La situazione è drammatica ma nell’emergenza da contagio le differenze di classe si acuiscono. Da qui la necessità almeno di una lettura della fase che non ceda ai richiami dell'unità nazionale e del fronte comune contro il Coronavirus.
In questi giorni abbiamo toccato con mano la inaffidabilità dei sindacati complici. Poche ore dopo la dichiarazione di Conte, alla fine della settimana passata, e sotto la pressione di Confindustria, è emersa la volontà di non chiudere innumerevoli attività produttive ma anzi dilatare la lista delle attività indifferibili, rispetto a un’ipotesi concertata poche ore prima alla presenza dei sindacati e della stessa Confindustria.
Ancora una volta a prevalere sono gli interessi dei nostri industriali e la Cgil, per bocca di Landini, non ne esce bene dichiarando che gli accordi con il Governo erano altri, ossia quelli di limitare al massimo l’apertura di attività industriali e del terziario. Infatti innumerevoli giornali, osservatori ed esperti imputano la trasmissione del virus a tale apertura.
La Cgil aveva chiesto aiuto al Governo perché non riusciva più a contenere la protesta operaia, ma il Governo, dopo il richiamo di Confindustria, si è rimangiato molte concessioni e ha deciso di dare priorità agli interessi di Confindustria.
Quello che Landini omette di dire è la diffusione di scioperi spontanei, indetti da Rsu e dai sindacati di base, con la partecipazione pressoché totale dei lavoratori e delle lavoratrici, di fronte ai quali la stessa Cgil non ha potuto voltarsi dall’altra parte e ha dovuto minacciare lo sciopero generale.
Da qui a convocarlo la strada è lunga e, giorno dopo giorno, la situazione appare in continua evoluzione. Ragione per cui limitiamoci ad alcune considerazioni di carattere generale, non smentibili da decisioni assunte all'ultima ora.
Il capitalismo della sorveglianza sta mettendo in campo i droni per controllare i flussi dei cittadini, la colpa del contagio è quindi dei cittadini indisciplinati, di chi porta a spasso nei pressi di casa il cane o fa attività motoria in luoghi non affollati, non di quanti hanno deciso di mantenere aperte produzioni, industrie e magazzini laddove il contagio stava seminando vittime.
Non valgono niente le affermazioni degli esperti, secondo cui i maggiori pericoli di contagio avvengono nei luoghi chiusi e non nei parchi pubblici.
La colpevolizzazione dei cittadini è così costruita ad arte, per non parlare del ruolo della Corte dei Conti che vuole evitare di mettere sul banco degli imputati i responsabili dei tagli alla sanità, della chiusura di tanti ospedali, con la soppressione di migliaia di posti letto, e tanto meno i politici che hanno delocalizzato produzioni come quelle di disinfettanti, mascherine e altri dispositivi di protezione individuale.
Sul banco degli imputati sono invece altri, ossia le vittime di queste scelte: i lavoratori e le lavoratrici.
Focalizziamo l'attenzione su quanto accade nel comparto pubblico; parliamo di 3,2 milioni di uomini e donne.
Sono centinaia gli operatori sanitari positivi, in quarantena o in ospedale. Tra qualche mese stileranno le statistiche dei morti, morti che saranno sulla coscienza di chi ha ridotto la sanità pubblica a un colabrodo, di quanti ancora oggi lesinano fondi o si guardano bene dal requisire cliniche private moderne e ben attrezzate, preferendo allestire ospedali da campo non senza l'ausilio di Onlus.
La debacle del pubblico non sarà oggetto di inchieste della Corte dei Conti perché proprio la Magistratura contabile dovrebbe essere sul banco degli imputati in quanto scrupolosa sorvegliante del rispetto di tutte le regole dell'austerità imposte a un compiacente Stato centrale e a cascata a Regioni ed Enti locali.
Sempre in questi giorni la Corte lancia un monito ai dirigenti pubblici: attenzione a ciò che farete; se ci saranno lavoratori pubblici a casa retribuiti dovranno essere pochi e solo come estrema ratio; sia ben chiaro che di questi atti dovrete rispondere voi direttamente. E i Sindaci? E le Giunte? Evitino nei loro atti di assumere direttamente responsabilità che potrebbero portarli davanti alla giustizia contabile.
Sono migliaia i lavoratori e le lavoratrici non utilizzabili. Solo una piccola parte può fare lo smart working, vista l’organizzazione della nostra Pubblica Amministrazione. E tutti gli altri? Dato che la cassa integrazione per il Pubblico non esiste, consumino le loro ferie, vadano in permesso o in congedo, magari con decurtazioni salariali, l'importante è contenere la spesa pubblica in ottemperanza ai dettami dell’austerità.
Non conta la lotta alla pandemia. Quello che va privilegiato è il dettame della Ue. Ancora una volta a rimetterci saranno i lavoratori e le lavoratrici con il silenzio assenso dei sindacati complici.