Dalla Svizzera a New York per costruire ponti

Un documentario premiato alle Giornate cinematografiche di Soletta narra la storia dell’ingegnere svizzero che realizzò ponti a New York.


Dalla Svizzera a New York per costruire ponti Credits: da Wikipedia - New York City Verrazano-Narrows Bridge

ZURIGO. Alle Giornate Cinematografiche che si svolgono a Soletta in Svizzera e che sono un importante appuntamento per film e documentari televisivi, quest’anno il pubblico ha tributato al regista Martin Witz il premio per il lungo documentario dedicato alle vicende umane dell’ingegnere Othmar Ammann che a New York ha progettato e costruito numerosi ponti sospesi della città. Non solo: egli ha pionieristicamente modificato la modalità di realizzarli.

Ammann nasce nel nord della Svizzera a Feuerthalen nel 1879, si laurea al Politecnico di Zurigo nel 1902 e due anni dopo sbarca a New York. Nel 1905 sposa Lilly Wehrli. Passano 19 anni e diventa cittadino statunitense. Nel 1925 New York e New Jersey avviano la costruzione del George Washington Bridge che viene inaugurato nel 1931. Morta la moglie, due anni dopo sposa Kläry Nötzli. Si dedica alla progettazione di ponti sospesi, la sua specializzazione. Nel 1959 cominciano i lavori per il ponte di Verrazzano, inaugurato nel 1964, anno in cui Ammann riceve la National Medal of Science dal presidente Lyndon Johnson alla Casa Bianca. Muore a New York nel 1965.

Il documentario premiato dal pubblico a Soletta è intitolato “Gateways to New York” e racconta la vicenda umana di questo svizzero negli Stati Uniti. Il regista è Martin Witz e nella sua ricerca ha trovato numerosi particolari, come quello che ci descrive: "All'inizio non voleva emigrare in America; voleva andarci solo per fare qualche praticantato. Il suo professore lo segnalò come studente di grande talento e gli disse che avrebbe imparato di più in uno o due anni in America di quanto avrebbe appreso in dieci anni in Svizzera, così ci andò e ci rimase per sempre".

Ebbe subito successo professionale. Continua a raccontare Witz: "Parlava diverse lingue, aveva una formazione all'ETH di Zurigo ed era stato molti anni primo assistente di Gustav Lindenthal, l'ingegnere più in vista del tempo. Inoltre, servivano ponti!" 

Insomma, come ci racconta un collega di Swissinfo.ch riprendendo dettagli del regista, Ammann capitò al posto giusto nel momento giusto. Nei primi anni del XX secolo, soprattutto negli anni Venti, con il boom della motorizzazione, si sviluppò l'urbanizzazione e crebbe la società dei consumi. 

"Benché il suo aspetto e il suo comportamento fossero molto ‘svizzeri’ -era modesto, un po' schivo e forse anche un po' secchione - conosceva perfettamente le sue possibilità e sapeva come coglierle. Aveva queste due facce: timido ed educato, ma anche determinato", dice Witz. 

Fu così che ottenne i lavori migliori, accompagnati da crescenti responsabilità e nel 1925 ebbe l'opportunità di progettare il George Washington Bridge, il ponte che attraversa il fiume Hudson e collega il quartiere di Washington Heights a Manhattan con Fort Lee nel New Jersey. Quando venne inaugurato nel 1931 la sua campata di 1067 metri lo fece diventare il primo ponte sospeso a superare il chilometro tra i due appoggi. Ancora oggi è il ponte sospeso con il maggior numero di corsie di traffico - 14, su due livelli – e rimane il più trafficato al mondo - oltre 100 milioni di veicoli lo percorrono ogni anno. 

"Il pionieristico contributo portato da Amman col suo primo ponte, il George Washington, fu l'estensione del limite di campata. Lo raddoppiò", ha spiegato al collega Thomas Stephens di swissinfo.ch il professore di ingegneria strutturale Tom F. Peters. Prima il record era dell'Ambassador Bridge tra il Michigan e l'Ontario: 564 metri. 

"Si possono evidenziare diversi aspetti della sua impresa. Il primo è che spostò  il luogo di costruzione, permettendo di contenere i costi, poiché distruggere una vasta parte della città per realizzare le rampe d'accesso sarebbe stato controproducente e finanziariamente proibitivo", rievoca Peters, che appare in Gateways to New York “Il secondo aspetto è che costruì, in una prima fase, un ponte leggero con un solo piano e quattro corsie, che potesse poi essere esteso e perfino duplicato con un piano inferiore da aggiungere in seguito, se necessario". 

