Engels e l'antropologia delle religioni (parte I)

Engels ha dato un contributo significativo alla riflessione sulla relazione tra situazione sociale e concezioni religiose.


Engels e l'antropologia delle religioni (parte I)

In un libro molto interessante dedicato alla riflessione sulla religione Brian Morris [1] individua nel pensiero di Marx e di Engels due prospettive diverse, a suo parere, contraddittorie. La prima costituisce una sorta di antropologia filosofica e può essere riscontrata nell'Ideologia tedesca e nel capitolo sul feticismo delle merci nel Capitale. Secondo Morris tale prospettiva, fondata su nozioni di origine hegeliana come reificazione, obiettivazione, alienazione, è generica e astratta. Accanto a questo tipo di analisi Marx, ma anche Engels portarono avanti ricerche di tutt'altro segno, in particolare indagini storiche specifiche volte ad illustrare concretamente il rapporto fra certe determinate forme di ideologia religiosa e le condizioni materiali, in senso marxiano, in cui esse si sono sviluppate. 

Per la sua impostazione empiristica Morris dà senz'altro la preferenza a questo ultimo tipo di analisi. Probabilmente è opportuno, tuttavia, rivedere tutta la questione, cercando di chiarire sia pure nello spazio di un breve scritto, se le cose stanno effettivamente in questi termini e se possibile delineare un contributo originale di Engels alla problematica antropologico-religiosa, così come si è delineata almeno dalla seconda metà del 700. 

Comincio dalla prospettiva storico-sociologica, perché il problema è certamente più semplice. Esempi illuminanti ed interessanti di questo modo di procedere li troviamo nella Guerra dei contadini in Germania (1850) e nelle riflessioni sulla storia del cristianesimo. In questi scritti Engels prende in considerazione la relazione tra un certo sistema di credenze e di pratiche religiose e un determinato gruppo sociale, per mostrare come il primo sia strettamente connesso alle condizioni storico sociali del secondo.

Nel primo scritto egli osserva che in Germania all'epoca della riforma si contrapponevano tre blocchi politico-sociali: 1) il campo cattolico conservatore, nel quale si riunivano i difensori dell'ordine esistente, ossia “…il potere imperiale, i principi ecclesiastici, una parte dei principi laici, la nobiltà più ricca, i prelati e il patriziato cittadino”; 2) il campo della riforma luterana borghese moderata, che comprendeva piccola nobiltà, borghesia e parte dei principi laici; 3)  infine i contadini e i plebei, che si richiamavano alle concezioni religiose egualitarie e comunistiche di Thomas Münzer [2]. 

Per comprendere appieno il significato di queste pagine di Engels, spesso a torto considerate definitive, occorre tener presente qual è la chiave di lettura che lo studioso aveva prescelto partendo dalla riflessione sulla recente sconfitta del 1848 in Germania. Come è ovvio la chiave di lettura prescelta indica il taglio adottato, ma anche i limiti di un autore e della sua opera. Definirei il taglio di Engels come la prospettiva che vuole individuare il significato politico di un certo evento storico, sia sociale che culturale, in relazione a certi obiettivi attuali di trasformazione e di lotta. Insomma, si potrebbe dire che Engels intende fare un bilancio politico della storia passata a due scopi: 1) mostrare come una serie di obiettivi economico-politici, che caratterizzano l'azione di certi gruppi sociali, sia il risultato di un lento processo di trasformazione storica e che, quindi, siano in qualche misura anche il frutto di certe necessità; 2) favorire lo sviluppo della consapevolezza di tali obiettivi tra le organizzazioni operaie e, in particolare, tra i loro quadri dirigenti. L'interpretazione qui proposta può essere, a mio parere, confermata dall'atteggiamento di Engels che - sulla scorta di Stocking (1985) - definirei nettamente presentista. Il presentismo consiste nel l'esplicita utilizzazione di una problematica contemporanea per interpretare la storia passata, individuando in quest'ultima solo quella tendenza di continuità con il presente, che pure c'è, ma che sicuramente rappresenta solo una delle sue svariate dimensioni. Nel caso specifico il filo rosso è individuato da Engels nella richiesta di uguaglianza sociale espressa sia dai contadini che dagli operai tedeschi allo scopo di mostrare agli sconfitti le capacità di lotta delle classi lavoratrici. Egli scrive infatti nell'Antidüring: “Col formarsi delle città e, di pari passo con questo, di più o meno sviluppati elementi della borghesia come del proletariato doveva apparire a poco a poco anche la pretesa uguaglianza come presupposto dell'esistenza borghese e la conseguente deduzione proletaria dell'uguaglianza sociale da quella politica. Ciò naturalmente in forma religiosa si espresse acutamente da prima nella guerra dei contadini” [3].

