Si apre una nuova fase per la rivoluzione cubana e la liberazione di tre dei Cinque patrioti cubani ancora detenuti negli Stati Uniti costituisce senza dubbio una grande vittoria per l'intera umanità. La storia dei cubani in carcere per sedici anni per aver combattuto il terrorismo: ovvero, la notizia più nascosta del mondo.
di Fabio Marcelli
I Cinque erano stati com'è noto arrestati, il 10 settembre del 1998, per aver condotto un'opera di controinformazione e monitoraggio sulle attività delle organizzazioni terroristiche formate negli Stati Uniti, e in particolare a Miami, dai fuoriusciti cubani. Opera non solo legittima, ma anzi doverosa, alla luce del principio del diritto internazionale che impone agli Stati di cooperare nella prevenzione e repressione del terrorismo.
Era proprio nello spirito di tale principio che il governo cubano, con la mediazione all'epoca di Gabriel Garcia Marquez, si era rivolto al presidente statunitense Clinton per denunciare, sulla base delle prove raccolte dai Cinque, le attività terroristiche che si svolgevano a partire dal suolo statunitense contro Cuba.
Si era quindi svolta all'Avana una riunione, con la partecipazione di FBI e Dipartimento dello Stato, nel corso della quale il governo cubano aveva esposto agli organismi statunitensi la documentazione in suo possesso. Ma anziché procedere, come avrebbero dovuto, a smantellare le reti terroristiche anti-cubane arrestandone i responsabili, gli Stati Uniti decidevano di arrestare i Cinque, che con la loro opera di controinformazione avevano sventato numerosi attentati che sarebbero dovuti avvenire a Cuba.
Cominciava così l'odissea penitenziaria e giudiziaria dei Cinque. Alcuni anni prima ne era cominciata la meritoria missione, con l'infiltrazione di René Gonzalez ed altri nelle organizzazioni terroristiche. Per poterla portare avanti, René aveva finto di disertare, impadronendosi di un aereo e arrivando, a filo di carburante, fino in Florida, senza che neanche la moglie fosse a conoscenza della verità. Una vicenda appassionante, raccontata magistralmente da Fernando Morais nel suo libro Os ultimos soldados da guerra fria, che è stato un best-seller in Brasile e speriamo di poter pubblicare presto anche in Italia.
La modalità seguìta dall'intelligence cubana in tutta questa vicenda è una dimostrazione da manuale di come si combatte il terrorismo, senza dover ricorrere alla tortura e alle guerre (mosse in realtà per ben altri motivi) che finiscono, come dimostra la storia, per alimentare le organizzazioni terroristiche contro le quali vengono scatenate. Come nel caso oggi sotto i nostri occhi di Al Qaeda e dell'ISIS.
Per questi motivi resta più che mai attuale la proposta di insignire i Cinque del Premio Nobel per la pace.
Dal punto di vista giuridico le accuse mosse ai Cinque non hanno avuto mai la benché minima base, come del resto riconosciuto in varie occasioni dallo stesso sistema giudiziario statunitense, che si è però purtroppo confermato fortemente soggetto a spinte e condizionamenti di carattere politico.
Nessuna base ha avuto l'accusa di “cospirazione per commettere omicidio” mossa nei confronti di Gerardo Hernandez, dato che l'abbattimento dell'aereo di Hermanos para el rescate (organizzazione terroristica anti-cubana) era stato deliberato autonomamente e legittimamente, dopo ripetuti avvertimenti, nell'esercizio della propria sovranità sul proprio spazio aereo da parte delle Forze armate cubane senza che vi fosse alcun nesso causale tra la condotta di Gerardo e tale abbattimento. Nessuna base ha avuto l'accusa di “cospirazione per commettere spionaggio” mossa nei confronti dei Cinque, dato che la loro attività era limitata alla raccolta di informazioni sulle attività dei gruppi terroristici che non fanno parte, fino a prova contraria, dell'organizzazione statale degli Stati Uniti. Sono state commesse nel corso del processo infinite violazioni del diritto alla difesa. È stata prescelta una sede giudiziaria, quella di Miami Dade, chiaramente inadatta a svolgere un processo imparziale, date le intimidazioni nei confronti dei giurati e il clima di terrore montato dalla mafia politica anticubana locale. Per motivi che andrebbero ulteriormente approfonditi, determinati gruppi di potere interni agli apparati statunitensi hanno scelto, come accennato, di incarcerare gli antiterroristi anziché di carcerare i terroristi.
