Mentre esce il nostro giornale, sabato 14 dicembre si sta svolgendo una importantissima manifestazione che sta coinvolgendo una quantità enorme di forze sociali contro il DDL 1660, una legge liberticida che impone pesantissimi divieti al diritto di manifestare in tutte le sue forme: occupazioni di scuole, di fabbriche, azioni pacifiche finalizzate a far emergere, di fronte al silenzio assordante dei media, vertenze singole o generali, tute vengono punite con pene severissime che vanno dalle multe alla reclusione, alle intimidazioni sui posti di lavoro.
A nostro parere è importantissimo che questa mobilitazione ha visto un vasto raggruppamento di forze promotrici; il che dimostra una capacità di riunificazione di fronte ad un pericolo comune. La sinergia tra forze politiche e sociali anche diverse rappresenta una ritrovata forma di consapevolezza di fronte alle minacce in corso, poiché siamo del tutto consapevoli che le leggi restrittive alle presenti e future proteste rappresentano una forma di autoritarismo che è coerente con il tentativo da parte delle classi dominanti di risolvere le contraddizioni sociali, i problemi quotidiani che ogni giorno la maggior parte dei cittadini vivono attraverso una riduzione crescente degli spazi democratici. D’altro canto, il Governo Meloni, dopo due anni e mezzo di politiche decisamente antipopolari, comincia a manifestare delle contraddizioni e dei limiti profondi, visibili non solo ai suoi storici oppositori, ma a frange sempre più vaste del paese. Ciò è apertamente visibile dall’ammisibilità del quesito referendario sull’autonomia differenziata, nonché dai pareri della consulta e della Corte Costituzionale sulla legge stessa. L’acuirsi delle contraddizioni sociali può generare una nuova fase di conflittualità, un nuovo ciclo di lotte che può veramente mettere in difficoltà il Governo il quale risulta sempre più impopolare sia nella politica estera che in politica interna. L’appuntamento del 14 dicembre nasce da un’esigenza di unità che si è cominciata a manifestare nelle giornate di sciopero generale del 29 novembre e nella manifestazione in difesa del popolo palestinese svoltasi a Roma il 30 novembre. Il fatto, poi, che nello sciopero del 13 dicembre il ministro Salvini non sia riuscito a precettare i lavoratori del trasporto rappresenta un segnale di arroganza ma anche di debolezza di un ministro sopra le righe che usa tutti i mezzi a sua disposizione per scaricare sui lavoratori dei trasporti le pesanti responsabilità che ha il governo in questo settore.
In tutti questi casi la spinta all’unificazione delle mobilitazioni cominciava a manifestarsi ma si scontrava contro tendenze particolaristiche, opportunismi che impediscono di mettere in luce all’opinione pubblica, ma soprattutto al grosso dei lavoratori, il senso di un'azione di massa che possa porre realmente il governo di fronte a tutte le sue inadempienze, alla politica antipopolare che sta sistematicamente portando avanti da due anni e mezzo a questa parte ( a cui si aggiungono i due anni infernali del governo Draghi). Per mettere in difficoltà il governo Meloni bisogna essere credibili: gli scioperi generali debbono essere pochi, unitari ma incisivi e, soprattutto, non debbono correre il pericolo di mettere i lavoratori di un settore contro i lavoratori degli altri settori. E’ solo perseguendo l’unità, ricomponendo i diversi settori sociali che si muovono contro le politiche del governo che si può auspicare di essere credibili. L’azione di massa, poi, alimenta la fiducia delle persone di poter cambiare lo stato di cose esistenti e, soprattutto, permette ai lavoratori e ai cittadini di poter incassare anche le momentanee sconfitte attrezzandosi degli strumenti per contrastare l’attacco dell’avversario. Per fare questo bisogna saper fare un passo indietro, mettere da parte momentaneamente le soggettività politiche per farle vivere in un processo più di massa che abbia come obiettivo la caduta del governo per mezzo delle lotte sociali, nonché l’annullamento di tutte quelle leggi liberticide che inaspriscono la violenza e la repressione verso chi lotta. La manifestazione del 14 dicembre è un primo passo in questa direzione, la campagna referendaria contro l’Autonomia Differenziata un secondo importante passaggio. Queste due lotte rappresentano i presupposti stessi della battaglia sociale poiché definiscono il quadro giuridico, democratico, all’interno del quale si svolge lo stesso conflitto sociale; in un certo senso rappresentano dei presupposti che definiscono l’orizzonte politico entro il quale il conflitto si svolge ed è per questa ragione che presuppongono il massimo di unità possibile.