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Il nome di Nietzsche è stato per lungo tempo associato al nazionalsocialismo. Questa lettura è stata in parte agevolata dall’operazione della sorella di Nietzsche Elisabeth, militante nazionalsocialista, che ha curato dopo la morte del fratello la prima edizione complessiva delle opere, che comprende anche i frammenti inediti scritti dall’1889 in poi, quando il pensatore è in preda alla follia, raggruppati in modo tematico e arbitrario sotto il titolo di La volontà di potenza [Der Wille zur Macht].
Con l’edizione critica delle opere di Nietzsche a cura di Colli e Montinari, pubblicata negli anni ’60-’70, che segue un ordine cronologico, alcuni equivoci sono stati chiariti. Se risulta troppo semplificatoria l’interpretazione di Nietzsche quale precursore del nazismo, non diviene però accettabile, a maggior ragione, la lettura che pretende di rendere questo pensatore addirittura un progressista, linea interpretativa che si è affermata negli ultimi decenni. Quest’ultima interpretazione ha pretesto di poter leggere Nietzsche in modo metaforico e innocente, esaltandone i motivi fascinosi e occultandone quelli decisamente ripugnanti per un progressista. Ciò, naturalmente, non significa tornare a interpretarlo come profeta del Terzo Reich, in quanto significherebbe astrarre dalla storia e della concezione materialistica di quest’ultima. La tragica grandezza del pensiero Nietzsche emerge solo se si riesce a intenderlo per ciò che realmente è, ovvero il più grande pensatore tra i reazionari moderni e il più grande reazionario tra i pensatori moderni.
1.1 La nascita della tragedia dallo spirito della musica ovvero grecità e pessimismo
Professore di lingua e letteratura greca presso l’università di Basilea, Nietzsche pubblica il suo primo libro (La nascita della tragedia 1872) che incontra l’ostilità dei filologi (il grande Willamowitz lo stronca). Secondo Nietzsche in effetti, accanto alla visione idealizzata della grecità, caratterizzata dall’equilibrio, dalla moderazione, dalla serenità della dominante tradizione neoclassica, esisterebbe anche un’altra tradizione, quella orfico-dionisiaca, che costituirebbe l’aspetto occulto, inquietante della grecità e che emergerebbe nei riti orgiastici, in cui si esprimerebbe in modo esemplare il presunto pessimismo tragico dei greci.
Dal pessimismo di Schopenhauer all’accettazione della vita nella sua tragicità
Tale pessimismo sarebbe ben espresso secondo Nietzsche dal seguente mito: Re Mida insegue il satiro Marsia (che rappresenta la saggezza dionisiaca) per sapere qual è la cosa migliore per l’uomo. Il satiro non glielo vuole rivelare, ma re Mida insiste; messo alle strette il satiro afferma: “La cosa migliore per l’uomo è non essere mai nato, ma se nato morire al più presto”. In altri termini, dal mito emergerebbe che la vita è dolore – secondo la lezione di Schopenhauer – ma i greci, anche se consapevoli, accettano la vita nella sua realtà tragica e, su questo decisivo punto, Nietzsche già si distacca da Schopenhauer.