La liberazione dei Cinque (ricordiamo che René Gonzalez e Fernando Gonzalez erano stati liberati nel corso dell'ultimo anno, mentre restavano in carcere, con la prospettiva di restarci ancora a lungo o per tutta la vita Antonio Guerrero, Ramon Labañino e Gerardo Hernandez, quest'ultimo condannato a ben due ergastoli) è il frutto di una campagna di mobilitazione condotta in tutto il mondo per tutti questi anni.
Personalmente ho avuto occasione di contribuire a questa campagna partecipando a riunioni e assemblee in vari luoghi, da molte città italiane alle Canarie alle Filippine, partecipando alle delegazioni di osservatori internazionali che hanno assistito alle udienze giudiziarie a Miami ed Atlanta, incontrando nel giugno 2013 vari membri del Congresso e del Senato degli Stati Uniti, sostenendo e promuovendo il film realizzato dal mio amico Alberto Antonio Dandolo, The Cuban Wives. Come e più di me numerosi altri compagni e compagne, tra i quali voglio qui ricordare Luciano Vasapollo, Rita Martufi, Luciano Jacovino, Marco Papacci, Franco Forconi, Tecla Faranda e Raul Mordenti
È quindi per tutti noi oggi un giorno di gioia immensa. In un momento difficile e poco esaltante della storia della sinistra italiana, ancora una volta l'esempio dei compagni cubani, la loro intelligenza e la loro tenacia servono da sprone e da modello.
Non dobbiamo infatti trascurare la circostanza che la liberazione dei Cinque si inserisce nel quadro di un rinnovamento dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba, che supera una contrapposizione che durava da oltre cinquanta anni. Tale cambiamento positivo costituisce senza dubbio un successo per Cuba e per tutta l'America Latina. Negli ultimi anni il mondo è cambiato parecchio e il continente americano ancora di più. Alla radice di questo cambiamento positivo, che ha visto la realizzazione dell'utopia bolivariana con la creazione di nuovi livelli di integrazione fra i Paesi dell'America Latina, consacrati dalla creazione prima dell'ALBA, poi di UNASUR e della CELAC, c'è l'esempio di Cuba, un piccolo ma grande Paese sottoposto da oltre cinquanta anni a un embargo che finalmente sta per concludersi e ad atti di disumano terrorismo che hanno provocato oltre tremila vittime nel corso degli anni. Una resistenza alfine vittoriosa, che ha trovato terreno fertile in altri Paesi latinoamericani e propone oggi al mondo un orizzonte diverso da quello fallimentare del neoliberismo. Orizzonte che dovremmo affrettarci ad accogliere e portare avanti anche in Europa e in quel pantano senza futuro e senza speranza che è diventato il nostro Paese.
La lotta per il socialismo ovviamente continua, ma continua su un piano nuovo e più favorevole. Riconoscendo il fallimento dell'embargo Obama riconosce che la strategia di spingere il popolo cubano alla fame per provocarne la ribellione contro il socialismo non è praticabile. Va aggiunto che in realtà, non c'è alcuna contraddizione fra sviluppo economico e socialismo. Anzi, l'ulteriore sviluppo delle forze produttive che saranno liberate dalla fine dell'embargo permetterà di praticare nuove ancora più avanzate esperienze di socialismo che costituiranno un punto di riferimento e un esempio anche per il mondo capitalistico occidentale, a partire dagli stessi Stati Uniti e dall'Europa.
Oggi, rallegrandoci per la loro liberazione e unendoci all'abbraccio del loro Paese e delle loro famiglie, onoriamo nei Cinque Cubani, cinque patrioti dell'umanità che hanno sacrificato oltre quindici anni della loro esistenza per difendere il loro Paese e una nuova prospettiva, rivoluzionaria e autenticamente democratica, dei rapporti internazionali.