Se teniamo conto di quanto dicevamo in precedenza a proposito della prospettiva politica attualizzante di Engels, questa considerazione come si suol dire non fa una piega, ma se vogliamo invece, ad esempio, porci il problema dell'effettiva comprensione di cosa significasse eguaglianza tra gli uomini espressa in termini religiosi per i contadini tedeschi, le cose a mio parere si complicano notevolmente. Ad esempio, potremmo chiederci se questa nozione di uguaglianza è appieno comprensibile e spiegabile, se non si tiene conto della forte componente mistica che caratterizza la predicazione di Münzer, per il quale il rapporto tra uomo e Dio è diretto e, pertanto, non può essere mediato ritualmente. Potremmo chiederci ancora se la lettura presentista ci permette di mettere in evidenza che, dietro la richiesta di uguaglianza, c'era una complessa e articolata concezione millenaristica; concezione che, del resto, dava al problema un'impostazione che non ne avrebbe reso possibile la soluzione - come in molte altre occasioni storiche si è verificato - e che avrebbe portato ad immani disastri. Naturalmente lo stesso Engels sottolinea la presenza di tali caratteristiche ma la sua lettura presentista mette sullo sfondo tali componenti, che in un certo senso significavano più che un'apertura al futuro un ritorno al Medioevo.

Che in Engels vi sia questa chiave di lettura presentista in termini di bilancio politico da ricavare dalla storia passata è stato sottolineato - anche se non in questi termini - da Iacono (1988) in un articolo dedicato al rapporto tra questi e il teorico del diritto materno, Johan Jakob Bachofen. 

Non voglio insistere troppo su questo argomento, voglio limitarmi a sottolineare che, se vale la prospettiva qui proposta, non ha senso considerare definitivi dal punto di vista scientifico questi contributi engelsiani e non ha senso richiamarsi ad essi senza tenere conto degli obiettivi politici ad essi connessi per certi aspetti datati. 

Per certi aspetti, tuttavia, l'impostazione presentista di Engels consente di mettere in luce una serie di interessanti caratteristiche di quello che egli stesso definisce “il pensiero delle masse”. Su questo tema sono importanti le considerazioni che sviluppa a proposito del formarsi del cristianesimo primitivo e del processo di sviluppo del movimento operaio per taluni aspetti simili al primo. Entrambi questi movimenti partono dall'esperienza di forze che hanno prodotto un brutale livellamento degli individui, trasformandone la maggioranza in oppressi: lo Stato romano con la sua macchina fiscale e repressiva, il capitalismo che ha determinato la separazione dell'uomo dalle sue naturali condizioni di esistenza.

In entrambi i contesti si sviluppano una serie di gruppi ed una serie di profeti che portano avanti rivendicazioni sociali, indossando però - come scrive Engels - una maschera religiosa. Caratteristica di tale pensiero delle masse è - scrive ancora Engels - la credulità, l'accettazione acritica delle più diverse stravaganze da cui alcuni impostori riescono a trarre anche vantaggi materiali. In questi gruppi si associano tutti gli scontenti dell'assetto sociale in questione portando avanti una serie di rivendicazioni di vario tipo, che si mescolano a richieste implicite e confuse di uguaglianza sociale, ma, a parere di Engels, l'elemento sicuramente decisivo per stabilire la religiosità di un certo atteggiamento mentale e comportamentale sta nel fatto che le rivendicazioni sociali in realtà non sono mai tali, giacché mirano ad un rinnovamento totale della realtà, alla creazione di una sorta di paradiso in terra. A questo proposito Engels sviluppa una serie di osservazioni che non posso non riportare perché sembrano descrivere lo stato d'animo e la composizione di quei settori che nel mondo industrializzato, anche contemporaneo, contestano in varie forme l'attuale assetto sociale. Scrive Engels [4]: “E dato che, in tutti i paesi, elementi di ogni genere si accostano al Partito dei lavoratori, elementi che non hanno niente da aspettarsi dal mondo ufficiale o vi si sono screditati - avversari della vaccinazione, seguaci del movimento di temperanza, vegetariani, antivivisezionisti, empirici, predicatori di libere comunità senza più seguaci, autori di nuove teorie sull'origine del mondo, inventori inutili e falliti, persone rassegnate a ingiustizie vere o presunte, che sono indicate alla burocrazia come “inutili brontoloni”, pazzi onesti e disonesti, ciarlatani - così andò per i primi cristiani”. Figure che costellano, ahimé, anche il panorama odierno.




Bibliografia:

 

[1] Iacono A., Bachofen e l’origine della famiglia di Engels, Annali Lettere, Scuola normale superiore di Pisa, 1988

[2] Morris B., Religion and Anthropology. A Critical Introduction, Cambridge University Press 2005, p. 44

[3] Marx K. e Engels F., Scritti sulla religione, Savelli, Roma 1973, p. 80

[4] Marx K. e Engels F., Scritti sulla religione, Savelli, Roma 1973, p. 117

[5] Marx K. e Engels F., Scritti sulla religione, Savelli, Roma 1973, p. 252

[6] Stocking G., Razza, cultura e evoluzione. Saggi di storia dell’Antropologia, il Saggiatore, Milano 1985

09/02/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

L'Autore

Alessandra Ciattini

Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza. Ha studiato la riflessione sulla religione e ha fatto ricerca sul campo in America Latina. Ha pubblicato vari libri e articoli e fa parte dell’Associazione nazionale docenti universitari sostenitrice del ruolo pubblico e democratico dell’università.

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: