Istanbul. Quando raggiungo la Turchia risale dal cuore e si riedita nella mente la canzone-poesia Bisanzio di Francesco Guccini. Così, in una città con molta gente in giro ma che cede un aspetto spettrale, colpita proprio una settimana fa dall’ennesimo atto terroristico, mi piacerebbe incrociare il mago a cui domandare che oroscopo poter trarre questa sera. Non sono qui per fare cronaca di un fatto, né una analisi politica di quanto stia avvenendo in un Paese insondabile, stretto da un Occidente che lo vorrebbe (e subito dopo cambia idea) come partner, e da un Oriente definibile ancora tribale, dove la guerriglia è lotta incivile impantanata nelle regole dell’identica religione dalle molteplici sfaccettature. Forse, troppo vecchio per capire, vorrei incrociare il mago, anche per conoscere la precisa situazione economica della Turchia, imprescindibile dalla situazione politica. Non riesco a trovare colleghi giornalisti né docenti universitari, ci ha pensato il presidente Erdogan a zittirli o a tentare di farlo, mettendoli anche in galera.
Paese insondabile, dunque, finanziatore neppure troppo occulto per gli affari dell’esercito che adesso gli uccide giovani e ignari. Allora si smarrisce quasi il senso dell’approfondimento, ma farlo è comunque cosa buona. Come sta l’economia turca, come sta in questo periodo di crisi e di declino dei settori economici che avevano consentito la crescita della Turchia?
Il settore agricolo, che contribuisce all'8% del PIL e impiega il 20% della popolazione attiva, soffre di una bassa produttività causata dal sistema basato sulle piccole aziende. L'11% del territorio turco è destinato alla coltivazione, il grano rappresenta la coltura principale. La Turchia, poi, è al terzo posto nel mondo per l'esportazione del tabacco ed è il primo produttore di nocciole (70% della produzione mondiale). Ci sono anche le risorse minerarie, numerose ma scarsamente sfruttate.
L'industria manifatturiera rappresenta il 27% del PIL e impiega il 28% della manodopera. Sono i settori del tessile e dell'automobile le principali attività. Il governo turco continua ad attribuire priorità ai grandi progetti infrastrutturali, in particolare nel settore dei trasporti. Qui è adottato il modello BOT - Built Operate Transfer (costruire, operare e trasferire).
Il terziario è stato in pieno sviluppo, contribuendo al 61% del PIL e impiegando la metà della popolazione attiva.
Il turismo, settore su cui in molti avevano puntato prima che l’instabilità politica interna e gli attacchi terroristici lo rallentassero, per poi fermarlo e avviarlo sulla strada della retrocessione, rappresenta il 4% del PIL. Nei momenti, adesso finiti, con circa 31 milioni di turisti all'anno e quasi 22 miliardi di $ di ricavi, il turismo ha costituito così una delle più importanti fonti di valuta estera per il Paese. La Turchia è stato uno dei dieci Paesi più visitati al mondo, ma adesso il settore turistico risente degli attacchi terroristici: chi aveva ricevuto fondi per esportare azioni bellicose (il Califfato dello Stato islamico) ha cambiato strategia considerandosi tradito dalla Turchia.
Ripartizione dell'attività economica per settore |
Agricoltura |
Industria |
Servizi |
Occupati nel settore (% del totale degli occupati) |
20 |
28 |
52 |
Valore aggiunto (3% del PIL) |
8 |
27 |
65 compreso 4 del turismo |
Valore aggiunto (crescita annua in %) |
7,6 |
3,3 |
4,8 |
Fonte: Banca Mondial, 2016
Il tasso di inflazione, più alto di quello fissato dalla Banca Centrale, è individuato nel deprezzamento della lira e nell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Tra le cause non viene citato il rischio terrorismo e la paura che produce la spettralità di una città apparentemente viva da secoli come ponte tra occidente e oriente. La lira turca ha perso oltre il 20% rispetto al dollaro e il 12,3% rispetto all’euro in un solo anno. Il peggioramento del cambio ha aumentato il prezzo di acquisto delle forniture estere e così è anche aumentata l’inflazione. Il prezzo dei prodotti alimentari ha inciso sull’aumento inflattivo perché legato alla forte variazione di alcune tipologie di prodotti agricoli che si è riflessa su tutta la filiera produttiva.
Il tasso di disoccupazione è cresciuto e il dato conferma che il ritmo di crescita dell’economia della Turchia, insufficiente ad assorbire nuova forza lavoro, si è bloccato. I dati sui giovani che per la prima volta entrano nel mercato del lavoro e sulla partecipazione delle donne, sono altri elementi che, essendo stagnanti, rivelano la sofferenza in cui si trova attualmente l’economia turca.
Il deficit delle partite correnti, problema storico dell’economia turca, non ha continuato nella diminuzione, come fino al 2015 dagli anni precedenti dello sviluppo e del boom, e quindi può essere considerato fuori controllo. La situazione relativa alla disciplina fiscale accanto a una solida politica monetaria e a un programma di riforme è cambiata dal tentativo di golpe seguito dalla vasta campagna di epurazioni e arresti.
Dunque si sono persi i principali pilastri del progetto economico turco.
Tasso di crescita medio composto annuo (CAGR) del PIL (%) - Prezzi costanti
Fonte: TurkStat
Negli ultimi dieci anni, quella turca è stata una delle economie emergenti in più rapida crescita.
Crescita annua media reale del PIL (%) 2003-2015:
Fonte: IMF World Economic Outlook, aprile 2016, TurkStat
Mentre l'economia turca è cresciuta in modo costante, anche le condizioni di vita sono migliorate in modo significativo. Il PIL pro-capite è aumentato dai 4.565 dollari USA del 2003 ai 9.261 del 2015. Anche il PIL pro-capite sulla base della parità di potere d'acquisto (PPP) è raddoppiato durante il periodo 2003-2015.
PIL pro-capite basato su PPP (dollari USA):
Fonte: IMF World Economic Outlook, aprile 2016
Davanti a grafici e schede che assegnano un quadro favorevole anche in prospettiva, si rimane turbati dalla consapevolezza che tutto è rallentato, anzi si è fermato. Che sorte puoi disegnare questa notte, mago? E quando sorgerà il giorno?