Link ai video delle lezioni tenute per l’Università popolare Antonio Gramsci su argomenti analoghi: https://www.youtube.com/watch?v=MagOjbvQiZ8 e https://www.youtube.com/watch?v=Bn7jOM9pd0A.
Segue da L’arcano del “genio ellenico”.
Primordi e retroterra culturale della filosofia ellenica
Lo sviluppo filosofico è preparato dallo sviluppo artistico-religioso della cultura greca attraverso le cosmogonie mitiche, i Misteri religiosi, i motti dei sette Savi e la riflessione etico-politica di poeti e legislatori.
Le cosmogonie mitiche
La più antica cosmogonia è la Teogonia di Esiodo, dell’inizio del VII secolo dell’epoca precedente la nostra. Secondo Aristotele Esiodo fu il primo a cercare il principio delle cose. A tale questione filosofica Esiodo diede una risposta mitica, individuandola nel Caos.
Il ruolo del mito
D’altra parte il mito non è una storia fantastica, ma un tentativo di spiegare la realtà. Tentando di conferire ordine e unità alla molteplicità dei fenomeni naturali, il mito ha aperto la strada allo sviluppo della scienza e della filosofia. Il mito è l’espressione ancora inadeguata della medesima realtà che verrà spiegata razionalmente solo in seguito.
La peculiarità del linguaggio mitologico
Lungi dall’essere un mero rivestimento letterario e favolistico per concetti presenti nella coscienza arcaica sotto altre spoglie, i miti sono approcci a tali concetti adeguati alla cultura arcaica del tempo e allora costituivano l’unico accesso praticabile.
La religione dei misteri
Nel VI secolo dell’epoca antecedente la nostra si diffonde con l’affermarsi del demos il culto di Dioniso che, insieme al culto contadino di Demetra a Eleusi, si sviluppano mediante l’orfismo e il pitagorismo nella religione dei misteri, praticata dall’intera comunità e non da una ristretta casta sacerdotale. Mediante i riti orfici si purificano le anime degli iniziati (l’intero popolo), sottraendole alla ruota delle reincarnazioni. Il corpo è inteso, in quanto sede degli istinti animali, irrazionali come prigione dell’anima, sede del logos, una scintilla divina (razionale) che va liberata (riunendola alla ragione universale). L’amore per il sapere, ossia la filosofia è intesa dai pitagorici come una ricerca che conduce l’uomo alla vita autentica. In cui l’individuo fa sua la ragione universale.
I sette savi e le sentenze morali
Nella stessa epoca si sviluppa la riflessione dei sette saggi, variamente enumerati dalle fonti antiche. Essi sono autori di brevi sentenze morali, del tipo “conosci te stesso” o “sappi cogliere l’opportunità” o ancora “nulla di troppo” o “non desiderare l’impossibile”. Sono motti di natura pratica o morale, che preludono all’indagine filosofica sulla condotta dell’uomo nel mondo.
La poesia
Anche i poeti hanno contribuito con la loro riflessione morale a preparare il terreno per lo sviluppo della filosofia. In Omero si trova, per la prima volta, la rappresentazione di una legge in grado di unire il mondo umano, la legge della giustizia che domina l’Odissea. In Esiodo essa è la Dea della giustizia Dike che si oppone alla tracotanza, la hybris, dovuta alla sfrenatezza di forze irrazionali, le passioni non controllate dalla ragione. In particolare alla sfrenata volontà di potenza dei ricchi e dei dominatori.
La giustizia come misura
All’inizio del VI secolo dell’epoca antecedente la nostra, Solone, legislatore di Atene, interpreta la legge di giustizia come norma di misura. Nel momento in cui i padri della filosofia individuano l’unità della legge quale principio regolatore della molteplicità dei fenomeni naturali, i padri della politica individuano nell’unità della legge il principio regolatore delle vicende apparentemente disordinate e mutevoli della società umana. I progenitori della filosofia cercano di rinvenire nella natura lo stesso ordine che precedentemente i poeti avevano auspicato e che ora i primi legislatori sanciscono per la società.
