Recentemente il Bulletin of Atomic Scientists ha pubblicato un lungo ed interessante articolo di Walter Shirer (2020) sulle modalità impiegate anche da rinomate riviste scientifiche e da importanti scienziati per divulgare informazioni su questioni oggi per noi cruciali. Un esempio: i modelli epidemiologici sono in grado di comunicarci qual è il nostro grado di esposizione al Covid-19? Quali sono i reali progressi fatti per produrre un vaccino efficace?
L’articolo esamina in maniera dettagliata molti aspetti della divulgazione scientifica, tuttavia, in questa sede ci limiteremo a riportare quelli che ci sembrano più importanti e maggiormente comprensibili da parte di un pubblico non specializzato in tali questioni.
Negli ultimi mesi istituzioni e paesi diversi stanno lavorando intensamente alla scoperta ed alla produzione di un vaccino che salvaguardi la popolazione mondiale dal pericolo incombente rappresentato dalla pandemia. I media danno ampie informazioni su queste ricerche per soddisfare la comprensibile sete di notizie; per esempio, The New York Times e il Washington Post danno conto minuto per minuto dell’evolversi della situazione.
Ovviamente questi temi interessano il pubblico e vari esperti di diverso livello si sono dimostrati ansiosi di comunicare la loro opinione nei media e nei social. Questi comportamenti hanno generato conseguenze negative su cui ci soffermeremo più avanti.
Ci si è affrettati a pubblicare i risultati di ricerche non corroborate su giornali anche di fama, allo stesso tempo articoli con contenuti non verificati sono stati diffusi in versione provvisoria ed hanno ricevuto un’enorme attenzione. Giornali con pochi scrupoli hanno dato a chiunque fosse in grado di pagare l’opportunità di pubblicare informazioni pseudoscientifiche successivamente amplificate dai canali mainstream.
Inoltre, imprese commerciali hanno sfruttato e sfruttano l’umano desiderio di proteggersi dal COVID-19, impiegando i discorsi pseudoscientifici per pubblicizzare prodotti la cui utilità è alquanto dubbia. Se facciamo una comparazione con le crisi precedenti, si è molto allentato il controllo su come la scienza viene comunicata al pubblico, in quanto i social media consentono a chiunque (esperto o no) di diffondere le proprie opinioni, non adeguatamente vagliate, e che poi raggiungono milioni di persone del tutto impreparate.
Un significativo esempio di come questi processi distorcono i contenuti dell’autentica ricerca scientifica è mostrato dall’ormai celebre caso della zuppa di pipistrello, a proposito della quale la narrazione scientifica basata sulle evidenze comincia a deviare verso il regno della speculazione fantasiosa. I supposti primi casi di COVID-19 furono individuati il 12 dicembre 2019 tra un gruppo di impiegati del Mercato di pesce di Wuhan, dove si vendono animali vivi o appena uccisi. Nonostante tra gli occidentali sia diffusa la favola che i cinesi abbiano la spiccata preferenza di cibarsi di animali esotici, questi ultimi non sono messi in vendita in questi mercati. In questo caso la somiglianza genetica [1], gli stereotipi etnici e l’acceso scontro politico tra est ed ovest hanno dato origine ad un immaginario salto di specie, veicolato dalla zuppa di pipistrello. Il problema diventava spiegare come gli esseri umani sono entrati in contatto con questo nuovo virus legato ai pipistrelli.
La risposta è stata trovata da un video registrato da un blogger cinese, tal Wang Mengyun, nel quale si mostrava una donna che stava cenando con una zuppa di pipistrello nelle isole Palau, situate nel Pacifico. Anche se tale piatto non figura in nessuna delle numerose cucine regionali cinesi, immediatamente venne diffusa la notizia che il video proveniva dall’immenso paese asiatico. Fomentarono la diffusione il Fox News Channel e due account twitter di noti anticomunisti cinesi, anche se Wang Mengyun aveva dichiarato che il suo video era stato registrato nelle Palau, fatto confermato dalle indagini svolte sulle immagini da un gruppo di giornalisti francesi. Inoltre, è anche stato stabilito che i primi casi noti di COVID-19 in Cina non avevano nessuna relazione con il succitato mercato, ma nessuno si è preoccupato di questo particolare. Anzi i mezzi di comunicazione di massa hanno creato efficaci memi, in cui per esempio si invita il celebre Batman a ritornarsene in Cina, per poter introiettare meglio l’associazione Cina/coronavirus.