"Questo considerare il ponte nel suo ciclo di vita e non come un singolo, istantaneo e monumentale sforzo è una soluzione ‘svizzera’. Viene dalla tradizione militare: gli ufficiali del Genio venivano di solito reclutati tra i giovani ingegneri civili, e inoltre i militari non sono istruiti soltanto a costruire ponti, ma anche a distruggerli". 

Peters sottolinea che la formazione al Politecnico di Zurigo è stata influenzata da questo approccio alla costruzione che considera il ciclo di vita, ciò che non è concettualmente sostenuto da altre culture ingegneristiche. Peters evidenzia anche l'eleganza di tutti i progetti di Ammann. "In un modo tipicamente svizzero, si sforzava di ottenere semplicità e chiarezza nella progettazione e nel calcolo. Questa era sia una caratteristica sua personale, sia culturale". 

Lo svizzero Le Corbusier, pioniere dell’architettura moderna, fu estimatore di Ammann: "Il George Washington Bridge sul fiume Hudson è il più bel ponte del mondo", scrisse in ”Quando le cattedrali erano bianche nel 1937. 

"Fatto di cavi e travi d'acciaio, splende all'orizzonte come un arco rovesciato. È l'unico luogo di grazia in una città disordinata. Quando la tua auto sale sulla rampa le due torri si alzano così in alto da portarti alla felicità; la loro struttura è così pura, risoluta, regolare che qui, in definitiva, l'architettura d'acciaio sembra sorridere". 

Il regista Witz, che ha fatto bene a realizzare un documentario lungo – non i 25 minuti previsti dal concorso cinematografico di Soletta, ma 90 minuti - mette in evidenza che l'aspetto nudo e moderno che tanto piaceva a Le Corbusier fu, in realtà, imposto ad Ammann dalla grande depressione, periodo che colpì negli anni della sua costruzione e gli richiese un forte risparmio di denaro. Così dovette rinunciare alla progettata struttura in pietra, lasciando visibile lo scheletro d'acciaio. 

"Dopo questa benedizione da parte di Le Corbusier, Ammann capì di poter ridurre la forma a beneficio delle esigenze ingegneristiche e dell'uso", sostiene Witz. "Era libero, non doveva più preoccuparsi dei lavori". 

‘Ammann di New York’ : nei successivi 35 anni Ammann progettò molti dei più famosi ponti che collegano New York City al resto degli Stati Uniti.
 

Fu così che proprio perché i suoi ponti non erano soltanto famosi che Ammann diventò una stella negli Stati Uniti. "La sua fama si rifletté in Svizzera", sostiene Witz. "Era il nostro uomo in America, colui che ce l'aveva fatta. Era largamente conosciuto e ammirato dalla generazione dei miei nonni. Era ‘Ammann a New York'. Come il tennista Federer oggi". 

Non dimenticò il suo Paese e un paio di volte all’anno trascorreva giorni a Pontresina e Zermatt.

Ebbe tre figli - una femmina e due maschi. "Aveva un modo molto disciplinato di lavorare" - dice Witz - Andava al lavoro presto al mattino e smetteva alle cinque del pomeriggio. Tornato a casa, si occupava del giardino e giocava con i bambini. Era un marito affettuoso". 

Nel film presentato a Soletta e presto nel circuito USA, la figlia Margot, intervistata spiega come i suoi genitori avessero un appartamento nel Carlyle Hotel di Manhattan con finestre a nord, est e ovest. "Ogni sera, prima di andare a letto, suo padre diceva ‘Devo dare la buonanotte alle mie ragazze’ e guardava verso il George Washington Bridge e poi giù verso il Ponte di Verrazzano". 

Chiedendogli quale ponte di Ammann preferisca, il regista Witz risponde: “il ponte di Verrazzano, che ha una luce massima di 1298 metri, è una struttura bella e imponente, profondamente elegante". Va rammentato che Ammann aveva 80 anni quando cominciò a costruirlo e sapeva che sarebbe stato il suo capolavoro di bellezza. Morì l'anno dopo l'apertura. 

Nel 1934 il New Yorker scrisse: "È un peccato che Ammann non possa vivere altri 100 anni, perché potrebbe costruire un ponte che attraversi l'oceano". 

20/04/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: da Wikipedia - New York City Verrazano-Narrows Bridge

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L'Autore

Guido Capizzi

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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