Nello scenario dei processi di destabilizzazione dei governi progressisti latinoamericani è opportuno interrogarsi sul ruolo giocato in essi dal fattore religioso. E ciò per due ragioni: il panorama religioso di questa regione sta radicalmente cambiando e tali cambiamenti influenzano la coscienza delle masse popolari.
di Alessandra Ciattini
Non potendo in questa sede ricostruire tale denso dibattito mi limito a ricordare l'analisi sviluppata negli anni '90 da Jean Pierre Bastian, secondo il quale la diffusione del pentecostalismo è legata a tutti quei processi che hanno prodotto lo sviluppo del capitalismo periferico, quali lo sradicamento dalle campagne di ampie masse popolari, il loro successivo inurbamento ed inserimento nel mercato ma soprattutto in forma marginale, ossia nella dimensione economica informale. A tali classi, mescolate etnicamente nelle periferie delle grandi metropoli e strappate dalla religiosità propria della vita contadina, il pentecostalismo si presenta come una nuova strategia di vita, il cui obiettivo è rappresentato dall'acquisizione dei beni di consumo e dal successo lavorativo.
Il raggiungimento di questi obiettivi coincide con una sorta di salvezza intramondana, che si realizza grazie alla partecipazione alla comunità religiosa e alla guida del pastore, un autentico impresario che – come è accaduto alla Iglesia Universal del Reino de Dios – riesce a creare una vera e propria “azienda”. Quest'ultima – trasformatasi in holding finanziaria – non solo immette sul mercato una serie di beni religiosi (libri, CD, gadget, giornali, fumetti, magliette etc.), ma veicola tramite i mass media, di cui è proprietaria, il suo messaggio e pubblicizza le sue capacità miracolistiche, con programmi di forte impatto emotivo. Tale è la penetrazione tra dimensione religiosa ed economia in tali istituzioni che alcuni studiosi ritengono sia opportuno considerare i beni religiosi alla stregua degli altri beni circolanti nel mercato, ossia vere e proprie merci [1], tra le quali il consumatore-religioso dovrebbe scegliere “liberamente” quelle che più soddisfano le sue particolari esigenze relative alla sua ricerca di significato e di “salvezza”.
Tale considerazione ha spinto alcuni a considerare il pentecostalismo la religione dell'era neoliberale, per il suo accento sulla positività della ricchezza presente nella sua “Teologia della prosperità”, per l'enfasi sull' “autoimprenditorialità”, che contraddistingue sia il fedele povero, costretto a lottare quotidianamente nel mercato informale per sopravvivere, sia il pastore che espande la sua chiesa e il numero degli adepti [2], confidando esclusivamente nei doni dello spirito santo. In tale nuovo contesto, l'aderente al pentecostalismo apprende una serie di strategie, che gli consentono di fronteggiare, con l'aiuto della comunità, la povertà e le incertezze, dovute alla flessibilità del mercato del lavoro, ma nello stesso tempo apprende ad autodisciplinarsi, a comportarsi sobriamente e a vivere la sua difficile condizione con ottimismo. Tuttavia, si trova ugualmente immerso in una struttura autoritaria, che ricorda l'hacienda agraria dove prima lavorava e dove era sottomesso al padrone, giacché ora la sua condotta è diretta e controllata dal leader religioso.
Nonostante il pastore cerchi di orientare l'interesse dei fedeli verso la dimensione religiosa, dalla quale dovrebbero ricadere – se si rispettano certe regole – i vantaggi per ogni individuo, e di fomentare un certo apolicitismo, di fatto questi ha stabilito collegamenti con i partiti politici soprattutto di destra, ha sostenuto candidati invitando i suoi seguaci al voto, affermando che il “fratello deve votare per il fratello”. Sulla base di tale strategia, sostenuta dall'impiego opportuno dei mass-media, di cui sono proprietarie, le chiese pentecostali si trovano oggi a controllare consistenti pacchetti di voti, disposte a cederli a chi recepisce le loro indicazioni politiche.
Questo fenomeno risulta evidente se ci si documenta sul comportamento di vari leader politici latino-americani, come per esempio la stessa Dilma Rousseff, che durante la sua campagna elettorale ha visitato numerose chiese pentecostali e ha invocato il nome di Dio [3]; oppure possiamo citare l'antico leader del Partito messicano della Rivoluzione democratica, noto come AMLO, ora alla guida di MORENA [4], sulla cui testa addirittura un noto pastore pentecostale ha imposto le mani benedicenti [5]. Tali comportamenti sono senz'altro spia della politica opportunistica e – diciamo – pragmatica degli esponenti dei partiti latinoamericani di “sinistra”, che d'altra parte – come dichiara João Pedro Stedile, leader del movimento dei Senza Terra a proposito dei governi di Lula e di Rousseff – hanno portato avanti una politica di concertazione di classe con la borghesia, ai cui esponenti hanno anche attribuito importanti cariche politiche [6]. Se questo è l'orientamento politico, consistente nella strategia di accaparrare voti, perché non accordarsi con i reazionari pentecostali, che paradossalmente controllano anche parte dei voti di quelle masse popolari beneficiate dalle politiche sociali dei governi progressisti, ma il cui livello di coscienza non ci si è preoccupati di elevare?
