Sanità, nuovi tagli in arrivo

Per finanziare la flat tax e tenere buona l’Europa il governo gialloverde potrebbe decidere di far cassa sulla salute dei cittadini


Sanità, nuovi tagli in arrivo

La sanità rischia di essere l'agnello sacrificale della letteraccia di Maastricht se saranno confermati i tagli al fondo sanitario nazionale che invece, come deciso nella Conferenza Stato Regioni, avrebbe dovuto essere accresciuto per fronteggiare le reali emergenze della salute.

Il Rapporto Gimbe 2019 ha lanciato l'ennesimo, e inascoltato, grido di allarme per la sanità denunciando la privatizzazione della stessa derivante da 37 miliardi di tagli solo negli ultimi 10 anni. Quando si vuole privatizzare un servizio di solito si opera per la sua inefficienza e mancando fondi per ammodernare le strutture, finanziare la ricerca, per assumere la forza-lavoro necessaria alla gestione dei servizi, il ricorso al privato diventa inevitabile e accettabile data la preventiva e generalizzata sfiducia nel servizio pubblico creata ad arte.

In questi anni il pubblico impiego, sanità in primis, sono stati saccheggiati per contenere il debito, anzi dovremmo dire per pagare gli interessi di un debito che determina politiche di austerità e scoraggia la domanda e la spesa dei cittadini. Nel corso degli anni sono state create campagne mediatiche atte a denunciare sprechi in sanità quando invece ad essere tagliati erano servizi essenziali e funzionanti.

A dispetto della vulgata, infatti, la spesa italiana per la sanità è tra le più basse dei paesi sviluppati, sicuramente la più bassa del G7, e si cerca ancora di fare cassa con essa quando comincia a farsi largo la consapevolezza che spesa sanitaria rappresenta uno strumento di sviluppo economico e non solamente un costo. E mentre in altri paesi a capitalismo avanzato si ragione su come indirizzare al meglio gli aumenti di spesa previsti, da noi nei prossimi tre anni migliaia di operatori sanitari e medici andranno in pensione senza essere sostituiti se non in parte.

Tra il 2010 e il 2019 sono stati sottratti al SSN circa 37 miliardi e l’incremento complessivo del fabbisogno sanitario nazionale è stato di € 8,8 miliardi, con una media annua dello 0,9% insufficiente anche solo a pareggiare la modestissima inflazione (+1,07%). Eppure lo stesso DEF 2019 riduce progressivamente il rapporto spesa sanitaria/PIL dal 6,6% nel 2019-2020 al 6,5% nel 2021 e al 6,4% nel 2022 e le buone intenzioni della Legge di Bilancio 2019 (+8,5 miliardi nel triennio 2019-2021) sono subordinate ad ardite previsioni di crescita e alla stipula, tutta in salita, del nuovo Patto per la Salute.

Ecco come stanno distruggendo la sanità pubblica anche con il silenzio assenso dei sindacati complici. Un vero e proprio conflitto di interessi in ambito sindacale se pensiamo che da anni i contratti nazionali, e di secondo livello, destinano sempre più fondi alla sanità integrativa (privata) a discapito di quella pubblica attuando quello scambio diseguale tra parti di salario ed erogazione di servizi. Il ruolo sindacale nello smantellamento della sanità pubblica è palese come altrettanto evidente è il rischio che corriamo con la autonomia differenziata che rischia di acuire il ritardo delle regioni più povere e di conseguenza il depauperamento della sanità pubblica.

15/06/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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