Il merito? Una variabile derivata. La meritocrazia? La negazione del merito.Nel pamphlet di Carmelo Albanese “Il feticcio della meritocrazia” tutti i paradossi dell’ideologia meritocratica. L’autore, in modo logico-formale, ne dimostra l’inconsistenza, paragonando la meritocrazia a una religione.
di Alba Vastano
“Da ognuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo i propri bisogni” (Karl Marx)
“Nessuna società fondata sul merito può sopravvivere. Meno mai che mai può farlo se ricorre alla meritocrazia”. Così nella premessa del libro di Carmelo Albanese, edito dalla Manifesto libri, presentato il 20 dicembre da Fabio Sebastiani che ha intervistato l’autore, presso la “BiblioGramsci” (circolo Prc Tufello). “Il feticcio della meritocrazia” un saggio di logica pura e talmente illuminante che leggendolo tutto (e occorre impegnarsi) non si può che condividere “in toto”. E verrebbe anche voglia di issare la bandiera della rivoluzione contro le politiche “made in Italy”, che nell’ultimo decennio, almeno, “hanno esclusivamente premiato il de-merito e valorizzato sistematicamente l’incapacità individuale”. Cos’ha prodotto il sistema meritocratico in atto? Corruzione e prepotenza e ne siamo sommersi. E ce lo vorrebbero far passare per buono, per utile, per giusto.
In un’articolata elucubrazione logico-formale, Albanese spiega nel suo saggio le differenze fra attitudine e merito e come una società basata sulla meritocrazia può finire alla deriva, sfociando necessariamente nella corruzione. Ha attitudine talentuosa un artista, uno scrittore, un politico, un medico e via dicendo, che riesce a fornire un valido contributo alla comunità. Ed é un riconoscimento oggettivo, al di fuori di ogni variabile legata a tempo luogo e contesto.
Albanese: “Il fatto che la valorizzazione e l’utilizzo delle capacità individuali, secondo le inclinazioni personali, non sia stato messo in pratica nelle nostre comunità è una forma di delirio particolare. Un drammatico incidente di percorso lungo la via del buon senso”. Nel saggio una serie di ragionamenti concatenati abilmente, seguendo l’iter di una logica inchiodante, assioma e verifica, a dimostrare quanto il merito sia un’invenzione e la meritocrazia una mera religione, l’unico pseudo valore che può indurre a crederci. Cosa s’intende per merito? “In una comunità-spiega lo scrittore- si decide di realizzare un progetto e si constata la bravura di un partecipante. La follia è pensare che su questa constatazione si possa impostare qualcosa di strutturato. Che su quel merito particolare si possa costruire il sistema di reclutamento degli insegnanti o dei baristi. Il merito, infatti non può essere un valore assoluto, ma una variabile”.
E ad avvalorare questa tesi l’autore indica tre variabili di base: il tempo, lo spazio e la comunità di riferimento. Il meritevole lo é in quel tempo, in quel luogo e per quella comunità. Nessuno può dare certezza dello stesso merito in situazione diversa. Le variabili sono infinite e quindi il merito é un valore relativo. L’autore affronta il tema della “religiosa”meritocrazia, smontando le credenze con la medesima logica. Dal merito una comunità di giudici imposta delle regole per farne una struttura sociale. Ma chi giudica la meritevolezza dei giudici? Un’altra commissione? E si dovrebbe procedere così all’infinito senza mai ottenere un valore assoluto. Ne deduce l’autore, dopo inconfutabili assiomi, che la meritocrazia é una fede a cui bisogna credere indipendentemente dalla ragione e inevitabilmente porta alla corruzione “Nei sistemi meritocratici trionfa solo la categoria statica e inviolabile del potere. Nelle società meritocratiche il potere viene conferito a certi individui attraverso il premio al merito, supposto ma non reale perché considerato costante e non variabile. Gli individui a cui viene dato il premio al merito, inizialmente sono stati meritevoli di qualcosa in un certo contesto riferito a delle variabili, ma poi entrano nel meccanismo meritocratico dimenticando il merito”.
È sicuramente, quella di Albanese un’analisi del merito e della meritocrazia quanto mai calzante sul nostro sistema sociale a liberismo avanzato che valorizza il merito strutturale fino a farne un punto cardine in Italia e in tutto l’Occidente.
Come uscirne? Un consiglio dell’autore: “Molto semplice. Basterebbe usare il cervello”!