Ci siamo. Con l’avvio della campagna elettorale saremo sommersi dai sondaggi, uno strumento d’informazione ai cittadini, spesso mendace, che sposta l’asticella delle preferenze sulle intenzioni di voto, ma non sempre è corrispondente alla reale opinione di tutti gli elettori. Il sondaggio elettorale oggi è più che altro uno strumento di ingiunzione atto a favorire questo o quel partito o quella coalizione.
Chi ha più potere ha più soldi e chi ha più soldi e li investe in sondaggi è favorito nelle proiezioni/slide che appaiono sui monitor o su carta stampata, occupando sempre i primissimi posti nelle classifiche. Se l’azione demoscopica fosse reale e coinvolgesse tutti gli elettori non si sarebbero rilevati gli imprevisti, enormi scarti di percentuali, rispetto a quelli dati dai sondaggi, nelle ultime battaglie elettorali e nell’ultimo referendum del 4 dicembre, conclusi con vittorie plebiscitarie.
I sondaggi elettorali, strumenti d’informazione molto attesi e seguiti in fase pre-elettorale dagli elettori e anche dagli astensionisti, spesso si rivelano falsati e fittizi. Fanno gioco ai candidati e ai rispettivi partiti nella corsa alle poltrone e per lo più non sono reali. Anche perché nelle percentuali espresse nelle intenzioni di voto non si tiene conto del forte astensionismo e si tirano le somme, espresse in percentuale, su una campionatura esigua di intervistati. I sondaggi, quindi, ingannano e sono il più avanzato sponsor dei partiti.
Altro aspetto ingannevole del sondaggio è che mira a sedurre gli astensionisti e gli indecisi. In effetti le slide che appaiono sui monitor con i due partiti , indicati come i preferiti e in pole position permanente, sono uno strumento di ingiunzione per un convincimento, anche estremo, a votare chi si trova in cima alla proiezione e rimandano l’idea di essere imbattibili dalle altre liste in campo. Quindi, in caso di convincimento a dare un voto qualsiasi, perché basta votare, perché si dovrebbe dare il voto a un partito dato per spacciato e non a quello che, invece, va per la maggiore. (Infine “sono tutti uguali”)?
In realtà, la beffa del sondaggio è presto svelata, perché ad aver espresso l’intenzione di voto è l’1% degli elettori, o poco più. I sondaggi in campagna elettorale sono quindi mistificanti e pericolosi. Un business pagato e strapagato da chi detiene più fondi ed è supportato e spesso manipolato da gruppi di potere dominanti per costruire su misura i nuovi governi e “piazzare” per la nuova legislatura i governanti che rispondono e si conformano ai voleri dell’Europa, del neoliberismo e dei mercati mondiali.
Eppure i sondaggi elettorali devono attenersi a precise norme stabilite nella Legge 28/2000 sull’imparzialità delle informazioni in campagna elettorale. Legge che nasce a seguito dell’ingresso in politica di Silvio Berlusconi. Parliamo della fase pre-elettorale del 1994, in cui esplode il Berlusca-sondaggio che ha determinato ampie preferenze e consensi a suo favore, sì da tenerlo rampante per 20 anni nei palazzi del potere. Sondaggi e overdose di presenze in tv favorirono sicuramente la sua ascesa al governo del Paese. Da allora i sondaggi sono inarrestabili e, pur regolati dalla legge specifica sull’informazione, sono utilizzati a tambur battente, non solo come dovrebbero essere, ovvero come strumento di analisi e termometro dell’opinione pubblica, ma soprattutto, specie in campagna elettorale, come strumento di comunicazione politica per ottenere consensi dagli elettori.
Considerando che l’Italia, almeno nell’ultimo ventennio, è in perenne campagna elettorale, la quantità dei sondaggi è esponenziale. Ѐ in atto una sorta di deriva “sondocratica”. Si resta sedotti nelle scelte di voto per questo o quel Partito dai risultati che agenzie che lavorano per i media mainstream gettano a raffica nei più gettonati canali. Spesso agenzie di sondaggi, strettamente connesse a reti televisive contravvengono alla legge 28/2000 che stabilisce la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie, inviando il sondaggio che favorisce un partito o l’altro di opposizione.
