Vogliono tapparci la bocca

I nuovi codici di comportamento del personale della Pm espressione dello stato totalitario e della sorveglianza.


Vogliono tapparci la bocca

Non sappiamo perché non sia chiesto, eccezion fatta dalla Cgil e dai sindacati di base, il ritiro del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) n. 81 del 2023 in merito ai comportamenti dei dipendenti pubblici, resta un’incognita la ragione per la quale il Presidente Mattarella abbia promulgato la legge che apporta tali modifiche al codice di comportamento, quando anche a una lettura superficiale appare evidente che ledano le libertà democratiche e il diritto alla critica del singolo dipendente.

Trattasi, nonostante la denominazione di DPR, di un atto del Governo su delega del Parlamento, ma il Presidente avrebbe potuto rinviarlo all’esecutivo perché in aperto contrasto con la Costituzione.

Forse non si è parlato a sufficienza del ruolo del Presidente della Repubblica che nella storia repubblicana solo in rarissimi casi ha rinviato al Governo o al Parlamento leggi meritevoli di riscrittura, evidenziandone criticità. Ci preoccupano norme di comportamento imposte in tempi nei quali la democrazia, perfino quella formale, è avulsa dai luoghi di lavoro ove regna, quasi incontrastato, il principio di obbedienza assoluta al datore di lavoro pubblico o privato. Questo decreto va ben oltre i codici etici e comportamentali del recente passato e, arrivando anche a vietare la libertà di espressione nel tempo libero, siamo in presenza di un autentico codice di guerra mirante a tappare la bocca a lavoratori e delegati scomodi. Come in ogni tempo di guerra si impone ai sottoposti l’obbedienza assoluta, pena la Corte Marziale. Nello stesso modo al personale della Pubblica Amministrazione (PA) viene imposto il silenzio richiamandolo alla mera subalternità.

È sufficiente leggere alcuni articoli per capire di cosa stiamo parlando:

“il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale (art. 11 ter comma 2).  “Al fine di garantirne i necessari profili di riservatezza le comunicazioni, afferenti direttamente o indirettamente il servizio non si svolgono, di norma, attraverso conversazioni pubbliche mediante l’utilizzo di piattaforme digitali o social media (id. comma 3)”.

È quindi severamente vietato “nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione (comma 2)”; ma vogliamo chiederci su quali basi si intenda costruire la stessa PA?

Ospedali fatiscenti, lunghe liste di attesa per prestazioni sanitarie, provvedimenti emanati dagli Enti locali a uso e consumo dei Sindaci, scuole divenute palestra del militarismo, era forse questo l’intento dei Padri Costituenti?

Richiamiamo tra tutti alcuni articoli della Costituzione aggirati e vilipesi, l’art 11 sul ripudio della guerra e tutti i principi cardine in materia di lavoro che dovrebbero dare diritto a salari e condizioni di vita dignitose e all’impegno dello Stato di offrire a ogni cittadino un’occupazione con equo salario. 

Non basta allora stabilire dei principi nella Carta Costituzionale se il legislatore è libero di interpretarli a proprio piacimento o addirittura a raggirarli.

Per essere espliciti ci soffermeremo su alcuni esempi pratici per dimostrare quanto pericolosi per la libertà di espressione e per la stessa democrazia siano gli articoli del nuovo codice di comportamento per la PA. 

- Dipendente della scuola che prende posizione pubblica contro gli stage scuola lavoro nelle caserme militari. Ci sono decine di protocolli tra Forze Armate (FA) e Provveditorati, collaborazioni attive tra FA  istituti comprensivi italiani e Nato (come denunciato dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università). Molti  protocolli  sono del resto pubblici e leggibili. Di conseguenza l’obiezione di coscienza di insegnanti ed educatori antimilitaristi e pacifisti potrebbe essere calpestata e respinta ricorrendo all’applicazione dei codici disciplinari. Ma in tal modo dove finirà il diritto alla critica, sancito anche dalla Costituzione, se un domani un insegnante riluttante a favorire questi protocolli dovesse assumere pubblicamente posizione contraria? E per la scuola del futuro preferiamo insegnanti liberi o semplici replicanti della propaganda di Stato? Siamo certi che qualche zelante Preside o Provveditore non faccia valere il venir meno del rapporto di fiducia dell’Istituzione scolastica verso il docente pacifista accusandolo di recare danno all’immagine e al prestigio dell’Istituto comprensivo di appartenenza?

