Quasi 300 studiosi provenienti da 50 università italiane hanno firmato l’appello per il boicottaggio delle istituzioni accademiche israeliane fino a quando Israele non si conformerà al diritto internazionale. L’appello ha come obiettivo la fine dei legami tra le università italiane e il Technion, il politecnico israeliano con sede a Haifa.
di Stephanie Westbrook
Quasi 300 studiosi provenienti da 50 università italiane hanno firmato l’appello per il boicottaggio delle istituzioni accademiche israeliane fino a quando Israele non si conformerà al diritto internazionale. È la prima volta che un numero significativo di accademici italiani ha espresso pubblicamente il sostegno alla campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) sotto la guida dei palestinesi. L’iniziativa giunge pochi mesi dopo che il primo ministro Matteo Renzi si è scagliato contro il movimento BDS, definendo il boicottaggio "stupido e sterile" nel suo discorso al parlamento israeliano.
Gli studiosi italiani si uniscono a più di 1.500 colleghi del Regno Unito, del Belgio, del Sud Africa, dell'Irlanda e del Brasile che hanno sottoscritto simili appelli negli ultimi mesi. Coloro che hanno aderito all’appello italiano, che riprende quello firmato dai docenti britannici lo scorso ottobre, si impegnano a rifiutare inviti dalle istituzioni accademiche israeliane e a non svolgere la funzione di arbitri o partecipare a convegni finanziati, organizzati o sponsorizzati dalle istituzioni israeliane.
Coerentemente con le linee guida stabilite dalla Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (PACBI) per l’azione che colpisca le istituzioni e non gli individui, gli accademici chiariscono che "continueremo a lavorare e collaborare con i nostri colleghi israeliani singolarmente", ribadendo anche la natura anti-razzista dell’iniziativa.
La storia insegna
"Ho firmato perché considero il BDS della massima importanza. Ha dimostrato la sua capacità di essere incisivo e ottenere risultati" ha dichiarato a Electronic Intifada Patrizia Manduchi, professore associato presso l'Università di Cagliari. "Questo appello sarà uno strumento essenziale per sensibilizzare la comunità accademica, che spesso semplicemente ignora cosa stia succedendo". Professoressa di storia, Patrizia Manduchi ha anche sottolineato l'importanza di "studiare la documentazione storica, le origini e l'evoluzione del conflitto, che sono spesso dimenticati”.
Andrea Domenici, ricercatore in ingegneria informatica, ha affermato a Electronic Intifada: “Ritengo che chi ha il privilegio di possedere un'educazione universitaria ed esercitare la professione di ricercatore abbia dei doveri verso la società umana e fra questi il dovere di non collaborare con istituzioni che partecipano a sistemi di oppressione".
Legami Militari
L’appello ha come obiettivo la fine dei legami tra le università italiane e il Technion, il politecnico israeliano con sede a Haifa. Secondo una ricerca fatta dal Coordinamento Europeo dei Comitati e delle Associazioni per la Palestina, il Technion riceverà oltre $ 18 milioni in finanziamenti europei nell'ambito del programma di ricerca UE Horizon 2020. Mentre tutte le istituzioni accademiche israeliane giocano un ruolo fondamentale nello sviluppare e nel perpetuare le politiche israeliane che negano ai palestinesi la fruizione dei loro diritti fondamentali, il Technion è stato messo al centro dell’appello a causa della sua partecipazione "più di ogni altra università al complesso militare-industriale israeliano". Technion vanta "legami eccezionalmente stretti" con il Ministero della difesa e l’apparato militare israeliano, nonché con i produttori di armi più importanti del Paese, tra cui Israel Aerospace Industries, Rafael Advanced Defense Systems e Elbit Systems.
Nell’appello degli accademici si sottolinea che Elbit Systems "fabbrica i droni utilizzati dall’esercito per colpire deliberatamente i civili in Libano nel 2006, a Gaza nel 2008-2009 e nel 2014". Secondo un rapporto di Defense for Children International-Palestine, le forze israeliane "hanno preso di mira direttamente i bambini" a Gaza, dove 164 bambini sono stati uccisi da missili sparati dai droni durante gli attacchi dell’estate 2014. Elbit Systems è destinato a diventare il più grande produttore di armi di Israele essendo l'unico partecipante in gara per l'acquisto dell’Israel Military Industries come parte di un piano di privatizzazione. L'acquisizione aggiungerebbe missili tecnologicamente più avanzati, bombe da sganciare dagli aerei e munizioni di precisione multi-uso per carri armati alla già letale gamma di prodotti dell’Elbit.
