Il grande collettivo del partito - Parte II

Seconda parte del capitolo del libro di Alvaro Cunhal dedicato al lavoro collettivo dei militanti.


Il grande collettivo del partito - Parte II Credits: Renato Guttuso - Funerali di Togliatti, 1972

Seconda parte del capitolo del libro Il Partito dalle pareti di vetro di Alvaro Cunhal, qui di seguito tradotta in italiano, dedicato al lavoro collettivo dei militanti e della direzione politica del PCP.

traduzione a cura di Annita Benassi

segue da parte I

Formazione del nucleo dirigente e continuità della direzione

In un partito con lunghi anni di attività il nucleo dirigente risulta da una prolungata e complessa evoluzione.

La lotta opera nel corso degli anni una selezione costante, nella quale le prove più differenti e le esperienze di lavoro provocano la presenza nella direzione di un nucleo di compagni che, come è normale, sono di regola i più capaci, quelli con più esperienza, i più fermi, i più impegnati. Intanto, in un partito come il nostro, soggetto alle persecuzioni più brutali nel corso di 48 anni, le condizioni di clandestinità e la repressione provocarono, per molti anni, grandi e immediate alterazioni negli organismi di direzione centrale, con conseguenze negative per la continuità del lavoro.

Posto il fatto che il Segretariato fu, dal 1926 al 1943, praticamente l'unico organismo della direzione centrale e anche dopo questa data continuò ad essere l'organismo di più alta responsabilità nel lavoro esecutivo, i colpi ripetuti nel Segretariato ruppero numerose volte la continuità della composizione della direzione superiore del Partito e provocarono in alcuni casi una rottura effettiva nello stesso lavoro di direzione. Fu ciò che accadde nel 1935 e nel 1938 con l'arresto di tutti i membri del Segretariato e nel 1942, 1949 e 1961 con l'arresto di metà dei suoi membri.

Il tempo massimo in cui un Segretariato del Partito è riuscito a funzionare con gli stessi componenti senza essere colpito dalla repressione fu di poco più di 6 anni, dalla fine del 1942 al 1949, essendo questa stabilità un fattore altamente favorevole allo sviluppo del Partito in questo periodo. La decisione, presa nel 1961, di mantenere una parte del Segretariato all'estero, contribuì in modo decisivo all'ulteriore continuità e alla maggiore stabilità del lavoro di direzione. In questo complesso processo, si andò formando, composto da un numero apprezzabile di compagni, un nucleo dirigente con una stabilità maggiore di quella degli organismi superiori del Partito, ripetutamente colpiti dalla repressione. Fecero parte di questo numero compagni che, o arrestati o liberati o riuscendo a fuggire dalle prigioni, si “riversarono” a turno negli organismi superiori di direzione.

Così fu possibile, nonostante la repressione e in modo particolare i colpi che subì il Segretariato, una relativa stabilità e continuità di direzione a partire dalla riorganizzazione del 1940-1941.

È altrettanto necessario tener conto che ci possono essere due tipi di stabilità di direzione. La stabilità può essere estremamente negativa se risulta da immobilismo, da routine, dalla messa a riposo della direzione per un insieme di compagni che, per un motivo o per un altro, conservano illegittimamente “il potere” con spirito di gruppo o di corrente.

La stabilità della Direzione del Partito è tuttavia un bene prezioso, quando si verifica uno sviluppo positivo dell'attività senza crisi né rottura. Costituisce anche una prova di maturità e un'acquisizione storica.

I fattori di stabilità e il rinnovamento

La continuità della Direzione e la stabilità del nucleo dirigente derivano da vari fattori.

In primo luogo dalla giusta linea politica, comprovata dalla pratica e dall'inesistenza di gravi errori di direzione. Se questo fattore non si verifica, il Partito finisce inevitabilmente per esigere e imporre modifiche nel nucleo dirigente, significa crisi e scissione.