Nelle colonie greche fra il VI e il V secolo la razionalità si afferma anche al di là della politica, con la spiegazione razionale del mondo naturale, per cui le risposte alle grandi questioni poste dalla ragione sul mondo sono individuate nella ragione e nel mondo stesso. Perciò ragione e mondo saranno al centro della filosofia. Il mondo ovvero la realtà, la natura costituisce per i presocratici il grande sistema che comprende fenomeni sia naturali che umani e il campo d’indagine della ragione. La ragione, il logos, è la capacità di pensare ed esprimersi secondo criteri condivisibili da ogni essere umano razionale. Irrazionale è chi non segue i criteri della ragione. La polis esemplifica un sistema non più arbitrario e dispotico, ma che funziona in base a proprie regole: le leggi. Anche la natura non segue più l’arbitrio divino, ma diviene un sistema con proprie regole: le leggi naturali. Il principio fondamentale che ne governa la vita è l’arché, dalla sua ricerca si gettano le basi per la filosofia, quale uso della ragione per indagare la natura e individuarne il principio fondamentale. L’arché è l’elemento materiale posto all’origine del mondo e la sostanza dei fenomeni, la legge cosmica che governa e permette di spiegare la realtà. I suoi indagatori sono definiti da Aristotele fisici monisti, in quanto individuano l’arché in un’unica sostanza materiale. Tutti i presocratici mirano a spiegare la totalità dei fenomeni e le loro relazioni costruendo l’immagine di un cosmo ordinato, rispecchiando nel pensiero le strutture del mondo – per cui il razionale è reale – evidenziandone le leggi, ovvero la razionalità del reale.
Tratto distintivo dei nuovi intellettuali, che saranno in seguito chiamati filosofi, è il passaggio dal mito al logos. D’ispirazione divina, il mito narra imprese di uomini e dèi, mentre il logos è un discorso razionale sulla realtà naturale e umana costruito con la sola forza della ragione. Alla domanda “perché esiste il mondo?”, il mito risponde raccontando una storia suggestiva, ma non ha, né offre la possibilità di verificare se le cose stanno effettivamente come vengono narrate. Al contrario i filosofi cercano spiegazioni che siano valutabili in base a norme razionali, non gli basta più raccontare che le cose stanno in un certo modo, ritengono necessario fornire ragionamenti condivisibili e possibilmente evidenze osservative che confermino le loro ipotesi. Anche perché è quanto ormai richiedono le nuove classi emergenti. Il filosofo, perciò, non si accontenta di risposte – tanto meno di quelle offerte da mito e religione – ma intende capire se le soluzioni da lui ipotizzate sulla base del logos siano valide, intende avere ragione e vuole che anche gli altri uomini condividano la sua risposta, in quanto il logos è universale e la realtà è unica. D’altra parte il filosofo per avere ragione è tenuto al confronto con gli altri, si sente costretto a mettersi in gioco, a essere sempre pronto a modificare il proprio punto di vista se gli altri presentano tesi più cogenti. Solo così si progredisce nel sapere, che non è possibile conquistare una volta per tutte – tantomeno da parte di un solo individuo. Il nuovo intellettuale in seguito definito filosofo non intende tenere il sapere per sé, come facevano i sacerdoti e i maghi, ma condividerlo con gli altri soggetti razionali di modo che, collettivamente, si sviluppi la ricerca e la conoscenza.
Una ricerca comune: le principali scuole filosofiche greche
Perciò, la ricerca filosofica tende a svilupparsi in forma associata, favorendo il confronto che si sostituisce così alla violenza della legge della giungla. I filosofi delle prime grandi scuole, la pitagorica e la platonica, si chiamavano compagni a indicare una comunanza non solo nel pensiero, ma politica, avente come obiettivo la conquista del potere e sperimentando e teorizzando la comunanza dei beni. Vediamo, dunque, che il comunismo è una delle prime e fondamentali idee filosofiche e pratiche politico-economiche. Così i più importanti filosofi danno vita o si formano all’interno di una scuola, che è al contempo un partito. La ricerca filosofica non chiude l’individuo in se stesso, ma esige una concordanza di sforzi, una comunicazione incessante fra compagni che hanno un fine e una pratica di vita comune.
