Segue da “Nietzsche e la critica della modernità”
3. Dalla negazione della coscienza storica alla sua radicalizzazione
Nella seconda metà degli anni settanta del XIX secolo con lo stabilizzarsi della Terza Repubblica in Francia, il quadro storico è sensibilizzato mutato, il panico prodotto dal pericolo rivoluzionario suscitato dalla Comune di Parigi (1871) pare venuto meno. Perciò Nietzsche ritiene che non ci si possa più limitare – come aveva fatto nella Nascita della tragediasulla scia del secondo Schelling e di Schopenhauer – a contrapporre gli antichi miti alla modernità da esorcizzare, in quanto epoca della paventata massificazione. In Umano, troppo umano (1878-79) a essere paragonata alla Grecia – le cui lotte fratricide avevano favorito il risorgere della barbarie asiatica – è ora l’Europa, della quale occorre preservare a tutti i costi l’unità di contro al temuto riemergere della “testa dell’idra internazionale”, che rappresenta agli occhi di Nietzsche la nuova barbarie. Perciò Nietzsche mette da parte il suo entusiasmo per la vittoria della Prussia aristocratica sulla Francia, fulcro delle rivoluzioni moderne.
Del resto, già la guerra di conquista prussiana volta all’annessione dell’Alsazia e della Lorena, dopo la sconfitta di Napoleone III, aveva contrariato Nietzsche che vi aveva a ragione colto la causa remota della successiva terribile guerra inter-europea, che avrebbe consentito l’affermarsi della rivoluzione in Russia. Tali guerre fratricide fra le grandi potenze europee, dunque, agli occhi di Nietzsche minacciano di dissanguare quel che resta dell’aristocrazia e delle tradizionali classi dominanti, aggravando nuovamente il pericolo rivoluzionario. In tal modo Nietzsche intuisce l’importanza che svolgerà in chiave anti-rivoluzionaria il processo di unificazione delle potenze europee e delle sue classi dirigenti e dominanti.
Tanto più che Nietzsche da ribelle aristocratico è sempre più deluso per le aspettative che aveva riposto nel II° Reich guglielmino, che aveva precedentemente osannato in quanto avrebbe assunto la missione storica di restaurare una nuova Grecia, in quanto baluardo della lotta contro l’odierna barbarie socialista. Tali auspici apparivano traditi dal momento che lo stesso Junker, con l’aiuto di Bismarck, per consolidare l’enorme potere che si era conquistato, invece di portare avanti un’aperta repressione della forze che tendevano a massificare il mondo moderno, aveva sviluppato una tattica di sostanziale Rivoluzione passiva. In tal modo era giunto a concedere il suffragio universale maschile, l’obbligo scolastico, la legalizzazione dei sindacati, senza perseguitare adeguatamente né il movimento per l’emancipazione della donna, né il partito che si batteva per l’emancipazione del proletariato. D’altronde nello stesso periodo Friedrich Engels formula la tesi che la funzione d’avanguardia rivoluzionaria svolta fino ad allora dalla Francia, doveva ormai passare alla Germania, in cui si veniva sviluppando il più significativo partito operaio egemonizzato dal marxismo.
Per tali motivi, Nietzsche non interpreta più il conflitto fra Francia e Germania come l’antitesi fra l'aborrita Civilisation moderna e l’ambita Kultur greco-germanica, in quanto comprende ormai che il morbo rivoluzionario non è affatto estraneo alla stessa Germania. Del resto Rousseau ha certamente influenzato Kant e, mediante quest’ultimo, certamente anche Schiller e Beethoven, due capisaldi della grande cultura classica tedesca. Tanto più che la critica dello stesso cristianesimo, considerato sempre più da Nietzsche come un movimento plebeo e sovversivo, non può non investire anche il paese di Lutero e della guerra dei contadini, plastica dimostrazione di come la religione cristiana continui ad animare le rivolte servili.
Risulta ormai inadeguato il richiamo della Nascita della tragedia a Dioniso, a Schopenhauer e a Lutero. Alla modernità va contrapposta un’altra tradizione culturale, che prende le mosse dalla stagione ellenica e che include, necessariamente ora, il Rinascimento e l’Illuminismo. Anche perché lo sciovinismo pangermanico che ha così profondamente segnato le opere del periodo giovanile ha ormai lasciato il posto, nella fase illuministico genealogica alla difesa dell’Occidente e dell’Europa – della cui unificazione ormai il ribelle aristocratico è divenuto fervente sostenitore, ritenendola un indispensabile baluardo di contro al possente attacco alla civiltà sferrato da parte del socialismo e dei popoli in rivolta del mondo coloniale.
D’altra parte, in questa fase di trapasso dagli scritti giovanili agli scritti della maturità, l’illuminismo non è più considerato da Nietzsche, come generalmente avviene, quale preparazione ideologica alla Rivoluzione francese, anch’essa condannata alla stregua di una rivolta servile e anti aristocratica. Al contrario nell’interpretazione al solito rovescista di Nietzsche, l’illuminismo viene a tal punto stravolto e strumentalizzato da divenire un mezzo atto a meglio contrastare la Rivoluzione francese e il suo spirito rivoluzionario che ha spazzato via l’ancien régime.
A ulteriore conferma che proprio in ciò consiste la ripresa dello spirito corrosivo dell’illuminismo da parte di Nietzsche vi è il richiamo all’illuminismo moderato di Voltaire, il massimo fautore del dispotismo illuminato, apprezzato in particolare per la dura polemica condotta contro Rousseau, il padre della democrazia moderna e punto di riferimento della fase più radicale della Rivoluzione francese. Proprio contro lo spirito ottimistico di Rousseau andrebbe a parere di Nietzsche rivolto il celebre volteriano “ecrasez l’infame” (schiacciate l’infame), che andrebbe anche utilizzato per colpire tanto il cristianesimo, quanto il socialismo in quanto sarebbero entrambi caratterizzati da fede superstiziosa e fanatismo morale.