Apollineo e dionisiaco
I due elementi dello spirito greco, il classico e il tragico, vengono definiti rispettivamente da Nietzsche apollineo e dionisiaco. Il primo aspetto è proprio di una visione del mondo fondata sulla ragione e sull’autocontrollo che reprime il piacere e l’istinto, il secondo è l’esaltazione dell’entusiasmo per la vita fino all’ebbrezza e all’orgia. L’apollineo che rappresenta per Nietzsche una fuga dal divenire e dal dramma della vita, ossia un tentativo di sublimare il caos nella forma, trasformando l’assurdo in qualcosa di definito e armonico, capace di rendere accettabile la vita, si esprime artisticamente nelle forme armoniche della scultura classica. Il dionisiaco sorgerebbe dalla forza vitale e dalla partecipazione al divenire, ovvero al dramma della vita e della morte, agli aspetti orribili dell’essere e si esprimerebbe nell’esaltazione creatrice della musica. Da notare l’influenza di Schopenhauer: l’apollineo che si esprime nelle arti figurative rimanda alla rappresentazione, al fenomeno, a ciò che è visibile, che si manifesta; il dionisiaco, che deriva dal corpo e coglie gli aspetti nascosti dell’essere, rappresenta la volontà. Nietzsche riprende da Schopenhauer il carattere doloroso dell’essere, ma ne respinge la soluzione ascetica, in quanto non è conservatore come Schopenhauer, ma reazionario, fautore di una violenta lotta contro il mondo moderno nel suo complesso.
La sintesi tragica tra rappresentazione apollinea e musica dionisiaca
Apollineo e dionisiaco hanno trovato secondo Nietzsche una sintesi nella tragedia, dove la razionalità apollinea della trama e dei personaggi (la rappresentazione) si affianca all’elemento dionisiaco rappresentato dal coro e dalla musica. Qui è forte l’influenza di Wagner, che farebbe rivivere tale sintesi nella sua opera. L’origine della tragedia (da tragos ovvero capro e ode ossia canto): deriverebbe dal coro tragico dei seguaci di Dioniso, mascherati da capri.
La rottura dell’equilibrio tragico e la decadenza della civiltà occidentale
L’equilibrio tra apollineo e dionisiaco si romperebbe con Euripide che porta l’uomo quotidiano sulla scena, trasformando il mito tragico in un susseguirsi di eventi razionali (prevale, quindi, unilateralmente l’elemento apollineo). Questo perché Euripide segue l’insegnamento razionalistico e ottimistico di Socrate, che porta a voler reprimere gli istinti vitali (animali) a vantaggio della morale e dell’autocontrollo razionale. La decadenza della tragedia coincide secondo Nietzsche con la decadenza della civiltà occidentale, dal momento che per lui l’intero progresso storico è un regresso dalla legge del più forte, quale unica legge naturale.
L’ottimismo porterebbe la civiltà sul baratro della Comune di Parigi
La nascita della tragedia (1872) non può essere compresa senza la Comune di Parigi (1871) e la guerra franco-prussiana (1870) che immediatamente precedono la sua pubblicazione. In un paragrafo della Nascita della tragedia, Nietzsche formula il bilancio storico-teorico della Comune: la civiltà va incontro alla distruzione a causa dell’ottimismo; l’idea di felicità per tutti semina scontento nella classe degli “schiavi”, che sedotti da idee utopistiche avvertono la loro misera esistenza come un’ingiustizia ed esplodono in rivolte incessanti. Il cristianesimo non rappresenta più una diga a ciò, è già presente in esso l’idea della felicità per tutti, se pure in una dimensione ultraterrena. Il rimedio non è neanche rinvenibile nella grecità considerata, alla maniera dei neoclassici, come imperturbata e imperturbabile serenità, in quanto tale concezione sarebbe incapace di schiacciare le rivolte dei subalterni.
Socrate quale antenato della rivoluzione
Risulta folle, quindi, dal punto di vista aristocratico di Nietzsche la pretesa di felicità anche per i lavoratori, mentre, l’uomo dionisiaco saprebbe che non sarebbe possibile mutare l’essenza delle cose, quindi non sarebbe possibile nessuna palingenesi sociale e politica. Nietzsche riprende la concezione di Schopenhauer, in contrapposizione alla concezione della storia di Hegel. Socrate, l’uomo teoretico, “l’ottimista teorico”, sarebbe stato il primo a pretendere di “correggere l’esistenza”, di migliorare le condizioni di vita di tutti. La tragedia comincerebbe a decadere secondo Nietzsche con Euripide, divenendo raziocinante, infine la grecità alessandrina, affermando l’eguaglianza fra gli uomini, getta le premesse per le successive ondate rivoluzionarie servili. Sostanzialmente la crisi della società occidentale andrebbe, secondo Nietzsche, da Socrate fino alla Comune di Parigi, ossia al socialismo.
