Come per tutti i fenomeni, per andare al di là delle apparenze, della propaganda di guerra e comprenderne l’essenza e la sostanza, è essenziale ricostruirne le cause logiche, storiche e strutturali. In primo luogo, come in ogni guerra fra paesi capitalisti, la causa più profonda è di natura sociale e va ricercata, sulla base del materialismo storico, nel conflitto sociale. Da questo punto di vista la guerra è essenziale per tutti i paesi capitalisti coinvolti nel conflitto per soffocare la lotta di classe condotta dal basso dai ceti sociali sfruttati e subalterni. Nei conflitti nazionalisti fra potenze capitaliste le classi sociali subalterne sono irreggimentate e totalmente subordinate agli ordini delle classi dominanti, che all’interno dell’esercito hanno i ruoli di comando, mentre i subalterni divengono carne da cannone, costretti a obbedire senza discutere agli ordini impartiti da una rigida gerarchia radicalmente classista. Le guerre fra nazioni capitaliste sono il miglior antidoto all’internazionalismo rivoluzionario e proletario, favorendo l’interclassismo e l’organicismo olistico del militarismo nazionalista e sciovinista. Inoltre distraggono gli sfruttati e gli fanno perdere di vista quelli che sono i loro reali e comuni nemici, ovvero il capitale finanziario transnazionale, e gli effettivi compagni di lotta per l’emancipazione, cioè i proletari di tutto il mondo. Così gli sfruttati dei diversi paesi invece di unirsi sono costretti a massacrarsi a vicenda, a tutto vantaggio degli sfruttatori di tutto il mondo. Tutta l’attenzione viene concentrata nell’ingannevole prospettiva del nazionalismo sciovinista, perdendo di vista che il vero motore della storia, in una società divisa in classi, è il conflitto sociale. In tal modo tendono a rafforzarsi le istanze reazionarie e fascistoidi dello sciovinismo a tutto svantaggio dell’internazionalismo rivoluzionario.
L’altra causa profonda di tutti i conflitti provocati da paesi imperialisti è il tentativo di aggirare la necessaria crisi di sovrapproduzione, scaricandone i costi sulle classi sociali subalterne e sui paesi che si contrappongono, oggettivamente, all’imperialismo. Nell’attuale guerra tutte le potenze imperialiste hanno investito i loro capitali sovraprodotti, estorti al proletariato, nel riarmare fino ai denti e spingere alla guerra le forze scioviniste portate al potere in Ucraina a seguito dell’ennesima (contro)rivoluzione colorata, non a caso orchestrata con l’aperto supporto delle principali potenze imperialiste occidentali.
In tal modo aggrediti e aggressori saranno portati ad autodistruggersi e a distruggersi a vicenda i loro capitali, merci e forza lavoro, lasciando la possibilità ai mandanti imperialisti di impiegare i propri capitali e merci sovraprodotte per le successive necessarie ricostruzioni e riarmo. Inoltre, fomentando costantemente conflitti nazionalisti, mettono in difficoltà le forze oggettivamente antimperialiste, dando a intendere al proprio proletariato sfruttato e abbrutito che sarebbero proprio queste ultime a mettere in discussione la pace, la libertà e la democrazia. Così facendo le potenze imperialiste si creano un nuovo nemico globale necessario a mantenere in piedi la Nato, la più potente e minacciosa alleanza militarista di ogni tempo, non a caso nata in funzione anticomunista.
In tal modo le nazioni imperialiste, orfane della guerra fredda, possono giustificare il costante incremento delle spese militari scaricate sulla fiscalità generale e, quindi, principalmente sui più deboli, e porre in secondo piano le necessarie contraddizioni interimperialiste. In effetti i “fratelli coltelli”, ovvero le potenze imperialiste, sono sempre pronte a mettere in secondo piano i loro conflitti interni nel momento in cui è necessario fare blocco per mettere in condizione di non nuocere ogni forza che osi mettere in discussione la spartizione del mondo fra potenze imperialiste e i loro rispettivi extra-profitti.
