Considerazioni attuali sulle Considerazioni Inattuali n.60
Contro l'esprit de la Republique della marcia di Parigi non solo islamofobi e razzisti ma anche progressisti della sinistra estrema, complottisti e poi i soliti confusionali.
di Lucio Manisco
Chiediamo venia ai nostri pochi lettori per una breve e insolita nota personale.
Predicare ai convertiti non ha mai soddisfatto chi scrive che nella sua lunga carriera di giornalista tra un licenziamento e l’altro ha sempre tratto motivo di compiacimento da critiche, attacchi e anche insulti personali provocati dai suoi interventi. Un vizietto contratto da quando poco più che ventenne lavorava a Londra per la BBC, coltivato per decenni da corrispondente all’estero per un quotidiano della provincia romana, della RAI-TV e culminato infine da parlamentare italiano ed europeo di Rifondazione Comunista e direttore di Liberazione, incarico questo da cui si dimise con gran disappunto dell’allora segretario del partito e di Armando Cossutta che amava chiamarlo “il compagno signor no”. Nel bene e nel male l’anticonformismo, la controinformazione ed un ribellismo genetico, spesso inefficace in quanto a trecentosessanta gradi, hanno contraddistinto e continuano a contraddistinguere ogni sua attività. Punto e a capo.
Considerazioni inattuali n.60, “A Parigi lo spirito di Voltaire e della Rivoluzione Francese. A Roma lo sciopero dei vigili urbani e i tafferugli tra i tifosi del derby”, ha provocato numerose reazioni, troppo numerose date le poche centinaia di destinatari e-mail e l’abbandono per la pigrizia di un ottuagenario del web site www.luciomanisco.eu.
Tralasciamo quelle positive, addirittura entusiastiche, dei già “convertiti” e sorvoliamo su quelle degli islamofobi, razzisti, leghisti e fascisti, motivo di compiacimento in quanto come di consueto avevamo centrato il bersaglio: la contrapposizione tra l’esaltante marcia di Parigi e le squallide esibizioni, quella stessa domenica, dei vigili in sciopero e dei tifosi della Roma e della Lazio hanno tra l’altro scatenato le escandescenze di un vigile e di tre laziali!
Meritano invece attenzione, in quanto ci hanno sconcertato, i giudizi negativi di amici di una vita, intellettuali o meno, ex compagni di sinistra passati ad una sinistra estrema che hanno fatto del complottismo ad oltranza un impegno totalizzante, un atto di fede: e non si tratta dei razionalizzanti “Je ne suis pas Charlie”.
Hanno citato tutti Giulietto Chiesa che in un intervento televisivo a poche ore dalla strage dei redattori del settimanale francese ha dichiarato che si è trattato di un complotto della CIA e di averne le prove.
Giulietto Chiesa è stato uno dei migliori giornalisti italiani, le sue corrispondenze da Mosca su La Stampa e i suoi saggi sull’implosione dell’Unione Sovietica hanno fatto testo ieri come oggi. Poi sull’attentato del 9/11 alle due torri ha cambiato registro e sulle lacune, contraddizioni e cause tutt’altro che chiarite della versione ufficiale del crollo dei due grattacieli ha imbastito la tesi certa, indiscutibile del complotto della CIA e se ricordo bene del Mossad. Chi lo ha seguito su questa strada aveva ad esempio denunziato Assange come un provocatore al soldo dei servizi e le rivelazioni di WikiLeaks come marginali o fittizie.
Tra e-mail, telefonate e messaggi scritti lasciati al mio indirizzo una dozzina di questi Chiesastici ci hanno accusato di avere deliberatamente ignorato in Considerazioni Inattuali n.60 anche la sola ipotesi di un patrocinio e di un supporto finanziario della “Sureté” e della Intelligence USA agli assassini nella sede di Charlie Hebdo e pertanto, con un improvviso salto mortale di essere diventati sostenitori del grande impero d’Occidente insieme ai due milioni di parigini, drogati dalla propaganda, che avevano invaso i boulevards della capitale. Il sonno della ragione, come aveva intitolato Goya una serie delle sue famose incisioni, crea dei mostri.
Non è un mostro Marie-Ange Patrizio, intellettuale francese di sinistra, una vera amica e non solo perché ha tradotto molti dei nostri scritti divulgati dal Reseau Voltaire, ma anche e soprattutto per affinità culturali, sociali e politiche. Ci ha comunicato da Marsiglia che non abbiamo capito nulla della marcia, che Voltaire non c’entra niente e tout court che Charlie Hebdo “è un giornale di merda”.
La risposta di un paese, l’Italia, dove si avverte ogni giorno allarme e preoccupazione per la libertà di espressione, dove cioè si teme che possa un giorno lontano tornare.
Charlie Hebdo è un simbolo esasperato, ridanciano, coinvolgente di questa libertà di espressione e i milioni che hanno marciato a Parigi lo hanno intuito anche se non l’avevano mai sfogliato e se lo avevano fatto si erano magari indignati per il suo contenuto dissacrante ed esageratamente onnivoro di religioni, poteri politici, autorità di ogni genere. E in quella fiumana umana che aveva invaso le strade della capitale gran parte probabilmente non aveva mai letto i testi filosofici e satirici di Voltaire, di Rabelais, di Bussy-Rabutin, di Beaumarchais, di Chamfort e di tanti altri, ma il loro spirito aleggiava su tutti perché l’Esprit de La Republique, dell’età dei lumi, del laicismo, della libertà, della Comune, del maquis ha ispirato non solo in Francia, ma nel mondo intero la resistenza alle prevaricazioni dei potenti, alle dittature più oscene, ai fanatismi religiosi.
Significativa l’indifferenza di chi marciava per l’accozzaglia di capi di governo, di stato e di altri personaggi a dir poco equivoci che superblindata e del tutto isolata era stata inserita alla testa dell’immane corteo. Un’indifferenza che ha richiamato alla memoria la battuta di Bertolt Brecht: “Al momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico”.
Il nemico non era Mitterand alla cui marcia trionfale dopo la vittoria elettorale partecipammo. Non ci piaceva affatto Chirac in testa a quel corteo del 1 maggio in cui ci inserimmo contro Le Pen e non proviamo oggi simpatia alcuna per Hollande, ma Considerazioni Inattuali n.60 è stato un ennesimo atto d’amore per il popolo francese, per il tuo popolo, Marie-Ange. Au revoir.