In secondo luogo, è importante fattore di stabilità del nucleo dirigente la capacità creativa e innovatrice necessaria per rispondere ai nuovi problemi e alle nuove situazioni, trovare le soluzioni giuste, definire i compiti concreti, individuare deficienze ed errori e correggerli prontamente. Se questo fattore non si verifica, la Direzione cade nella routine, non solo si commettono errori, per quanto questi si aggravano anche e, prima o poi, si impone la necessità della sua sostituzione o alterazione profonda.

In terzo luogo, è importante fattore di stabilità il lavoro collettivo di direzione e la compattezza della direzione. Se questo fattore non si verifica, si evolve, o verso il culto della personalità o verso conflitti e divisioni, provocando, in un caso o nell'altro, una inevitabile rottura della stabilità del nucleo dirigente.

In quarto luogo, è importante fattore di stabilità il legame della Direzione a tutto il Partito, la comprensione giusta del lavoro della Direzione e dell'intervento dei militanti nell'ambito di una vasta democrazia interna. Se questo fattore non si verifica, allora, prima o poi, la rottura della continuità e della stabilità sono inevitabili.

Infine, il fattore essenziale per la stabilità della Direzione è il suo stesso e progressivo rinnovamento. L'importanza di questo fattore giustifica che gli si dedichi un'attenzione più dettagliata. La sua importanza è tale che si può dire che la stabilità della Direzione e del nucleo dirigente non solo è compatibile con il rinnovamento ma ne dipende largamente. Se il nucleo dirigente non si rinnova con l'entrata di nuovi quadri – si cristallizza in una Direzione chiusa alla trasformazione dei tempi, alle nuove realtà – arriva un momento in cui si impone un rinnovamento immediato, a volte quasi totale, molte volte in situazione di crisi e di instabilità.

Il rinnovamento progressivo, senza fratture, corrispondendo e rispondendo alle necessità del lavoro del Partito, è stato uno dei fattori determinanti della stabilità del nucleo dirigente nel nostro Partito.

L'esame della composizione del Comitato Centrale del PCP eletto nel X Congresso, realizzato nel dicembre del 1983, è rispetto a ciò chiarificatore. In un totale di 165 membri elettivi e supplenti, ce ne sono 25 fino a 30 anni, 107 da 30 a 50, e solo 33 con più di 50. L'età media è di 41 anni.

La distinzione tra effettivi e supplenti illustra il rinnovamento. Rispetto ai membri effettivi ce ne sono 7 fino a 30 anni, 54 da 30 a 50, e 30 con più di 50. L'età media è di 36 anni.

Il corretto rinnovamento esige una comprensione chiara del valore dei quadri, con apprezzamento delle capacità, nuove esperienze, energie rivoluzionarie e potenzialità dei quadri che si vanno rivelando nella lotta.

Relativamente ai dirigenti più vecchi, che costituiscono una grande ricchezza che è interesse del Partito difendere e valorizzare, è necessario, da un lato, approfittare per quanto è possibile delle loro grandi capacità e della loro grande esperienza, e d'altro lato, avere il coraggio, che a volte solleva delicati problemi umani, di sostituirli nell'esercizio delle loro funzioni, sia quando l'età, la salute, la perdita di capacità ed energia impediscono che le svolgano correttamente, sia quando quadri più giovani, mostrano più capacità e condizioni per svolgerle.

Relativamente ai quadri più giovani, è necessario, da un lato, valutare con cura le loro qualità, il bilancio delle loro attività, la loro reale esperienza; è necessario, da un altro lato, dar loro coraggiosamente piena possibilità di svolgimento in modo da poter dimostrare nella pratica di un lavoro di direzione le loro reali potenzialità.

In una direzione che abbia acquisito grande stabilità, il pericolo maggiore è l'arresto della chiamata dei quadri più giovani. La chiamata di quadri giovani è una legge naturale della vita e dello sviluppo del Partito. L'essere umano invecchia per legge di natura. Il Partito non può invecchiare.

15/04/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Renato Guttuso - Funerali di Togliatti, 1972

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Annita Benassi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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