Così come le reti televisive favoriscono l’eterna presenza di un candidato leader, oscurandone sempre altri di coalizioni non in linea politica con gli Ad di quella azienda. In pieno conflitto con l’articolo 4- comma b “Comunicazione politica radiotelevisiva e messaggi radiotelevisivi autogestiti in campagna elettorale” dove la legge sancisce la pari opportunità di spazi “per il tempo intercorrente tra la data di presentazione delle candidature e la data di chiusura della campagna elettorale, gli spazi sono ripartiti secondo il principio della pari opportunità tra le coalizioni e tra le liste in competizione che abbiano presentato candidature in collegi o circoscrizioni …”
Storia dei sondaggi elettorali
Per risalire alla nascita dei sondaggi elettorali occorre risalire al secolo XIX, negli Stati Uniti d’America. L’occasione venne offerta dalle elezioni presidenziali del 1824. Fu un piccolo quotidiano locale della Pennsylvania ad avviare il sondaggio fra i suoi lettori, chiedendo la preferenza elettorale fra candidati. Quel primo sondaggio elettorale venne denominato “straw poll o straw vote” (sondaggio o voto di paglia), per evidenziare l’inutilità della consultazione, tant’è che vi furono incluse anche le donne che, all’epoca, non avevano ancora diritto al voto. Da allora gli straw polls vennero utilizzati per ogni campagna elettorale, riscuotendo un grande interesse sia sui media dell’epoca che sugli elettori che consideravano questo strumento la possibilità di esprimere le proprie opinioni e di sentirsi parte del sistema politico, di cui era difficile all’epoca sentirsi parte (ndr, ad oggi nulla è cambiato, se non la manipolazione dell’informazione).
Sarà solo agli inizi del XX secolo, e sempre negli Usa, che i sondaggi acquisiranno validità scientifica. Nascono le prime agenzie di indagini demoscopiche, volte alla raccolta di opinioni. I primi committenti furono aziende, ma anche giornali. La prima testata a commissionare un sondaggio fu il “Literary Digest”. La questione posta era il proibizionismo. Fu un successo. Vi fu una grande partecipazione e ne derivò un forte interesse popolare. In seguito questa modalità si diffuse anche in Europa interessando l’Italia, sotto il regime fascista. Tant’è che il duce incaricò l’ambasciatore italiano a Washington di aggiornarlo periodicamente sulle campagne elettorali in Usa. Mussolini adotta lo stile dei sondaggi per monitorare l’opinione pubblica americana, quando i rapporti con gli Usa si fanno critici, a seguito della campagna d’Etiopia e l’alleanza con Hitler. Durante il regime fascista i sondaggi d’opinione non vennero mai utilizzati per raccogliere le opinioni degli Italiani sul fascismo, anche se il ducetto aveva molto a cuore il consenso del popolo, ma risolveva la sua esigenza in altro modo. Una rete di informatori agli ordini di Mussolini controllava costantemente la vita dei cittadini. In questo modo il capo del fascismo traeva le sue informazioni sul consenso, tralasciando così di mettersi in discussione. Sapeva bene che i dissenzienti sul regime non avrebbero potuto esserlo a lungo.
Il primo vero sondaggio d’opinione italiano avvenne nel gennaio del 1944. Fu per iniziativa del sociologo Stuart Dodd. Fu subito dopo lo sbarco degli alleati e servì a raccogliere le opinioni e le esigenze dei cittadini per tentare la ricostruzione politica ed economica di un paese devastato dal fascismo e per tentare di riportare la democrazia in Europa. E nell’immediato dopoguerra, nel ‘46, a Milano, nasce la Doxa (opinione), il primo istituto per sondaggi demoscopici in Italia, ma non trova il consenso del governo, che resta dubbioso sulla validità dei sondaggi. Il 2 giugno il fondatore, Luzzatto Fegiz, propone alle maggiori agenzie di stampa un sondaggio d’opinione sul referendum, ma venne respinto, perché “troppo esoso” dissero. Fegiz riuscì a strappare un contratto con “Il Sole” e con “Il giornale dell’Emilia”, ma solo per provocare un effetto band wagon, essendo testate schierate per la monarchia. Ma il prudente Fegiz, all’inizio della sua carriera di sondaggista, per salvare il suo istituto si attenne alla reale opinione degli intervistati, riportando fedelmente la volontà degli Italiani.
Ed oggi i più accreditati sondaggi mainstream sono ad opera di Pagnoncelli, amministratore delegato della Ipsos-Italia. Nando Pagnoncelli è un esperto in materia di sondaggi d’opinione. Nel suo saggio “Le opinioni degli italiani non sono un’opinione” scrive: “L'analisi dell'opinione pubblica assume un ruolo sempre più significativo nelle società moderne perché ne determina le scelte politiche, istituzionali ed economiche. Il rischio, però, è che i sondaggi e le ricerche di mercato divengano mezzo di persuasione più che di spunto, che finiscano per "creare" quelle opinioni che avrebbero dovuto esclusivamente misurare”. E se lo dice lui!
Fonti bibliografiche:
“Opinioni in percentuale”- autore: Nando Pagnoncelli- edit. Laterza
“Le opinioni degli Italiani non sono un’opinione”- autore Nando Pagnoncelli –ed. La scuola
“Il sondaggio” – Paolo Natale – Editore Feltrinelli
“I sondaggi” – Mauro Barisione- Renato Mannheimer- ed. Il Mulino
“Storia del sondaggio d’opinione in Italia”- Sandro Rinauro- ed. Istituto veneto di Scienze