- Personale sanitario. Negli anni pandemici numerose sono state le denunce pubbliche di delegati e lavoratori che hanno criticato anche a mezzo stampa il collasso del sistema sanitario pubblico puntando il dito verso i dissennati tagli che hanno provocato la carenza di personale e dei dispositivi di protezione individuale. È bene sapere che molti dei protagonisti di questa rivolta civile sono stati sottoposti a provvedimenti disciplinari, denunciati, sospesi o perfino licenziati per avere documentato pubblicamente il degrado della sanità e l’inadeguatezza delle cure erogate alla cittadinanza. Crediamo che con queste norme, in futuro, sarà fin troppo facile accusare il delegato o il lavoratore di avere pubblicato notizie lesive per l’immagine dell’Ospedale o dell’azienda presso la quale presta servizio e da qui far partire procedimenti disciplinari fino al licenziamento.

- Dipendente di un Ente locale che contesti, pubblicamente o attraverso i social, il suo dissenso verso macrostrutture, atti organizzativi, delibere di Giunta e qualsivoglia decisione dell’Amministrazione di appartenenza Il diritto di parola e di critica e perfino il dissenso sindacale potrebbero presto essere considerati alla stregua di un danno recato all’immagine della Pubblica amministrazione con gli immancabili provvedimenti disciplinari, sanzioni e licenziamenti.

- Dipendente delle Forze armate. È accaduto nel passato con militari che hanno denunciato la presenza di amianto nei sottomarini o la morte per mesotelioma di soldati impegnati nelle missioni umanitarie (si fa per dire) dove sono stati utilizzati proiettili all’uranio impoverito con una lunga scia di decessi. Ebbene il soldato che domani voglia denunciare la mancanza di sicurezza o la presenza di situazioni di rischio per i commilitoni, lo farà a proprio rischio e pericolo, passibile di provvedimento disciplinare con l’aggravante anche di altre misure intraprese in ambito militare.

Ma la mannaia contro i dipendenti pubblici non finisce con la perdita del posto di lavoro, il danno di immagine è di competenza della Corte dei Conti che non indaga e sanziona il solo danno erariale che ricade sovente non sugli amministratori ma sui tecnici. Numerose sentenze della Corte dei Conti hanno condannato dipendenti pubblici al pagamento di sanzioni per migliaia di euro. Conosciamo casi di uomini e donne ridotti sul lastrico e costretti/e a vendere casa per pagare solo parte dei soldi loro richiesti. Ironia della sorta diminuiscono gli interventi della Corte dei Conti contro politici che, con atti pubblici e delibere di Giunta, abbiano creato reali danni economici alle casse pubbliche e alla stessa buona immagine della Pubblica Amministrazione.

Dopo avere letto le nostre osservazioni taluni ci considereranno dei catastrofisti inclini a trasformare la realtà in un racconto apocalittico o di fantascienza.

Ma stiamo solo descrivendo la realtà attuale, l’intento del Governo è uno solo: tappare la bocca ai dipendenti pubblici. E così dopo l’obbligo di fedeltà aziendale che ha portato al licenziamento di tanti\e che in tempi pandemici denunciavano le inefficienze del sistema sanitario, oggi la repressione si fa sistematica sulla base di norme antidemocratiche da estendere e applicare a tutti i comparti della PA per vietare perfino l’uso dei social e la libertà di espressione.

29/09/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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