Questo articolo trae spunto dal seminario “L’organizzazione del lavoro nella fabbrica capitalistica” tenuto da Domenico Laise per l’Università Popolare A. Gramsci nell’anno accademico 2018-2019 [1].
La lotta furibonda tra Bakunin ed Engels, che si è svolta senza quartiere e per molto tempo, si concluse alla fine con l’espulsione, nel 1872, di Bakunin e dei suoi numerosi seguaci dalla Prima Internazionale, l’Associazione Internazionale dei Lavoratori (AIL), fondata nel 1864. Si è trattato, tuttavia, di una “vittoria di Pirro” poiché l’uscita di Bakunin con la sua “agguerrita setta” e lo spostamento della sede dell’AIL negli Stati Uniti hanno determinato, dopo qualche anno, nel 1876, la fine della Prima Internazionale, lo strumento politico essenziale − ideato da Marx ed Engels − per dare contenuto politico-operativo alla parola d’ordine “Proletari di tutti i paesi unitevi”. Solo nel 1889, dopo la morte di Marx, i partiti operai, socialisti e laburisti, dei diversi paesi riusciranno a coordinarsi di nuovo in una Seconda Internazionale.
Bisogna premettere, per collocare l’ostilità di Bakunin verso l’AIL, che Marx ed Engels facevano parte della Segreteria (il vertice dell’organizzazione) dell’AIL. La critica di Bakunin a Marx ed Engels, fuori e dentro la Prima Internazionale, si è concentrata proprio sul rifiuto di ogni forma di “autorità verticistica”. Bakunin, che è stato uno dei principali esponenti del pensiero anarchico, sosteneva che la “società socialista” del futuro andava costruita sul rifiuto di ogni forma di autorità e, di conseguenza, sull’accettazione dei “principi dell’anarchia”, tra i quali vi era, appunto, quello della negazione dell’autorità, in qualsiasi sua manifestazione, compresa l’autorità dello Stato − anche di quello proletario −, che era, per Bakunin, il Male Assoluto. Nel comunismo di Marx ed Engels, Bakunin ravvisava, infatti, la possibilità di un assolutismo statale soffocante e dittatoriale [2].
Come osserva T. Hunt − nella sua celebre monografia dedicata a Engels − “Bakunin sembrava geneticamente programmato per fare infuriare Marx ed Engels…(egli) era un intellettuale dotato di eccezionali capacità organizzative. L’ultima volta che Engels aveva incontrato Bakunin era nell’aula 6 dell’università della Berlino degli anni quaranta, dove entrambi, insieme agli altri giovani hegeliani, tartassavano il povero vecchio Schelling” [3].
Per spiegare la radice teorica dell’errore di Bakunin, Engels ha scritto nel 1872 un articolo sintetico, indirizzato agli anarchici italiani, dal titolo “Dell’autorità”, che è stato pubblicato per la prima volta in Italia nell’Almanacco repubblicano per l’anno 1874 [4]. Si tratta di una breve opera che, sottolinea Hunt, “Lenin ammirava molto” [5]. Probabilmente, la scelta di Engels di indirizzare lo scritto ad una rivista italiana è dipesa anche dal fatto che nei Paesi mediterranei (Italia, Spagna e Grecia in primo luogo) c’erano, in quel periodo, molti seguaci di Bakunin. L’altro testo di Engels, che verrà considerato in questo breve articolo, è unalunga Lettera di Engelsa Theodor Cuno, del 24 gennaio 1872, scritta con il proposito di chiarire l’errore di Bakunin [6].
Come già detto, al centro della disputa tra Bakunin ed Engels vi è il rifiuto da parte di Bakunin di ogni forma di “autorità”. Engels, per argomentare l’insostenibilità della tesi di Bakunin, fornisce, innanzitutto, una definizione precisa di autorità: “Autorità significa imposizione della volontà altrui alla nostra”[4] vale a dire subordinazione della nostra volontà a quella altrui. Bakunin e gli anarchici sono contrari ad ogni forma di autorità e subordinazione e per questo affermano che nella società socialista futura non ci dovrebbe essere nessuna autorità. Ogni società futura dovrebbe essere costruita in modo tale da garantire ad ogni singolo individuo e ad ogni comunità (artigiana o agricola) la massima autonomia possibile. L’anarchia, difatti, può essere intesa come l’insieme di dottrine e movimenti che condividono alcune convinzioni fondamentali tra le quali: 1) la massima autonomia degli individui e 2) il rifiuto di ogni forma di autorità. L’anarchia è, cioè, la negazione dell’autorità, tanto umana quanto divina.