Le fonti della filosofia greca sono costituite dalle opere e dai frammenti dei filosofi dell’antica Grecia. Abbiamo le opere complete di Platone, gli appunti di Aristotele, due discorsi di Gorgia, mentre degli altri pensatori ci restano solo frammenti.
Altra fonte essenziale sono le testimonianze degli studiosi posteriori dell’antichità, in primo luogo di Platone e Aristotele che, nelle loro opere, fanno non di rado riferimento ai pensatori precedenti. Inoltre nel I libro della Metafisica – il libro α – Aristotele ci ha offerto il primo saggio di storiografia filosofica.
Vi sono poi i dossografi, dal greco doxa opinione, studiosi tardo-antichi che riportano le concezioni dei filosofi da cui ricaviamo testimonianze e frammenti da prendere sempre cum grano salis. Il primo dossografo, fonte di quasi tutti gli altri, è Teofrasto, allievo di Aristotele. e autore delle Opinioni fisiche. La più importante dossografia, riguardante le biografie dei filosofi, è la Confutazione di tutte le eresie di Ippolito, del III secolo della nostra epoca. La principale dossografia è Vite e dottrine dei filosofi di Diogene Laerzio del III d.C., composta di una parte biografica e una che espone le posizioni delle scuole filosofiche. Diogene riporta, consapevole della propria ignoranza, tutte le opinioni di cui ha notizia, tramandandoci così informazioni uniche.
La periodizzazione della filosofia greca
La periodizzazione può essere stabilita considerando il problema fondamentale su cui si è concentrata la riflessione filosofica. Abbiamo così il periodo cosmologico, che comprende la filosofia presocratica, volta alla ricerca dell’unità che garantisca l’ordine del mondo e la possibilità della conoscenza umana. Abbiamo, quindi, il periodo antropologico – che comprende i sofisti e Socrate – dominato dal problema dell’uomo.
Segue il periodo ontologico, dominato da Platone e Aristotele, volto all’indagine del reale e del rapporto con esso dell’uomo. Si tratta del periodo della maturità della filosofia greca che sintetizza i due momenti precedenti.
Vi è poi il periodo etico, dominato dal problema della condotta dell’uomo, cioè l’epoca delle filosofie epicuree, stoiche e scettiche.
Infine abbiamo il periodo religioso che va dal neoplatonismo al sorgere del cristianesimo, che cerca di ricongiungere l’uomo con l’assoluto, il divino.
Partizione della filosofia presocratica
Le radici della filosofia si trovano in due aree del mediterraneo: una a Oriente, l’Asia Minore e una ad Occidente, La Magna Grecia. I filosofi di questa prima fase della storia della filosofia sono tradizionalmente chiamati presocratici o presofisti, che significa letteralmente coloro che precedono Socrate o i sofisti. Naturalmente i presocratici non erano consapevoli di esserlo e, quindi, di stare partecipando a una ricerca così ampia e articolata destinata a confluire nel dibattito filosofico ateniese di cui Socrate sarebbe poi stato il primo protagonista. E non sapevano neanche di essere filosofi. Soltanto Eraclito usò questo termine e secondo Diogene Laerzio Pitagora fu il primo a definirsi filosofo. Il tratto comune delle indagini dei primi filosofi sulla realtà naturale è la ricerca dell’archè. Questo principio viene inteso, come vedremo, in vario modo.
Dunque, la preistoria della filosofia sorge con i primi presocratici, Talete, Anassimandro e Anassimene, a partire dal VI secolo nella colonia di Mileto. Con l’occupazione persiana gli antenati della filosofia si trasferiscono in Magna Grecia dove fiorisce la scuola pitagorica. Una decisiva svolta nella preistoria della filosofia si ha con la filosofia di Parmenide e di Eraclito, che introducono le tre grandi categorie dell’intelletto: essere, non essere e divenire. Infine i fisici pluralisti, Empedocle, Anassagora e Democrito cercano di sintetizzare i precedenti pensatori. Dopo la sconfitta dei persiani, con Anassagora la filosofia raggiunge Atene, dove fioriranno i sofisti e Socrate.