituzione impone riguardo le leggi di bilancio ed i trattati internazionali).
Per quanto riguarda i doveri degli eletti e dei pubblici ufficiali, a differenza della costituzione italiana che menziona unicamente i pubblici impiegati sottoponendoli unicamente “al servizio esclusivo della Nazione” (alias della borghesia), la costituzione cubana impone che “gli organismi dello Stato, i loro dirigenti, funzionari e dipendenti sono obbligati a rispettare, a prendersi cura e a rispondere al popolo, a mantenere stretti legami con questo e a sottoporsi al suo controllo” (art 10) nonché ad operare “con la dovuta trasparenza” (art. 101).
Inoltre “Qualsiasi persona che patisce danni o lesioni indebitamente causati da dirigenti, funzionari e dipendenti dello Stato in occasione dell'esercizio delle funzioni proprie dei loro incarichi, ha diritto a rivendicare e a ottenere un adeguato risarcimento o indennizzo nei modi previsti dalla legge” (art. 98). E infine: “La persona alla quale sono violati i diritti sanciti dalla presente Costituzione e, di conseguenza patirà danni o lesioni da parte di organismi dello Stato, dai suoi dirigenti, funzionari o dipendenti, in ragione dell'atto illecito o dell'omissione delle loro funzioni, nonché da parte di privati o da parte di enti non statali, ha diritto di reclamare dinnanzi ai tribunali la restituzione dei diritti e di ottenere, a norma di legge, il corrispondente risarcimento o indennizzo” (art. 99).
La politica internazionale
Quanto alla politica estera, ricordiamo l’art. 11 della Costituzione italiana, tante volte disatteso, che recita: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Più articolata - come d’altronde, induce a fare il regime di costante assedio economico-ideologico, e quindi politico, dell’isola caraibica al quale è stato già fatto riferimento in principio - ci sembra la trattazione della politica estera da parte della Costituzione cubana, che con l’obiettivo di difendere l’autonomia di Cuba ha un carattere antimperialista e internazionalista. Afferma, inoltre, che le relazioni economiche e politiche con un altro Stato non potranno mai essere stipulate in un regime di coercizione e di aggressione (il riferimento evidente è agli USA). Auspica l’instaurazione della pace, basata sul rispetto dell’indipendenza e della sovranità di tutti gli Stati; dichiara la necessità di rispettare le norme del diritto internazionale, per quanto, all’art.8, si espliciti il primato della Costituzione della Repubblica di Cuba, sancita come prevalente sui trattati internazionali; promuove l’unità di tutti i paesi del Terzo Mondo contro l’imperialismo, il fascismo, il colonialismo e il neocolonialismo e i processi di integrazione con i paesi dell’America Latina e del Caribe. Come la Costituzione italiana, stabilisce che le controversie internazionali debbano essere risolte pacificamente sulla base dell’uguaglianza, riconosce come legittime le lotte di liberazione nazionale e la resistenza armata all’aggressione, promuove la protezione dell’ambiente e la battaglia per dare risposta al cambiamento climatico (art. 16).
La proprietà
Passiamo ora al problema della proprietà affrontato in maniera ovviamente diversa dalle due costituzioni. L’art. 18 definisce Cuba un sistema socialista basato sulla proprietà di tutto il popolo sui mezzi fondamentali di produzione come forma di proprietà principale, ed organizzato secondo la direzione pianificata, che controlla il mercato in funzione e a beneficio degli interessi della società. All’art. 19 si legge che lo Stato dirige e controlla l’attività economica a beneficio degli interessi individuali e collettivi, mentre l’art. 20 afferma che i lavoratori partecipano alla gestione, pianificazione e controllo dell’economia. In particolare, secondo quanto prevede la legge, i collettivi dei lavoratori partecipano alla gestione e all’amministrazione delle unità imprenditoriali statali e di quelle finanziate dallo Stato. Cosa succede nelle entità private?
Successivamente si distinguono 7 forme di proprietà: 1) socialista di tutto il popolo; 2) cooperativa sostenuta dal lavoro dei suoi soci; 3) quelle delle organizzazioni sociali e di massa; 4) privata esercitata da persone naturali o giuridiche cubane o straniere sui mezzi di produzione (svolge un ruolo complementare); 5) mista (combina più forme di proprietà); 6) quella di istituzioni e di forme associative; 7) personale sui beni che non costituiscono mezzi produzione (art. 31).
