Il Parlamento europeo verso la guerra totale: che fare?

Giovedì 19 Settembre il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che, tra le altre cose, “invita gli Stati membri a revocare immediatamente le restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali forniti all’Ucraina contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo”


Il Parlamento europeo verso la guerra totale: che fare?

Le sconfitte dell’esercito ucraino, guidato dalla Nato, in Donbass, accompagnate dall’arretramento nell’operazione suicida di Kursk hanno innescato negli ambienti Nato e nell’alta burocrazia dell’Unione Europea (Borrel, Von DER Leyn) un nuovo attivismo isterico nell’armamento ulteriore e nel via libera di armi a lungo raggio da destinare all’Ucraina per colpire in profondità il territorio Russo. Già con l’attacco alle centrali nucleari avevamo intuito la dinamica in atto che si è andata concretizzando, prima con le dichiarazioni a mezzo stampa poi con il coinvolgimento del Parlamento Europeo nell’escalation. Giovedì 19 Settembre il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che, tra le altre cose, “invita gli Stati membri a revocare immediatamente le restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali forniti all’Ucraina contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo”. I burocrati di Bruxelles, tuttavia, consapevoli della diffusa opposizione in molti paesi dell’Ue, primo fra tutti l’Italia, per evitare di alimentare ulteriormente le contraddizioni fra i partiti filo-ucraini, hanno preferito scorporare la risoluzione: la parte generale della risoluzione (da cui è stato scorporato l’articolo 8 che prevede l’autorizzazione all’utilizzo di armi a lunga gittata) è passata con il voto favorevole di 425 parlamentari, 131 contrari e 63 astenuti. I parlamentari di FI, Forza Italia ed il grosso dei parlamentari del PD (con due eccezioni di astensione: Marco Tarquinio e Cecilia Strada) hanno votato a favore, mentre il Movimento Cinque Stelle, AVS e la Lega hanno votato contro. Il famigerato articolo 8 della risoluzione (votato prima del voto sull’intera proposta) i numeri dei favorevoli si sono ridotti: 377 voti favorevoli, 191 voti contrari e 51 astenuti. E’ in questo voto che, a parte M5S, AVS e Lega, che, coerentemente con il voto generale hanno espresso il loro no, negli altri partiti ( PD, Fratelli d’Italia e Forza Italia) si sono spalancate le più profonde contraddizioni, che in alcuni casi hanno rasentato il limite del grottesco: tutti i Parlamentari di Fratelli d’Italia hanno votato contro eccetto due che hanno votato a favore, idem per Forza Italia ( tre contro, due a favore), mentre nel Pd si è verificato il caos più completo: 8 parlamentari contro (tra cui Zingaretti e Strada), due parlamentari a favore, un astenuta (Lucia Annunziata) mentre quattro parlamentari che avevano votato la risoluzione generale (quindi erano a Bruxelles, ossia Bonaccini,Maran, l’ex vicesegretaria del PD Irene Tinagli e l’ex sindaco di Bergamo Gori che per altri impegni istituzionali non ha potuto votare ma che se avesse potuto votare sarebbe stato favorevole) non si sono presentati alla votazione sull’arti.8. Il dato da sottolineare è che i gruppi popolare e socialista europei hanno votato in grande maggioranza sì alla risoluzione, ma anche all’articolo 8. 

Per quanto riguarda il testo dell’intera risoluzione si tratta, comunque, di un documento dogmatico e surreale tutto incentrato sull’integrità territoriale dell’Ucraina, sul sostegno al Governo di Zelensky per una pace che si basi sul reintegro di tutte le regioni occupate dalla Russia (compresa la Crimea) come se non ci fosse stata una guerra dal 2014 al 2022; ma nonostante ciò è emblematico che nella votazione si riflettano spaccature, faglie profonde non solo fra le forze politiche ma anche, e soprattutto fra i vari Stati. Non è un caso che i grandi media, espressione più esplicita e feroce del capitale finanziario, hanno ripreso ed amplificato le critiche di Renzi e Calenda al Pd e, più in generale, all’intera classe politica italiana. La maggior parte dei media, prima hanno nascosto le contraddizioni, mettendo in risalto il voto a favore, poi hanno sottolineato solo il voto contrario della Lega (oscurando quello del 5 stelle e di AVS), infine, parafrasando Renzi e Calenda, hanno criticato aspramente l’intero arco parlamentare ed in particolare il suo anello più debole, il PD. Il dogma su cui si muove l’intero apparato mediatico è che solo la destra è contraria alla guerra in Ucraina ( ma poi vota a favore per quanto riguarda i finanziamenti) e che le persone o i politici che si oppongono all’escalation sono in combutta con la destra. Il dato interessante, in questo caso, quello che si evidenzia dalle dimensioni rocambolesche di alcuni parlamentari, è che in Italia – nonostante una ristrettissima cerchia di pasdaran della guerra (Renzi, Calenda, i renziani nel PD, così come i super pasdaran di Forza Italia e di Fratelli d’Italia)– l’approfondirsi del conflitto scatena contraddizioni profonde che, se giungono sino al momento della votazione da parte di una classe dirigente corrottissima – vuol dire che nascondono una contraddizione reale ben più profonda che si intravede all’interno dello stesso sistema produttivo. E’ come se la classe dominante intuisse che, al pari della I e della II Guerra Mondiale, l’Italia è assolutamente impreparata ad uno scontro militare diretto con la Russia. 

Non è un caso che esponenti di spicco del PD, che finora erano stati silenti sul conflitto in Ucraina – vedi De Luca – comincino ad esplicitare in maniera sempre più marcata l’ipocrisia dell’Occidente sulla guerra in Ucraina – il che sta a significare che sono settori sempre più vasti della società italiana esprimano uno stato di crescente preoccupazione nei confronti dell’innalzarsi del conflitto. A mio parere la faglia che si è timidamente aperta va assolutamente cavalcata, prima che la spinta dell’UE e della Nato travolgano tutto nel consolidarsi di un’economia di guerra che ci conduca direttamente in conflitto con la Russia. Non si tratta di un passaggio facile, poiché, come sottolineato in precedenti articoli e video, bisogna contrastare la paura e la passività di vasti settori delle masse popolari su questo tema, nonché il senso d’impotenza sistematicamente indotto dal sistema dei media, ma una mobilitazione può essere efficace quando si aprono delle contraddizioni, quando il nemico comincia a manifestare titubanze ed increspature rispetto all’apparente versione granitica che vuole dare di sé e del suo potere. Da qui bisogna cominciare con un obiettivo chiaro e semplice: la neutralità dell’Italia, il ritiro di tutti i finanziamenti bellici per la guerra in Ucraina, la ricerca di una soluzione diplomatica ad ogni ipotesi di escalation nucleare. Non possiamo delegare la guerra o la pace ad una classe dirigente che si muove solo in una logica di spartizione delle aree d’influenza del mondo in un’ottica di suprematismo occidentale, e che ha scaricato sui settori popolari i costi economici e sociali di questo conflitto. Dobbiamo riprenderci la parola, esprimere anche fisicamente ed organizzativamente la nostra contrarietà. Questo è il momento per cominciare.






22/09/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Francesco Cori

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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