Non a caso sono state le potenze imperialiste e, in particolar modo, quelle più afflitte dalla cinquantennale ultima grande crisi di sovrapproduzione, a sostanzialmente costringere ucraini e russi a una del tutto inutile e assurda, per loro, guerra fratricida. Del resto il dominio dell’imperialismo su scala internazionale si fonda da sempre sulla classica tattica del divide et impera. In tal modo, gli ucraini che hanno creduto opportunisticamente che fosse preferibile schierarsi dalla parte del più forte, ovvero della Nato, sono coloro che stanno pagando il prezzo più salato, dal momento che proprio i loro capitali monetari e umani sono i più sacrificati all’esigenza delle potenze imperialiste di aggirare e scaricare gli effetti negativi della propria crisi di sovrapproduzione.
Naturalmente la causa di fondo di tutta questa spaventosa tragedia storica è da ricercare nella dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche a opera delle forze controrivoluzionarie fomentate e finanziate dall’imperialismo transnazionale. In tal modo paesi che hanno per decenni collaborato fraternamente, consentendo così uno sviluppo altrimenti impensabile per paesi fino a quel momento fra i più arretrati, ora sono divenuti strumento delle potenze imperialiste, che scaricano su delle rivalità artificialmente evocate gli effetti negativi della propria crisi. Così facendo i reali istigatori e mandanti di queste guerre fratricide fra popoli per molti decenni affratellati nel comune sviluppo in senso socialista, ovvero le potenze imperialiste, possono addirittura spacciarsi dinanzi alle proprie opinioni pubbliche, da loro egemonizzate, come i paesi civili impegnati a soccorrere i profughi e a cercare di riportare la pace, punendo gli apparenti aggressori.
Peraltro proprio la vittoria delle forze controrivoluzionarie, alla fine della guerra fredda, grazie al massiccio sostegno delle potenze imperialiste, ha portato al potere tanto in Russia che in Ucraina delle oligarchie del tutto incapaci di difendere persino i propri interessi nazionali, essendo esclusivamente intente a massimizzare i profitti aumentando lo sfruttamento delle proprie classi subalterne. Nonostante la loro palese incapacità predatoria tali oligarchi si sono mantenuti al potere nei paesi ex sovietici proprio fomentando al massimo le fratricide contrapposizioni nazionaliste. In tal modo le forze comuniste in Ucraina sono nel giro di pochi anni passati da essere la principale forza di opposizione e il secondo partito del paese a essere del tutto marginalizzate e messe fuori legge. Anche le principali forze comuniste in Russia sono state indotte dalla costante aggressività delle potenze imperialiste a mettere in primo piano la necessità di sostenere sul piano geopolitico le forze di fatto antimperialiste, piuttosto che fomentare il conflitto sociale.
Al contrario le forze fasciste e naziste ucraine in questa assurda e paradossale situazione appaiono le più patriottiche e interessate alla difesa dell’indipendenza e dell’autonomia nazionale, mentre Putin, dopo aver contribuito con il suo padrino Eltsin alla disintegrazione dell’Urss, oggi – nonostante abbia ridotto al minimo la forza della sua nazione conducendola alla più fratricida e suicida guerra con quel paese che era stato per secoli il suo più importante alleato – passa per essere il principale paladino degli interessi dei russi.
Detto questo non bisogna mai perdere di vista quello che è il principale nemico delle forze comuniste, in particolare per quelle che sono costrette a lottare all’interno di paesi a capitalismo avanzato, ossia l’imperialismo. Da questo punto di vista i principali responsabili della tragica guerra fratricida che si sta combattendo in Ucraina e fra quest’ultima e la Russia restano le potenze imperialiste, in particolare quelle alleate nella Nato. Queste ultime hanno completamente tradito le spinte pacifiste che avevano portato l’Unione Sovietica al disarmo unilaterale, che avrebbe finalmente posto fine alla guerra fredda, in cambio della solenne promessa da marinai delle potenze imperialiste di non approfittarne per espandere la Nato e portarla dentro i paesi ex alleati ed ex sovietici ai confini con la Russia.
