Parigi. Quando le classi dominanti potranno finalmente liberarsi una volta per tutte dall’impiccio degli appuntamenti elettorali, dormiranno certo sonni più tranquilli. Per il momento, però, sono costrette ad aggrapparsi con tutte le loro forze alla gonna di chiunque riesca ad ottenere anche solo una risicata vittoria nella cosiddetta competizione democratica, nella speranza che gli dia le necessarie garanzie di stabilità e che accetti di buon grado la loro agenda di ristrutturazione socio-economica. Ma tutto quel che toccano sbiadisce in fretta e si trasforma in polvere. I grandi partiti di centro si sgretolano e con loro si allontana anche la possibilità di governare questa crisi entro il recinto della democrazia liberale. Emblematica la parabola di Renzi, che con il suo 40% alle europee del 2014 aveva fatto fremere di desiderio il bassoventre degli industriali e della burocrazia europea, e che ora viene miseramente messo in un angolino della storia.
Macron fa innamorare Bruxelles
La stessa puerile speranza è stata riposta in Francia nel giovane galoppino del capitale, Macron, che si è insediato all’Eliseo l’anno scorso dopo una vittoria risicata al primo turno. La borghesia imperialista non si è fatta lusingare e si è buttata fra le braccia di questo nuovo pretendente, per sfuggire dalla morsa claustrofobica che vede da una parte una destra xenofoba euroscettica e dall’altra un sempre più determinato Melenchon, quest'ultimo ‘radicalizzato’ dalle condizioni storiche in cui si muove e dalle pressioni di tanti compagni che ogni giorno lottano per l’opzione socialista.
A ben vedere il progetto politico di Macron è lo stesso di Renzi, solo che non è ancora perdente. L'obiettivo strategico è la conquista del centro politico, l’appropriazione completa dello spazio del Partito della Nazione, frutto di una mutazione genetica storica delle forze socialdemocratiche. Mentre Renzi, che è stato esecutore materiale della rottamazione del suo stesso partito, è stato travolto dalle stesse dinamiche che aveva innescato, Macron, più furbo, ha compiuto la sua scalata al potere dall’esterno del Partito socialista: gli è bastato un passo di lato per evitare che la frana lo sotterrasse.
Il giovane arrampicatore Macron incarna tutta l’involuzione democratica ultra-liberista: distruzione dell’intervento pubblico nell’economia e nei servizi, privatizzazione e mercificazione della vita sociale, politica di potenza in competizione con i ‘partner’ in Europa e interventismo imperialista. Le riforme economiche che promuove sono presentate sempre come necessarie e per questo avvalorate da varie commissioni di tecnocrati che sottraggono al dibattito le decisioni e ne occultano le responsabilità politiche. Appena insediato, Macron si è distinto per una legge di bilancio palesemente a favore dei grandi interessi industriali e finanziari. Ma a Bruxelles si sono innamorati per davvero solo apprezzando la tenacia con la quale ha combattuto (e dopo lunghi mesi stroncato) la resistenza della classe operaia e lavoratrice francese alle modifiche filo-padronali della legislazione sul lavoro. Rotto il fronte sindacale (con la CFDT che è rimasta da subito alla finestra), ha vinto il testa a testa con una sempre meno determinata CGT e imposto il suo volere.
Così come Renzi nei confronti di Berlusconi, anche Macron sta riuscendo a portare a termine da ‘sinistra’ (il virgolettato è d’obbligo) quello che Chirac non riuscì a completare negli anni ’90. Convinto di aver fiaccato la resistenza delle masse lavoratrici, l’occupante dell’Eliseo si prepara quindi a nuove manovre.
La ripresa della mobilitazione
La strada del successo, però, potrebbe essere di nuovo in salita. Da alcune settimane la mobilitazione contro la sua agenda politica ha ripreso vigore e lo scorso 22 marzo la piazza ha dato una prova di forza notevole. Più di 300 mila persone hanno risposto alla chiamata della CGT e di altri sindacati minori per lo sciopero generale. A Parigi un corteo determinato ha invaso la città per parecchi chilometri: quasi 50 mila persone presenti. La riuscita dell’appuntamento è frutto anche di una interessante convergenza di attori sociali che potrebbe essere la base per una nuova ondata di proteste in tutto il paese: i lavoratori del comparto pubblico, i lavoratori dei trasporti e gli studenti.