Ma, obietta Engels, può esistere una società umana senza autorità, ovvero si può effettivamente costruire “una società anarchica?” La sua risposta è negativa. Ogni società umana è una struttura relazionale, vale a dire è un insieme di persone dotato di un tessuto relazionale sociale. Tale tessuto esprime i vincoli (limiti all’autonomia), posti da un’autorità al comportamento delle persone che fanno parte della società umana. Si tratta di vincoli che condizionano, in pratica, l’agire dei singoli individui o di gruppi di individui. Se non ci fosse un tessuto relazionale sociale tra le persone, se, cioè, ogni individuo o una comunità di individui fossero completamente autonomi, come pretende Bakunin, allora non ci sarebbe una società, ma solo un insieme di persone privo di qualsivoglia struttura relazionale sociale. Ma, se un insieme di persone è, al suo interno, privo di vincoli relazionali sociali, se, cioè, tale insieme è un’anarchia, come pretende Bakunin, allora non può essere una società. D’altra parte, la presenza di vincoli organizzativi e comportamentali, di varia natura, esclude che la società possa essere “un’anarchia”. Difatti, la presenza di vincoli organizzativi presuppone un’autorità, ovvero implica l’assenza di una completa autonomia e l’imposizione della volontà altrui alla nostra.
Perciò, l’espressione “società anarchica”, usata da Bakunin, è una “contraddizione in termini”. Se un insieme di persone è una società, allora non può essere un’anarchia. D’altra parte, se un insieme di persone è un’anarchia allora non può essere una società. L’espressione “la società anarchica” usata da Bakunin ha, perciò, lo stesso senso dell’espressione “il ferro di legno”. Semplicemente, è un’entità che non può esistere. Bakunin sostiene, invece, che nella società socialista futura “ogni singolo e ogni comunità dovrebbero essere autonomi”; “Ma, Bakunin − ribadisce Engels − dimentica ancora una volta di dirci come sia possibile una comunità anche solo di due uomini, senza che ognuno di essi rinunci a qualcosa della sua autonomia”[6].
Il significato di questa critica − che riassume la tesi di fondo del ragionamento di Engels − può essere illustrato ricorrendo alla metafora organizzativa della “società minima”, formata da due rematori in una canoa [7]. Si tratta di una metafora organizzativa che trae spunto dalla specialità sportiva del canottaggio nella quale ogni vogatore impugna solamente un remo (società di due vogatori senza timoniere). Il loro comportamento soddisfa le principali fasi di un comportamento organizzato. L’attività dei due rematori è, difatti, divisa e coordinata. E’ divisa poiché ogni rematore aziona solo uno dei due remi, quello sul lato sinistro o quello sul lato destro della canoa. E’ coordinata poiché ogni rematore deve combinare e adattare la sua attività con quella dell’altro rematore. Se ognuno remasse in maniera scoordinata, ovvero se remasse in modo completamente autonomo, se ognuno si comportasse come se l’altro rematore non ci fosse, la direzione della canoa sarebbe indeterminata. Per pilotare la canoa verso un obiettivo predefinito (la riva del fiume, ad esempio) i due rematori devono svolgere, perciò, un “lavoro organizzato”. Ma per svolgere un’attività organizzata i due rematori devono rinunciare a una parte della loro autonomia. Devono tenere conto dei vincoli rappresentati dal tessuto relazionale sociale dell’organizzazione. Devono cioè subordinare la loro volontà a quella di un “autorità”, rappresentata, in questa metafora, dall’altro rematore. Senza autorità e senza coordinazione ogni obiettivo dei due rematori potrebbe essere raggiunto solo per caso.
Questo meccanismo di coordinamento dei due rematori in una canoa è chiamato, nella letteratura organizzativa, “coordinamento mediante adattamento reciproco”. Quando il numero dei rematori è significativamente maggiore di due, allora sorge la necessità di un “timoniere”, che è la figura che dà ordini e coordina i rematori mediante la “supervisione diretta”, ovvero mediante il coordinamento gerarchico [7].
La metafora mette in luce il fatto che ogni comunità umana (bottega artigiana, comune agricola russa, ecc.), piccola o grande che sia, per essere vitale e per sopravvivere, necessita di una qualche forma di organizzazione, e, quindi, necessita di qualche forma di autorità che coordina il lavoro diviso dell’insieme di persone della comunità. Perciò l’autorità non può essere rifiutata, come pretende Bakunin. La bottega artigiana, la manifattura, la fabbrica, sono tutti esempi di organizzazioni del lavoro nelle quali vige una qualche forma di “autorità” che realizza il coordinamento del lavoro diviso.