Se da una parte tale idealistica ingenuità della ultima dirigenza sovietica ci permette di capire quanto si fosse progressivamente involuta la transizione al socialismo in Urss, dall’altra bisogna sempre ricordare che i reali responsabili della tragica guerra attuale sono i paesi imperialisti occidentali che, al solito, tradendo tutti i patti, hanno approfittato del successo della controrivoluzione per far aderire alla Nato tutti i paesi alleati dell’Urss in Europa orientale e, persino, alcune ex repubbliche socialiste sovietiche. Non paghe di questa politica proditoria e guerrafondaia le potenze imperialiste occidentali hanno favorito la presa del potere delle forze più scioviniste, opportuniste e guerrafondaie in Ucraina, puntando a inglobare nella Nato anche questo paese e la Georgia. Hanno così completato l’accerchiamento e l’isolamento della Russia, costringendo l’oligarchia lì al potere a dover accettare la provocazione e a dover cadere ancora una volta nella trappola della guerra, nell’indispensabile tentativo di rompere l’accerchiamento e mantenere il consenso interno, spacciandosi come salvatori della patria, quando in realtà si tratta proprio di coloro che l’hanno fatta precipitare così in basso. Peraltro, sfruttando il rilancio necessariamente provocato dalle provocazioni imperialiste del nazionalismo sciovinista, Putin è riuscito a addossare tutte le responsabilità dei disastri provocati da lui e dagli altri oligarchi controrivoluzionari ai comunisti e ai sovietici. Mentre il segretario del Pd, principale erede dell’ex partito comunista italiano, ha inveito in piazza contro l’invasione sovietica dell’Ucraina.
Dunque, la battaglia fondamentale che devono portare avanti i comunisti, in particolare quelli costretti a lottare nei paesi imperialisti occidentali, è la lotta contro la Nato e in primis per far uscire almeno il proprio paese da questa antistorica alleanza. In secondo luogo devono utilizzare l’ennesima tragedia delle guerre nazionaliste, alimentate dall’imperialismo, per rilanciare la prospettiva dell’internazionalismo proletario e rivoluzionario. In terzo luogo nel conflitto in atto devono riconoscere il principale nemico nelle potenze imperialiste e, immediatamente dopo, nelle forze filoimperialiste giunte al potere in Ucraina con la (contro)rivoluzione colorata. Solo dopo aver inquadrato i nemici principali i comunisti debbono riconoscere il proprio nemico nelle forze oligarchiche, scioviniste e anticomuniste al potere in Russia. Non dimenticando però che nel caso di un conflitto con una potenza imperialista o con tirapiedi dell’imperialismo anche forze reazionarie debbono comunque essere sostenute, se si trovano costrette a condurre oggettivamente una lotta contro l’imperialismo, come dimostrano le nette prese di posizioni della Cuba socialista e del Venezuela antimperialista.
Al contempo, però, occorre tener presente anche la dialettica posizione della Repubblica Popolare Cinese che, pur denunciando a ragione l’espansione imperialista della Nato che costituisce un pericolo mortale per la Russia, d’altra parte non può apertamente sostenere la guerra di aggressione contro un paese indipendente e membro delle Nazioni Unite, in quanto costituisce un pericoloso precedente e una inaccettabile contraddizione con la necessità di prendere posizione contro ogni lesione del diritto dei popoli all’autodeterminazione che, non solo è un’essenziale parola d’ordine democratica, ma è di fatto una decisiva presa di posizione antimperialista. Non dimenticando però quanto sottolineava Lenin, ovvero che i comunisti debbono sempre schierarsi a favore della lotta dei popoli per l’autodeterminazione, a meno che tale lotta non entri oggettivamente in contraddizione con lo scopo finale del comunismo, cioè con il successo della rivoluzione socialista sul piano internazionale.