Funzione pubblica abbandonata e minacciata dai tagli
L’insofferenza dei lavoratori del pubblico impiego arriva da lunghi anni di disinvestimento, di tagli e di non adeguamento salariale. Tuttavia la protesta è prepotentemente riesplosa all’annuncio di Macron che sia necessario un nuovo piano di tagli a largo spettro: si parla di quasi 120 mila posti di lavoro in meno entro i prossimi 5 anni. A questo scopo è al vaglio un piano di uscita volontaria che verrà proposto ai singoli lavoratori del settore pubblico. Accanto a ciò, Macron già in campagna elettorale aveva promesso un rinnovamento della gestione delle risorse umane con l’introduzione di incentivi ‘meritocratici’ e di remunerazione in base al ‘merito’. Intervento che distruggerebbe la solidarietà tra lavoratori in favore di una logica falsamente efficientista tutta impostata sui canoni del mercato e già fallimentare in altri paesi. Giovedì 22 marzo i lavoratori sotto le camionette della CGT gridavano: “Negoziazione salariale collettiva e immediata”. Rispetto al primo appuntamento del 10 ottobre, la partecipazione del comparto pubblico allo sciopero è stata del 54% superiore.
Ferrovieri contro la privatizzazione dei trasporti
In agitazione anche i ferrovieri della SNCF (ferrovie dello stato francesi) e i lavoratori della RATP (agenzia di trasporti di Parigi e Ile-de-France) che sono obiettivo di un ulteriore attacco. Il Primo Ministro Philippe ha infatti presentato a febbraio il rapporto Spinetta nel quale sono contenute le proposte per quanto riguarda il piano di riforme del trasporto pubblico. Si respira anche in questo caso specifico aria di tagli a risorse e personale. Soprattutto, si manifesta l’intenzione di aprire alla privatizzazione del servizio. La SNCF verrà trasformata in società per azioni e il settore verrà aperto a competitori privati. Anche le condizioni dei lavoratori dovranno cambiare: lo statuto dei ferrovieri- contratto nazionale ottenuto all’indomani della seconda guerra mondiale- è ritenuto ormai anacronistico e si pensa ad una nuova politica contrattuale che permetta l’ingresso della concorrenza, cioè che abbassi i costi del lavoro. La CGT di contro ha proposto e presentato all’Assemblea Nazionale lo scorso marzo un piano alternativo, che prevede investimenti e scatti salariali. La CGT ha anche indetto 10 giorni di sciopero di 5 ore da qui al 28 giugno. Decisione, questa, che ha suscitato anche alcune preoccupazioni per il suo carattere burocratico: in un momento di nuovo di fermento, i lavoratori non potranno scegliere giorno per giorno le modalità e i tempi del confronto con il padrone. (Il video di Melenchon che ha fatto esplodere un petardo assieme ai lavoratori delle ferrovie)
Gli studenti per una scuola democratica
Anche la partecipazione degli studenti alla mobilitazione del 22 è stata sopra le aspettative. Il mondo dell’istruzione è nel mirino delle politiche Macron già da alcuni mesi. Due gli obbiettivi: da una parte la riforma dell’insegnamento superiore secondario, dall’altra la restrizione dell’accesso al percorso universitario. Il rapporto Mathiot, presentato all’Assemblea Nazionale dal ministro dell’educazione Blanquer, contiene il piano di riforma della Bac (insegnamento superiore) ed era stato già duramente contestato dal corpo insegnante, preoccupato dalla eccessiva enfasi sulla valutazione continua degli allievi e la prefigurazione di una ulteriore frammentazione dei percorsi educativi. Si legge in una petizione sottoscritta da più di 10 mila docenti che la riforma “rinforzerà le diseguaglianze sociali, introdurrà una concorrenza deleteria tra le discipline e le scuole, confonderà le scelte orientative e complicherà all’eccesso la redazione dei programmi”. Sul fronte universitario, gli studenti si scagliano contro il nuovo sistema di selezione messo a punto per gestire l’accesso alle facoltà. Ogni alunno può esprimere un numero limitato di preferenze e la le università hanno ora il potere di selezionare i candidati attraverso i curricula. La scusa è quella di una eccessiva pressione rispetto alla disponibilità di posti: in realtà anche questo intervento è da leggere nel quadro ideologico e nel complesso della visione politica di Macron. Tutta la Francia studentesca è in agitazione e il livello di scontro si sta alzando- come dimostra la vile aggressione fascista con la connivenza del preside della facoltà ai danni degli studenti che stavano occupando l’università di Montpellier.
1968-2018
Nel cinquantenario del Maggio francese, questa convergenza di vari attori si può trasformare in saldatura politica e solidale per lo sviluppo di una nuova ondata di proteste contro l’agenda Macron e delle strutture burocratiche dell’Unione Europea, che applaudono il suo operato. La sinistra francese ha l’occasione di dimostrare di essere al fianco della classe lavoratrice. Sarà sulla sua capacità di azione e di coerenza che si decideranno le sorti del dopo Macron- cioè dopo che gli effetti della sua macelleria sociale avranno finalmente distrutto il già esile consenso su cui la sua figura politica si poggia. Sarà un futuro di barbarie xenofoba e nazionalista o di spinta patriottica al progresso sociale?