E adesso prestate attenzione a questo commento: «Essere di sinistra – e ancora prima essere per la giustizia sociale e per l’uguaglianza – significa lottare contro il precariato». Ovvio, vero? Certo, se non fosse che a dirlo è Matteo Renzi.
di Carmine Tomeo
Anche se, considerato che il presidente del Consiglio sembra politicamente formato ad una qualche accademia della televendita, nemmeno meraviglia che sia stato lui a scrivere questo commento nella Enews dell’11 novembre. E lui, Matteo Renzi, con il tono rassicurante ma determinato di chi ha imparato a vendere un contratto nascondendo le clausole vessatorie, vuol far intendere di essere un uomo di sinistra, che il Pd è un partito di sinistra, che il suo governo è un governo di sinistra. Non siete ancora convinti? E allora Renzi vi invita a leggere l’ultimo “Rapporto sul precariato” pubblicato dall’Inps lo scorso 10 novembre, rispetto al quale, scrive il nostro, «Ogni commento è superfluo». Invece siamo pignoli ed un commento vogliamo farlo.
L’Inps, nel suo rapporto afferma che “Nei primi nove mesi del 2015 aumenta, rispetto al corrispondente periodo del 2014, il numero di nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato nel settore privato (+340.323)”. A questo punto Renzi esulta, gonfia il petto e afferma che il merito è del suo Jobs act se ora in Italia c’è un po’ meno precarietà, e insieme alla stampa main stream fa intendere che quindi ci sono nuovi occupati e buona occupazione. E con scarso senso del pudore il presidente del Consiglio sostiene che “Negli ultimi vent’anni solo due leggi hanno ridotto il precariato: il JobsAct e la Buona Scuola”.
“La realtà è più forte delle ideologie”, dice a questo punto Renzi; noi preferiamo affermare che “i fatti hanno la testa dura” ed in questo caso smentiscono il segretario del Pd.
Infatti, non sono solo i contratti a tempo indeterminato ad essere aumentati, ma anche i contratti a termine (+19.119) e le cessazioni (+37.868). E poi occorre fare una precisazione, che nella nota stampa dell’Inps che Renzi invita a leggere non c’è, ma che è contenuta nel rapporto completo dell’Osservatorio sul Precariato dell’Inps: tutti i dati forniti non riguardano i lavoratori ma i rapporti di lavoro. È fin troppo chiaro che si sta parlando di due cose molto diverse, dal momento che un lavoratore può stipulare, nel periodo di qualche mese, molto più di un solo contratto. Una realtà che qualunque lavoratore precario saprebbe spiegare a Renzi e che l’Inps fa notare. Precisa, infatti, l’ente previdenziale, che ad essere rilevati sono “i movimenti dei rapporti di lavoro – assunzioni, cessazioni, trasformazioni” e che questi non coinvolgono un pari numero dei lavoratori, “perché il medesimo lavoratore può risultare, nello stesso periodo di tempo, coinvolto in una pluralità di movimenti”. E lo scostamento non è di poco conto: “Negli anni 2013 e 2014 – fa sapere l’Inps – il rapporto tra lavoratori assunti e nuovi rapporti (assunzioni) è stato rispettivamente del 71% e 70%”; numeri analoghi si sono registrati per le cessazioni.
Soprattutto, ciò che per il segretario del Pd è superfluo commentare è un dato di enorme rilevanza: l’aumento vertiginoso dei voucher per il lavoro accessorio e occasionale, cioè la peggiore forma di precarietà che finora sia stata pensata. Nei primi nove mesi del 2015 – si legge nel rapporto – la vendita dei voucher ha avuto “un incremento medio nazionale, rispetto al corrispondente periodo del 2014, pari al 69,3%, con punte del 99,4% in Sicilia e dell’87,7% in Puglia”.
Significa che nonostante l’esonero contributo per le nuove assunzioni e la riduzione del contratto a tempo indeterminato a condizione di contratto precario stabilita con il Jobs act, il padronato continua a preferire le peggiori forme di precarietà disponibili ed in generale preferisce assumere con contratti di tipo precario.
La conferma viene anche dall’Istat, che nella rilevazione aggiornata a settembre 2015, mostra come, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, gli occupati (quindi si parla di lavoratori, non di rapporti di lavoro come nella rilevazione dell’Inps) con contratti a tempo indeterminato sono cresciuti di un poco significativo 0,8%; mentre è cresciuto in maniera considerevole il numero di lavoratori assunti con contratto a termine (+4,6%). Senza contare la miriade di lavoratori che risultano indipendenti ma lavorano effettivamente da subordinati ed in condizioni di estrema insicurezza.
La riduzione del precariato, quindi, è solo negli spot di Renzi. La realtà, sempre molto lontana dalle immagini da Mulino Bianco raccontate dal segretario del Pd e dal suo governo, è fatta troppo spesso di disoccupazione e di lavoro precario che il Jobs act non ha diminuito: semmai lo ha generalizzato. Tanto che, come afferma il prof. Luca Ricolfi in un interessante intervento su Il Sole 24 Ore, “Nel secondo trimestre di quest’anno (ultimo dato disponibile)» la quota dei precari è addirittura «tornata a un soffio dal suo massimo storico (14,2%), toccato durante il governo Monti”.
Essere di sinistra significa lottare contro il precariato, dice Renzi. Ecco, il segretario del Pd finalmente ha fatto coming out, ha apertamente dichiarato l’orientamento politico suo e del suo partito: non sono di sinistra, come non lo sono Monti e Fornero. Strano che ci sia ancora chi pensa di poterci fare alleanze anche solo a livello locale.