Sotto questo aspetto viene introdotta una effettiva ed importante novità rispetto alla precedente versione costituzionale del 1976, segnando significativamente una elaborazione adeguatrice della sovrastruttura giuridica in relazione alla struttura economica a seguito di un lungo ed estenuante periodo, non ancora conclusosi, di operato di forze controrivoluzionarie che comprendono anche le sanzioni economiche e si connettono ad una situazione di crisi economica di portata mondiale.
È la prima volta che la proprietà privata dei mezzi di produzione è prevista dalla Carta magna del paese, per quanto, si precisa, tale proprietà privata cubana o straniera possa essere esercitata su determinati mezzi di produzione e con un ruolo definito come complementare nell’economia del Paese che resta ancorato, come più volte ribadito nel dettato legislativo, ad una matrice di natura socialista e ad una evoluzione in tale senso, escludendo categoricamente il ritorno ad un regime di produzione di tipo capitalista. Le condizioni concrete verificatesi a Cuba per i motivi che abbiamo sottolineato sono state negli scorsi decenni tali per cui, di fatto, il lavoro autonomo (cuentapropismo, in cui il cuentapropista è sia il datore di lavoro che il salariato) non fu mai cancellato del tutto perché necessario alle esigenze della popolazione ed ha ricominciato ad espandersi dopo il 1992, fino a contare oggi circa 500.000 individui, in gran parte ex dipendenti dello Stato. Il progetto, depositato nei Nuovi lineamenti di politica economica, è assegnare a questo settore il 40% della vita economica. Tale decisione ha consentito il riemergere della piccola e media borghesia, che controlla varie attività come la ristorazione, l’edilizia, taxi etc.
Taluni vogliono vedere in questo settore rivitalizzato una forza su cui gli USA potrebbero far leva per rovesciare il sistema che continua a definirsi socialista (nel 2017 Obama prospettò l’appoggio al primo). Del resto è importante notare che, la nuova Costituzione, se all’art. 28 promuove e garantisce gli investimenti stranieri, all’art. 30 attribuisce allo Stato il ruolo di controllare la concentrazione della ricchezza, garantendo la sua redistribuzione per salvaguardare i valori socialisti della giustizia sociale e dell’equità.
Diversamente, all’art. 42 la Costituzione italiana distingue tra la proprietà pubblica e quella privata, affermando che quella privata è riconosciuta e garantita dallo Stato, che stabilisce le modalità di acquisto, di godimento e i limiti “allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Sembrerebbe voler prospettare un paese di piccoli proprietari, senza esprimere nessuna preoccupazione per la concentrazione della ricchezza, che nei nostri giorni è diventata spaventosa per le caratteristiche del capitalismo contemporaneo.
Ciò nonostante, sempre lo stesso articolo prevede l’espropriazione della proprietà privata, previo indennizzo, per rispondere ad esigenze di carattere generale. Ciò è ribadito dall’articolo dall’art. 43 che recita che imprese o categorie di imprese, che forniscono servizi essenziali di interesse generale, possono essere trasferite a enti pubblici o a comunità di lavoratori. In maniera analoga è limitata la proprietà terriera, auspicando la trasformazione del latifondo e la protezione della proprietà piccola e media (art. 44). L’art. 46 riconosce, invece, il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende; e l’art. 53 ribadisce il carattere progressivo della tassazione.
La “funzione sociale” della proprietà, come prospettata dalla Costituzione italiana, pur rappresentando un indubbio elemento di progresso di ispirazione socialista – (non si capisce) non v’è altra costituzione, nei paesi capitalisti europei, che contenga una simile prescrizione tanto da destare le ansie di rottamazione della nostra da parte di JP Morgan - rappresenta un ulteriore e sconfortante esempio di “lettera morta”, come altri già ricordati in precedenza, giacché tale funzione sociale non è stata effettivamente interpretata e applicata come una garanzia o, se vogliamo, un diritto di primato del fine sociale della proprietà su quello individuale del proprietario, in special modo dagli anni 90 ad oggi.
