E’ da oltre vent'anni,prendendo come riferimento il purtroppo famoso “pacchetto Treu” del 1997, che tutto l’impianto legislativo a tutela dei diritti dei lavoratori è sotto attacco da parte dei padroni e i loro rappresentanti al governo. Gli interessi del capitale, ossia possibilità indiscriminata di poter licenziare, aumentare l’orario di lavoro, aumentare i ritmi e ridurre il salario, sono inconciliabili con quelli dei lavoratori. Questo lo capisce anche un bambino di contro a tutte queste favole che vorrebbero conciliare interessi contrapposti basti osservare la storia delle controriforme per capire come, mutati i rapporti di forza nella società a partire dagli anni novanta, passo dopo passo le forze liberali hanno operato costantemente e ininterrottamente per ripristinare i vecchi schemi liberali secondo le nuove e più raffinate tecniche di sfruttamento che vanno sotto il nome di toyotismo ossia la base materiale del neoliberalismo. Infatti a partire dagli anni novanta che ahinoi segnano la fine di un’epoca contraddistinta dall’esplosione della partecipazione di massa alla vita pubblica, e iniziato il periodo buio delle controriforme sul lavoro che avevano l’obiettivo -attaccando tutte le garanzie e le conquiste del periodo precedente- di ripristinare il saggio di sfruttamento a livelli superiori quale garanzia di una maggiore velocità di accumulazione da parte del capitale in crisi. Va da sé che infatti introducendo la libertà di licenziare si pone nelle mani del datore di lavoro uno strumento potentissimo di ricatto, una leva attraverso la quale indirettamente costringere i lavoratori ad accettare salari bassi e orari di lavoro tremendi. Tutte queste controriforme sono poi culminate nel tristemente noto Jobs Act di Renzi contro il quale, dobbiamo dirlo, la stessa CGIL poteva fare molto ma molto di più per bloccarlo. E’ un fatto positivo che l’attuale dirigenza del Partito Democratico stia abiurando le sue stesse leggi, la Schlein infatti ha firmato per i referendum, meglio tardi che mai verrebbe da dire ma è altrettanto importante segnalare che molte delle controriforme sul lavoro sono partite proprio da quegli ambienti che si richiamano alla social-democrazia, seguendo quella irrazionale idea cui accennavamo prima ovvero della possibilità di conciliare le classi lavoratrici con quelle padronali.
Dunque le dirigenze della CGIL e quella del PD (che in alcuni casi hanno forti correlazioni) sono, anche se per ragioni differenti, coinvolte in questa fase di riflusso e in alcuni casi ne sono state persino cattive protagoniste.
Certo oggi le condizioni sono differenti innanzitutto perché il PD è all’opposizione, e siamo dinanzi ad una campagna elettorale, ma sono lontani i tempi quando l’opposizione si faceva nelle piazze. I referendum promossi dalla CGIL riguardano argomenti cruciali del rapporto di lavoro e quindi della vita delle persone: si tratta di quattro quesiti che puntano a smantellare le principali controriforme a partire dalla questione dei licenziamenti facili e indiscriminati. Anche in altre occasioni su questo giornale abbiamo sottolineato la particolarità dello strumento referendario che se da un lato offre a tutti la possibilità di esprimersi su una legge o più leggi del tutto impopolari al contempo sappiamo bene che in assenza di mobilitazione tale strumento può risultare persino controproducente basti immaginare infatti il contraccolpo di un eventuale debacle. Tale critica sacrosanta non deve però portare i comunisti ad assumere posizioni massimaliste o estremiste: come per le elezioni anche i referendum, ormai lanciati, debbono essere interpretati come terreni di lotta per l’egemonia. E’ necessario sostenere i referendum e coinvolgere quanti più lavoratori possibili in questo percorso spingendo a firmare e poi ad andare a votare. I quesiti possono essere firmati anche on-line a questo link .
Il rimando ad una buona infografica per l’illustrazione dei quesiti è a questa pagina .