di Guido Capizzi
La politica sanitaria sembra un parente povero di cui è preferibile tacere nel dibattito pubblico; la stessa Unione Europea appare, da questo punto di vista, latitante, sebbene si tratti indubbiamente di una delle priorità per i cittadini di tutti i Paesi d’Europa.
BRUXELLES. E’ stata condotta un’indagine sulla “Salute nel dibattito politico” e si leggono risultati interessanti. Il tema è indubbiamente una delle priorità dei cittadini di tutti i Paesi dell’Unione Europea. La salute è anche un campo interdisciplinare che coinvolge addetti ai lavori, economisti, associazioni dei consumatori, sindacati e partiti. Intanto gli intervistati ritengono che sia la Francia il Paese con il miglior sistema sanitario del mondo, non soltanto per i francesi ma anche per chi, di altri Paesi, ha “provato” ad averne a che fare. Però, l'opinione pubblica ritiene che la salute sia la “Cenerentola” del dibattito politico pubblico. La salute, cioè, è un problema quasi mai menzionato nel dibattito politico o elettorale, sia per elezioni amministrative sia per le elezioni politiche.
La verifica viene dall’analisi delle recenti tornate elettorali in Paesi UE, compresa l’Italia.
Perché per la metà degli intervistati la gestione della previdenza sociale dovrebbe tornare al Ministero della Salute? Si stima una media del 55% del rimborso delle spese sanitarie a carico del paziente e quasi il 70% di rimborso complessivo se si aggiunge il supporto di un'assicurazione complementare.
Il 42% ritiene che il rimborso e il costo delle cure è la preoccupazione prioritaria, prima che le difficoltà di accesso alle cure (40%). Ci si aspetta l’incremento della nuova tecnologia, il problema della salute potrebbe essere una importante leva di azioni pubbliche e politiche. Insomma un sistema sanitario efficace e interdipendente è l’aspettativa di tutti.
Allora, le spese sanitarie sarebbero eccessive per l’Unione Europea? Qui entra in campo il programma politico dei partiti, facendo attenzione alla convergenza e all’accelerazione delle riforme “liberali” nell'Unione Europea e negli altri Paesi dell'OCSE. Queste riforme si potrebbero riassumere in due termini: mercato e privatizzazioni. Dunque, ri-orientare e sviluppare le spese sanitarie per soddisfare le nuove necessità di salute richiede in primo luogo sottolineare che le spese sanitarie costituiscono non un “peso” come pretende la teoria dominante, ma un fattore di sviluppo economico e sociale. Si alzeranno, in correlazione con il livello di sviluppo, l'invecchiamento della popolazione, il progresso tecnico medico, la necessità di uscire dalle disuguaglianze sociali e regionali di salute. La valutazione delle necessità di salute dovrebbe essere effettuata da tutte le parti sociali più vicine al territorio.
Si auspica la costituzione a livello UE degli “Stati generali della salute”. Occorrerebbe uscire dalla crisi della demografia medica e paramedica, emanciparsi dal razionamento contabile e dalle riforme liberali che soffocano gli ospedali pubblici e il sistema sanitario interdipendente intero. Il sistema europeo “unificato” dovrà essere orientato di nuovo verso la prevenzione, particolarmente i rischi ambientali o legati alle condizioni di lavoro.
Occorrerà attaccare i profitti dell'industria farmaceutica, spesso multinazionale.
Ciò implicherebbe un controllo pubblico e sociale sulle gestioni delle imprese farmaceutiche; scelta delle ricerche, delle medicine da mettere sul mercato, una politica dei volumi e dei prezzi. Una comune riforma ospedaliera, in direzione democratica ed efficace da far partire dalle proposte degli attori stessi, coinvolgendo anche gli utenti. Confidiamo che il Gruppo della Sinistra europea sappia rispondere nel Parlamento UE e sostenere una riforma sanitaria che ponga al primo posto la dignità delle persone.