Conclusioni
La portata del cambiamento contenuto nella nuova carta di Cuba non è certo di poco conto ma va altresì tenuto a mente che, come indicato anche nell’art.13, lo Stato cubano ha, tra i suoi fini essenziali, la costruzione del socialismo attraverso il mantenimento delle conquiste rivoluzionarie nonché il raggiungimento di livelli più elevati di equità e di giustizia sociale, a garanzia della piena dignità delle persone e del loro sviluppo integrale che passi anche per il tramite del rafforzamento dell'etica socialista e del generale sviluppo educativo, scientifico, tecnico e culturale del paese. Il che cosolida in noi la fiducia, formatasi anche in decenni di resistenza eroica della gente di Cuba, che il popolo cubano al quale spetta, in ultima istanza, la sovranità e la direzione del Paese, possegga la robustezza ideologica atta a far fronte a tali innesti spuri all’interno di un sistema politico, economico e sociale così differente dal nostro ma così ambizioso, in quanto il benessere collettivo e il progresso sociale rappresentano il suo scopo.
Ciò nonostante, rimane arduo dare una valutazione del significato della Costituzione cubana per chi sta al di fuori di quella società e, anzi, immerso nelle problematiche tipiche di chi sta, potremmo dire, da quest’altro lato della barricata, ossia quello capitalista, e guarda alla realtà di Cuba con rispetto e alte aspettative. Se, da un lato, la nuova costituzione sembra sanzionare la situazione economico-sociale attuale (creazioni di zone franche, investimenti stranieri, sviluppo del cuentapropismo), sviluppatasi anche in seguito al derrumbe del socialismo, dall’altro, sembra riconoscere, sulla scia del pensiero di Lenin, che il socialismo non può che essere il frutto di un lungo processo di transizione, in cui possono convivere diversi “tipi economico-sociali”. In questo contesto, con lo scopo di sviluppare le forze produttive, Lenin dà avvio alla nuova politica economica, comparata da molti dal percorso intrapreso dalla Cina e dal Vietnam. Politica economica che reintroduce elementi capitalistici in varie forme (concessioni, cooperazione, intermediazione, appalto) e che mira al superamento della piccola produzione contadina da parte di quello che definisce capitalismo di Stato (controllo dello Stato sulle principali forze produttive).
Tuttavia, tale reintroduzione deve avvenire sotto il potere e il controllo sovietico, il quale – riconosce Lenin – di fatto favorirà i capitalisti coinvolti, vegliando che il processo così scatenato sviluppi la produzione in senso sia quantitativo che qualitativo, incanalandosi però in direzione del socialismo, i cui tratti precisi non sono del tutto chiari (come del resto, lo stesso Fidel riconosce nel 2010). Naturalmente tale trasformazione sarebbe agevolata dalla vittoria di rivoluzioni analoghe alla bolscevica nei paesi capitalistici e necessita anche per realizzarsi di una vera e propria rivoluzione culturale, che sia rivolta all’emancipazione politico-ideologica delle masse (V. Giacché, Il concetto di capitalismo di Stato in Lenin).
Se quest’analisi è corretta, si può dire che la nuova Costituzione cubana riprenda questo tema della riflessione di Lenin, in quanto, dopo essersi posti e avere positivamente risolto il tema della presa del potere già nel 1959, trattasi ora per i cubani di fare sopravvivere e dare nuovo vigore alla rivoluzione attuando anche taluni compromessi, alla luce delle congiuntura economico-politica sia interna che esterna al Paese. Ci sembra chiaro, lo ripetiamo, che l’apertura di questa nuova fase se, da un lato, impegnerà il governo cubano ad attuare quella realizzazione del socialismo che viene indicata in più punti come asse strategico da perseguire, dall’altra impegnerà noi stessi all’interno delle nostre società occidentali ad avanzare verso la realizzazione della fase precedente, quella appunto della conquista del potere politico in grado di consegnare, come accaduto a Cuba, la sovranità nelle mani dei lavoratori organizzati e segnare la fine del regime di sfruttamento dell’uomo sull’uomo.