Formazione
Sono tanti gli esempi di come gli studenti del Technion vengano formati per l'industria delle armi e per le forze armate israeliane. A esempio le fiere del lavoro nel campus, programmi accademici, borse di studio, progetti e centri di ricerca congiunti e persino Family Day e Recruitment Day sponsorizzati dalle forze armate e dalle imprese di produzione bellica. L'anno scorso, il Technion ha sviluppato un programma su misura per i professionisti interessati al potenziamento dell'industria israeliana delle esportazioni di armamenti che, secondo uno dei docenti, “offre guadagni illimitati”. Gli studiosi italiani esortano i loro colleghi a sospendere "ogni forma di cooperazione accademica e culturale, di collaborazione o di progetti congiunti con il Technion”. Sono otto le università italiane che hanno accordi di cooperazione con il Technion, tra cui Torino, Milano, Firenze, Perugia, Roma e Cagliari. Un accordo del 2005 sulla cooperazione militare tra l’Italia e Israele prevede la ricerca e lo sviluppo di sistemi d'arma e impegna i due Paesi a “incoraggiare le rispettive industrie nella ricerca di progetti e materiali di interesse per entrambe le parti".
Protestare
L’appello degli accademici sollecita anche i movimenti studenteschi ad aderire alla campagna per la sospensione degli accordi tra il Technion e le università italiane. Gli studenti stanno facendo proprio questo. Lo scorso ottobre, studenti e lavoratori dell'Università di Torino e del Politecnico di Torino – entrambi hanno accordi con il Technion – hanno organizzato proteste durante un evento con il Technion volto a "valutare nuove aree di collaborazione per approfondire la cooperazione tra le università”. In Sardegna numerosi gruppi e associazioni studentesche hanno lanciato una petizione per chiedere la sospensione di "tutti gli accordi di cooperazione tra l'Università di Cagliari e le istituzioni accademiche israeliane, in particolare il Technion”. Roberto Vacca, un attivista del sindacato studentesco UniCa 2.0, ha dichiarato a Electronic Intifada: "oggi rilanciamo il nostro impegno per la fine immediata degli accordi di cooperazione affinché il nome della nostra città e della nostra università non sia macchiato dalla complicità con gli orrori perpetrati sulla popolazione palestinese da parte del governo e delle istituzioni di Israele". Progetto Palestina, un gruppo studentesco di Torino, ha affermato a Electronic Intifada: "riteniamo sia necessario portare avanti il boicottaggio accademico perché le università israeliane non sono soggetti apolitici e autonomi, ma perfettamente integrate e coinvolte nelle scelte politiche statali che opprimono quotidianamente i palestinesi".
Un’inversione di tendenza
E sempre per la prima volta in Italia, a metà marzo al convegno della Società Italiana di Studi sul Medio Oriente (SeSaMO) si terrà una tavola rotonda sul movimento BDS e sulle campagne di boicottaggio accademico. Il coordinatore della tavola rotonda e ricercatore indipendente Enrico Bartolomei ha detto a Electronic Intifada che considera questo evento in Sicilia, insieme all'impegno dei docenti universitari, come un’inversione di tendenza. "Nonostante il crescente sostegno nei campus e fra le organizzazioni professionali di tutto il mondo per l'adesione al boicottaggio delle istituzioni accademiche israeliane, gli accademici in Italia son rimasti sostanzialmente in silenzio o hanno addirittura ampliato le collaborazioni con le istituzioni israeliane strettamente legate al complesso militare-industriale di Israele e complici di violazioni del diritto internazionale e dei diritti dei palestinesi" ha sostenuto Bartolomei, aggiungendo che l’evento "segna la prima volta per un'associazione accademica italiana di discutere apertamente delle campagne BDS e PACBI".
L'appello degli accademici afferma che il vasto complesso militare-industriale di Israele "dipende in notevole misura anche dalla volontà dei governi, delle aziende e dei centri di ricerca di tutto il mondo di collaborare con le università e i centri di ricerca israeliani". Studiosi e studenti italiani stanno lavorando per sensibilizzare e per trasformare la volontà di collaborare con Israele in un peso, così da convincere le istituzioni a interrompere i loro legami.
Stephanie Westbrook
@stephinrome
Originale: https://electronicintifada.net/content/academic-boycott-israel-takes-italy/15451