La produzione di oggi, come presumibilmente quella del futuro, è realizzata con l’impiego di grandi fabbriche automatizzate che prendono il posto dei piccoli produttori o della bottega artigianale. Ora, l’azione di un gran numero di lavoratori nella fabbrica richiede un’azione combinata, un lavoro combinato, Ma il lavoro coordinato e combinato è un lavoro organizzato da un’autorità. Engels fa l’esempio della produzione della filatura del cotone, un campo dove aveva molte competenze e responsabilità, avendo svolto il ruolo di manager-proprietario a Manchester della fabbrica di cotone di famiglia Ermen & Engels per un ventennio.
La conclusione di Engels è questa: “Voler abolire l’autorità nella grande industria è voler abolire l’industria stessa, distruggere la filatura a vapore per ritornare alla conocchia” [4]. Se si esclude il ritorno alla conocchia, non si può fare a meno di un qualche tipo di autorità. Engels fa molti altri esempi per argomentare la sua critica e per mettere in evidenza l’errore di Bakunin e degli anti-autoritari. Nella ferrovia, ad esempio, c’è bisogno della cooperazione di una infinità di individui per farla funzionare senza disastri. Nessuno, nemmeno Bakunin, salirebbe su un treno di una ferrovia priva di coordinamento, senza autorità e disorganizzata. La probabilità di incidenti sarebbe, difatti, molto alta. Nel naviglio in alto mare, nel momento del pericolo, la vita di tutti dipende dall’obbedienza alla volontà di uno soltanto: il comandante della nave o timoniere.
Evidentemente, Engels non esclude che nella società futura vada rimosso il carattere autocratico e dispotico della gerarchia capitalistica [8]. Infatti, Engels afferma: “se gli autonomisti si limitassero a dire che l’organizzazione sociale dell’avvenire restringerà l’autorità ai soli limiti ai quali le condizioni della produzione la rendono inevitabile, ci si potrebbe intendere” [4]. Ma gli autonomisti escludono non solo l’autorità autocratica e dispotica della produzione capitalistica, ma ogni forma di autorità in quanto tale. E questo è un errore.
Engels conclude la sua critica a Bakunin affermando: “Dunque, delle due cose l’una: o gli anti-autoritari non sanno ciò che dicono, e in questo caso non seminano che confusione; o essi lo sanno, e in questo caso tradiscono il movimento del proletariato. Nell’uno o nell’altro caso essi servono la reazione” [4].
Può essere di qualche interesse sottolineare, per concludere, che Lenin in: “I compiti immediati del potere sovietico”, utilizza una tesi simile a quella di Engels, commentata in questo articolo. Per la critica all’anarco-sindacalismo che si stava diffondendo nell’Unione Sovietica dopo la rivoluzione, Lenin osserva: ”Oggi constatiamo con particolare evidenza fino a che punto è giusta la tesi marxista secondo cui l’anarchismo e l’anarco-sindacalismo sono correnti borghesi e quale insanabile contrasto li divide dal socialismo, dalla dittatura proletaria, dal comunismo…è veramente la battaglia più grandiosa, d’importanza storica universale, che la coscienza socialista abbia intrapreso contro la spontaneità anarchico borghese”[9].
Note bibliografiche
[1] Il materiale didattico del seminario è scaricabile qui.
[2] È bene sottolineare, tuttavia, che Marx ed Engels si pongono la questione dell’estinzione dello Stato, distinguendo il socialismo dal comunismo. Per approfondire questo argomento non trattato nel presente articolo si consiglia la lettura del testo “Stato e Rivoluzione” di Lenin.
[3] Hunt, T., (2009), La vita rivoluzionaria di Friedrich Engels, Isbn Edizioni, Milano, pp. 245-247.
[4] Engels, F., (1872) Dell’autorità, in: Marxismo e anarchismo, 1971. Editori Riuniti, Roma.
[5] Hunt, T., (2009), La vita rivoluzionaria di Friedrich Engels, Isbn Edizioni, Milano, p.249.
[6] Engels, F., (1872), Lettera a Cuno, in: Marx – Engels, Opere scelte, Editori Riuniti, Roma, p. 944.
[7] Mintzberg, H.,(1983), La progettazione dell’organizzazione aziendale, Capitolo 1, Il Mulino, Bologna.
[8] L’analisi di Engels della necessità di un’autorità nel lavoro combinato non esclude che il ruolo di dirigenza dentro la fabbrica, e in qualsiasi altra attività lavorativa, possa essere svolto dai lavoratori stessi, mediante commissari eletti e revocabili in qualsiasi momento, come si è verificato nell’esperienza storica dei Consigli di fabbrica. Per approfondire il tema dei consigli si rimanda a questo articolo e a quelli ad esso collegati.
[9] Lenin, V., (1967), Opere Complete, Vol. XXVII, Ed, Riuniti, Roma, p.226-227.