Titolo italiano | Sciopero |
Titolo originale | Stačka! |
Paese | Unione Sovietica |
Anno | 1925 |
Regista | Sergej Michajlovič Ėjzenštejn |
Colore | Bianco e nero |
Sonoro | Musica |
Lingua | Russo |
Sottotitoli | Italiano |
Durata | 1h 19’ |
Qualità del filmato | Discreta |
Sciopero è il primo lungometraggio del regista sovietico Sergej Michajlovič Ėjzenštejn ambientato ad inizio ‘900. Interpretato dagli attori del primo teatro operaio e girato nello stesso anno de La corazzata Potemkin, questo film ebbe una parte notevole per lo sviluppo della cinematografia mondiale, sia per quanto riguarda gli aspetti tecnici, sia per quanto riguarda quelli politici.
Il film tratta il tema della lotta di classe tra borghesia e proletariato in un modo tanto avvincente quanto didattico. In una fabbrica apparentemente tranquilla, un gruppo di operai sta organizzando clandestinamente uno sciopero in grado di strappare migliori condizioni di lavoro e di retribuzione. E all’ennesimo, drammatico, sopruso - un operaio che, accusato ingiustamente di furto dai suoi padroni, si impicca sul posto di lavoro - si scatena quella che, con i parametri del moderno Occidente narcotizzato, definiremmo come una vera e propria rivolta. I padroni prima rispondono tentando di corrompere i lavoratori più deboli e poi - man mano che lo sciopero continua malgrado i lavoratori siano alla fame, con tutti i relativi contrasti in seno alle famiglie degli scioperanti - assoldano anche elementi malavitosi provenienti dalle file del sottoproletariato per sabotare lo sciopero inscenando la devastazione ed il saccheggio di uno spaccio aziendale per incolpare i manifestanti. La polizia a cavallo, agli ordini dei padroni, si schiera a difesa della fabbrica e massacra gli scioperanti e le loro famiglie con immane violenza. Il film si chiude con la disfatta dei manifestanti.
I successi degli scioperanti sono da attribuirsi senza ombra di dubbio alla loro compattezza e alla loro organizzazione. Ciononostante, la disfatta finale rivela che compattezza e organizzazione non sono sufficienti se la classe non trasforma le proprie rivendicazioni economiche in rivendicazioni politiche.
Buona visione!