Nel mese di gennaio 2020 il Journal of Medical Virology pubblicava un altro articolo sulla trasmissione interspecifica del COVID-19, valutato solo nel giro di 5 giorni, nel quale veniva sostenuto invece che questo virus aveva la sua origine nei serpenti. Tuttavia, tale tesi non è stata considerata sufficientemente provata per la metodologia applicata, perciò i pipistrelli continuano ad essere indicati come la probabile fonte della pandemia, ripetiamo la probabile, anche se il passaggio all’uomo non è stato ancora stato ricostruito in tutti i suoi dettagli.
A questo punto è importante spiegare brevemente quali sono le procedure da seguire da parte di una rivista scientifica quando si appresta alla pubblicazione dei risultati delle ricerche proposte, che nel caso del COVID-19 sono state migliaia.
La metodologia affermatasi negli ultimi decenni è quella della peer review, che certo presenta le sue pecche, ma per ora non sembra sia disponibile niente di meglio. In primo luogo l’articolo presentato deve seguire delle procedure e dei protocolli, presentare delle prove e i suoi risultati debbono essere riproducibili. Sarà possibile fidarsi dei suoi contenuti solo se degli esperti terzi di pari grado (par review) li vagliano con accuratezza ed onestà intellettuale, e certo questo non può avvenire in pochi giorni.
Queste regole ragionevoli non sono più rispettate soprattutto nel caso del coronavirus, perché sia gli esperti, in cerca di notorietà e di prestigio, sia la popolazione preoccupata dalla situazione, sono diventati fortemente impazienti. Per questa ragione – come si diceva – si pubblicano informazioni senza i dovuti controlli o con una par review affrettata e scadente. Da ciò scaturisce quella che il Bulletin of Atomic Scientists definisce “la pandemia della cattiva scienza”.
A tal proposito, vale la pena di sottolineare che la dichiarazione ufficiale di "pandemia" è stata affidata a un 'intervista rilasciata l'undici marzo 2020 dal Direttore generale dell'OMS T.A. Ghebreyesus senza che, a quanto risulta, nè il Consiglio direttivo nè l'Assemblea generale si siano esplicitamente pronunciati. Perché è stata scelta una procedura così rapida e, nello stesso tempo, tardiva?
Bisogna anche considerare i rilevanti interessi economici che ruotano attorno all'epidemia e che hanno dato luogo a fenomeni speculativi e a vere proprie truffe.
Ad esempio, come riportato dall'articolo di Shirer, una nota azienda tedesca ha posto in vendita on line un "kit" per la diagnosi "casalinga" di infezione da coronavirus utilizzando come immagine pubblicitaria quella di un altro presidio, già da tempo in vendita per la diagnosi di febbre tifoidea, limitandosi a sostituire la parola "tifo" con la parola "coronavirus". Qui non si vuole entrare nel merito della validità di un tale metodo di indagine basata sul dosaggio degli anticorpi, ma sottolineare come dal punto di vista capitalistico "tutto fa brodo" e quanto siano spregiudicate e ciniche, oltre che basate su un inganno addirittura ingenuo e molto facile a scoprire, le decisioni che vengono prese a puro scopo di profitto.
Ma questo non è che il piccolo cabotaggio del capitale. È chiaro che in gioco c'è ben altro.
Il vaccino, in primo luogo, o meglio "i vaccini", considerando che attorno ad essi si è già scatenata una guerra commerciale senza esclusione di colpi. Si tengano presenti tre elementi utili a chiarire il quadro:
1. i meccanismi della risposta immunitaria all'infezione da coronavirus non sono ancora ben chiari;
2. Ciononostante, i principali vaccini in lizza sono stati approntati in tempi brevissimi: il che fa pensare che i protocolli, tradizionalmente piuttosto rigidi, che portano alla validazione di un vaccino siano stati o abbreviati o addirittura non applicati. Ci avviciniamo a una enorme sperimentazione "in vivo" non dell'efficacia, che è sempre valutabile solo "a posteriori", ma di eventuali effetti tossici non adeguatamente indagati? Non lo affermiamo ma rivendichiamo la legittimità del dubbio;
3. È già in atto la realizzazione di profitti finanziari attraverso la compravendita delle azioni delle aziende produttrici di vaccino. Ciò significa che il vaccino "deve" essere prodotto.
Nonostante in Europa si parli di iniziare le vaccinazioni già a novembre, l’OMS sostiene che non ci sarà una vaccinazione di massa prima della metà del 2021. Ciò può far pensare che passeranno per i primi i paesi ricchi e che i poveri, secondo le bronzee leggi del mercato, si metteranno in fila.
Note
[1] Il SARS-COV- 2 (COVID-19) è differente dai precedenti coronavirus, benché condivida con essi l’80% dei nucleotidi, che secondo alcuni studi sono presenti nei pipistrelli.
Bibliografia
Walter Scheirer (2020) A pandemic of bad science, Bulletin of the Atomic
Scientists, 76:4, 175-184.