Contro questi ultimi aspetti, Nietzsche intende utilizzare come antidoto l’illuminismo liberale, che diviene anche lo strumento mediante cui il pensatore reazionario si fa beffe della bigotteria luterana e dei nazional-liberali tedeschi. Incolmabile è ormai la distanza che separa il Nietzsche “illuminista” dai punti di riferimento degli anni giovanili, ovvero Wagner e Schopenhauer, nella cui negazione della volontà di vivere continuerebbe a echeggiare la concezione del mondo dell’uomo medievale e cristiano. Allo stesso modo anche il giovanile giudizio positivo su Kant, considerato ancora un valido antidoto alla dialettica hegeliana, viene modificato da Nietzsche che ora lo accusa di essere addirittura un residuo del medioevo, in particolare per la centralità da lui assegnata alla morale.
Questo mutamento di prospettiva del pensiero di Nietzsche comporta, al contempo, un nuovo atteggiamento verso la storia e l’indagine storica, non più considerate come un “danno”. Al contrario in Umano, troppo umano Nietzsche considera la mancanza di senso storico un difetto dei filosofi e degli intellettuali del tempo, che in tal modo non comprenderebbero che lo stesso uomo è divenuto e non ci sono fatti eterni. Bisogna, quindi, a parere di Nietzsche ricostruire la genesi e lo sviluppo di quei temi ed emozioni fino a quel momento considerati eterni, per meglio scardinare la fiducia nella morale, denunciata come piattaforma ideologica della sovversione moderna. La così detta “svolta illuministica” di Nietzsche non comporta, quindi, in alcun modo una qualche conciliazione con la aborrita modernità, anzi Nietzsche vuole paradossalmente utilizzare la cultura illuminista, così decisiva per la formazione della cultura moderna, come un fondamento che renda più rigorosa la sua costante crociata volta a delegittimare la modernità, al fine di favorire la reazione.
4. Otium, lavoro e schiavitù
Per Nietzsche la causa fondamentale della decadenza del mondo moderno, che ha esiti catastrofici per la stessa sopravvivenza della civiltà umana, è la marcata perdita dell’ozio, che sarebbe indispensabile per poter sviluppare un’autentica cultura. Tale ozio è, infatti, reso possibile, per una ristretta élite unicamente a patto che la grande maggioranza del genere umano e la quasi totalità delle donne svolgano tutti i lavori manuali, in uno stato di sostanziale schiavitù. Da questo punto di vista, secondo Nietzsche, è decisivo tornare all’antica concezione aristocratica, dominante nel mondo antico in particolare greco, per cui lavoro è sinonimo di volgarità e infamia e, quindi, deve essere svolto esclusivamente da esseri subumani come le masse popolari e la quasi totalità delle donne. Ciò porta Nietzsche a ironizzare pesantemente sulla concezione moderna che porta ad attribuire persino al lavoro e ai lavoratori una “dignità”.
Per quanto tale definizione del lavoro sia fondamentalmente funzionale a mantenere il potere sui lavoratori, ridotti alla schiavitù del lavoro salariato, attraverso una rivoluzione passiva, Nietzsche è del tutto contrario a ogni forma di concessione alle masse che considera subumane, nei confronti delle quali bisognerebbe ritornare a una dittatura aperta funzionale a ridurle nuovamente a uno stato di schiavitù. Al punto che Nietzsche arriva addirittura a vagheggiare un attentato terroristico contro lo stesso ultrareazionario Kaiser Guglielmo II, in quanto appunto avrebbe parlato, in un discorso evidentemente populistico, di dignità del lavoro. Del resto per Nietzsche l’unica alternativa possibile per salvare la civiltà rispetto alla vagheggiata restaurazione della civiltà sarebbe unicamente lo “sterminio di milioni” di “malriusciti”, come Nietzsche ama definire le masse popolari. Proprio perciò Nietzsche si oppone nel modo più radicale a ogni diffusione dell’istruzione fra la massa e la quasi totalità delle donne. Di conseguenza, si oppone fieramente a ogni forma di istruzione pubblica. Dal suo punto di vista, in effetti, “se si vogliono degli schiavi – e di essi si ha bisogno – non si devono educare come padroni”. Le masse possono essere al massimo ammaestrate a svolgere la funzione di schiavi indispensabili per la realizzazione dell’alta cultura, come il mondo dell’antica Grecia testimonierebbe in modo esemplare.
Certo questi temi sono presenti anche nella tradizione liberale, come ricorda Losurdo in un altro dei suoi magistrali libri: Hegel e la libertà dei moderni. In tale opera Losurdo dimostra come la concezione liberale dell’otium e del lavoro, sia contrapposta a quella di Hegel che ritiene che, proprio mediante l’attività lavorativa, il servo si trovi nella condizione di rovesciare il rapporto di dominio che lo lega al signore. D’altra parte, mentre il liberalismo deve a un certo punto fare i conti con lo sviluppo della società industriale e, quindi, si vede costretta, per mantenere l’egemonia sulle masse popolari, ad affermare demagogicamente l’importanza e la dignità del lavoro, Nietzsche respinge con sdegno proprio per questo motivo il processo di industrializzazione che porta a sostituire il servo e lo schiavo con il proletario, decisamente più sovversivo.