1.2 Le Considerazioni inattuali (1873-76)
Il titolo dell’opera sottolinea l’intento da parte di Nietzsche di porsi contro la cultura prevalente nel proprio tempo, nella disprezzata modernità. La seconda Considerazione inattuale [la prima è su David Friedrich Strauss, la III e la IV sono su Schopenhauer e su Wagner) è intitolata Sull’utilità e il danno della storia per la vita. In questo saggio Nietzsche descrive tre tipi di storia (monumentale, antiquaria e critica). Ciascuno di questi modi di studiare la storia può servire alla vita, ma se si determina un “eccesso di storia”, “la vita intristisce e degenera”.
La storia monumentale, antiquaria e critica
La storia monumentale guarda alle cose grandi del passato per ricavare modelli per il futuro, ma in tal modo favorirebbe una mitizzazione del passato e inibirebbe l’azione nel presente. La storia antiquaria guarda al passato con fedeltà e amore, ma la venerazione del passato, (la furia del collezionista), si tradurrebbe nel rifiuto del cambiamento. La storia critica guarda al passato come a un peso di cui liberarsi, ma ha la presunzione di poter recidere il passato con un coltello, dimenticando che noi siamo il risultato di precedenti generazioni e non possiamo liberarci dal loro condizionamento. La storia critica potrebbe, però, evitare l’eccesso di storia ed evitare la paralisi dell’azione, in quanto può utilizzare il passato come strumento per il cambiamento.
Il modello della Grecia schiavista contro la razionalità del reale
Nietzsche è, infatti, critico verso la filosofia della storia propria dello storicismo idealistico e del positivismo secondo i quali la storia si svolgerebbe secondo un ordine necessario e l’uomo sarebbe ridotto a mero spettatore (come in Hegel, che però Nietzsche non ha mai letto). Contro questa concezione della storia paralizzante, Nietzsche sottolinea come sia indispensabile alla vita il fattore oblio, bisognerebbe dimenticare il passato. A differenza dell’animale che vive in un mondo non storico, perché non ha coscienza né del passato, né del futuro e la sua vita è solo presenzialità, l’uomo vivrebbe con il fardello del passato che spesso gli preclude l’orizzonte di nuovi valori. La storia sarebbe, dunque, utile a patto che sia al servizio del vitalismo irrazionalista esaltato da Nietzsche. Suo bersaglio principale, non può essere che Hegel il “figlio del proprio tempo”, che non si limita a esprimere con il suo pensiero il presente, la modernità, ma la legittima sul piano filosofico con la tesi della razionalità del reale, quindi distoglie la Germania dal suo compito di riproposizione della grecità schiavista, mettendo in crisi la distinzione tra schiavi e signori.
La critica al progresso storico
Il disagio per la modernità è presente nella cultura liberale del tempo, ma diversa è la radicalità con cui viene sviluppato in Nietzsche. Gli autori liberali sanno che il processo storico è irreversibile, mentre Nietzsche mette in discussione ciò: non si inchina alla potenza della storia (vedi la seconda Considerazione inattuale), alla razionalità del reale. Le masse fanno già sentire il loro peso sul piano politico, sarebbe perciò inaccettabile un riconoscimento anche sul piano della filosofia della storia, visione che esclude qualsiasi pretesa reazionaria di cancellare i risultati del mondo moderno. Anche nella seconda Considerazione inattuale, come già nella Nascita della tragedia, Nietzsche contrappone alla ragione e alla storia (che paralizzerebbero la volontà di potenza del superuomo sulle masse) il mito della Grecia antecedente l’affermazione del logos e contesta la razionalità del processo storico.