Abbiamo sin qui delineato sommariamente una serie convergenze ideologiche tra il pentecostalismo, i valori e gli strumenti manipolatori e propagandistici propri del neoliberalismo, ma ci sono altri elementi da tenere in considerazione per spiegare il successo di questa forma religiosa in particolare in America Latina. Si è spesso parlato di un accordo tra la Casa Bianca e Papa Wojtila, il cui oggetto sarebbe stato il reciproco appoggio, da un lato, per ridurre al silenzio in America le correnti cattoliche di sinistra, rappresentate dalla Teologia della liberazione e dalle Comunità ecclesiali di base, dall'altro, per contribuire a scalzare il socialismo est-europeo già vacillante per molti problemi, non ultima la necessità di destinare consistenti risorse alla corsa agli armamenti.
Per quanto riguarda l'America Latina tale politica è stata fatta ed è documentata, quanto al socialismo reale è un'altra storia di cui non tratto in questo scritto. Mi riferisco, in particolare, a una serie di documenti, che quando qualcuno menziona per spiegare le trasformazioni religiose subite dall'America Latina negli ultimi decenni, viene immediatamente accusato di essere sostenitore della “teoria del complotto”, come se tale teoria non funzionasse in certi casi. Da tali documenti (Informe di N. Rockfeller del 1969, Documento di Santa Fe I e II, 1980 e 1989) si ricava la forte preoccupazione dell'amministrazione statunitense per le tendenze progressiste presenti nella Chiesa cattolica latinoamericana, ispirate dal Concilio Vaticano II e dal Concilio di Medellín del 1968, espresse dalla celebre formula “opzione per i poveri”; essi sottolineano anche la necessità di modificare la religiosità di quella regione, avviando la sua protestantizzazione prefigurata da Theodor Roosvelt già nel 1912; processo che l'avrebbe resa più facilmente inglobabile.
Insomma, tali documenti esprimono ancora una volta che per gli Stati Uniti ogni tendenza di carattere progressista in America Latina può costituire una minaccia alla loro sicurezza e ai loro interessi, e pertanto è quanto mai opportuno reagire, ma con i mezzi adeguati. Inoltre, il documento di Santa Fe II si sofferma sulla riflessione di Antonio Gramsci, per la grande importanza che questi ha attribuito alla dimensione culturale e morale, agendo sulla quale sarebbe possibile innescare un processo di trasformazione radicale della società, guidato dagli intellettuali postisi alla guida dei movimenti sociali. Almeno questa è la lettura di Gramsci che si ricava da questo documento e da cui si vuole prendere spunto per operare a livello ideologico in maniera profonda, con l'intento di spezzare il legame tra le masse da un lato, la religiosità e la cultura progressista dall'altro. In sostanza, esso mostra che per gli intellettuali che lo redassero “non basta più lo Stato con i suoi caudillos, non basta il giogo della dipendenza economica, non basta nemmeno l'intervento militare diretto degli USA” (M. Filippini, Gramsci globale, Odoya, Bologna 2011, p. 150), bisogna anche operare con vigore nel campo ideologico.
Con ciò non si vuole sostenere certamente che il pentecostalismo sia un fenomeno solo indotto, giacché come si è visto è scaturito da condizioni oggettive, ma ciò non toglie che sia stato inizialmente finanziato e supportato dalle amministrazioni statunitensi. Per concludere, osservo quanto sia stata dannosa (a lei stessa) la scelta della Chiesa cattolica di allearsi con la Casa Bianca contro la Teologia della liberazione, se è vero che in America Latina ogni ora 400 fedeli l'abbandonano, ma d'altra parte i processi religiosi qui descritti potrebbero anche spiegare le aperture di Papa Bergoglio a quel mondo di diseredati che cercano di conquistarsi una qualche collocazione nel capitalismo periferico.
Note
1. Memori del commercio delle reliquie e della vendita delle indulgenze non ci dovremmo scandalizzare.
2. I quali sono obbligati a versagli la decima parte dei lor guadagni.
3. http://www.eluniversal.com/internacional/141001/rousseff-y-silva-luchan-por-el-voto-de-los-pentecostales
4. Movimiento Regenaración Nacional, corrente di sinistra del PRD da cui si è staccato.