Vita di Galileodi Bertolt Brecht, Einaudi Torino, 1963, voto: 10, capolavoro assoluto del grande drammaturgo leninista sulla rivoluzione scientifica “senza rivoluzione” del diciassettesimo secolo e sulle sue tragiche ripercussioni sino ai giorni nostri. Magistrale rappresentazione drammaturgica della grandezza e della miseria di uno dei più grandi scienziati della storia, che diventa un bilancio critico sugli aspetti positivi e negativi della Rivoluzione scientifica. Brecht, senza nulla togliere alla grandezza storica di questo eccezionale scienziato, ne coglie al contempo i limiti nella prospettiva del futuro rapporto fra scienza e società, quel lato oscuro sul quale non si è a sufficienza riflettuto. Si legge in una giornata, è interessantissimo e al contempo godibilissimo (sia da adulti che da ragazzi) anche in assenza della messa in scena. Per farsi un’idea di quest’ultima si consiglia di vedere lo splendido film del 1975 Galileo del grande regista comunista Joseph Losey (disponibile su youtube in lingua originale) o di ascoltare la messa in scena del grande regista socialista Giorgio Strehler disponibile a questo link.
Nietzsche, il ribelle aristocratico, di Domenico Losurdo, Bollati Boringhieri, Torino 2002, voto: 10-, capolavoro del grande storico delle idee comunista che smonta in modo sistematico l’interpretazione rovescista che pretende fare di Nietzsche un pensatore di “sinistra”, mostrando nel modo più rigoroso la natura radicalmente reazionaria del suo pensiero, volto a perorare la causa della dis-emancipazione del genere umano. Unici nei la carenza di sintesi e il giudizio del tutto ingeneroso su La distruzione della ragione di Lukács, nei confronti del quale, e non solo in quest’opera, Losurdo – lo riconosca o meno – è debitore in modo significativo.
Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels a cura di Domenico Losurdo, Laterza Roma-Bari, voto 9,5, edizione di quest’opera capitale per la comprensione del mondo contemporaneo e di grande valore, in particolare. per l’ottima introduzione di Domenico Losurdo, che rende pienamente giustizia alla stringente attualità di quest’opera e del pensiero dei suoi autori. Unico neo la mancanza del testo in lingua originale.
La comunità, la morte, l’occidente. Heidegger e l’“ideologia della guerra” [1991], di Domenico Losurdo, Bollati Boringhieri, Torino 2001, voto: 9,5, resta un essenziale studio per comprendere la filosofia tedesca reazionaria fra la Prima e la Seconda guerra mondiale e, in particolare, la filosofia del più grande pensatore reazionario del tempo: M. Heidegger. Il libro è di importanza essenziale per comprendere le implicazioni politiche della filosofia di tali pensatori reazionari e, in particolare, di Heidegger, generalmente occultate dagli studiosi della (a)-sinistra, per giustificare la loro infatuazione per intellettuali decisamente reazionari, quando non a destra del nazionalsocialismo, come nel caso di Heidegger e C. Schmitt.
La controriforma della dialettica, di Francesco Valentini, Editori Riuniti, Roma 1966, voto: 9, libro eccezionale dal punto di vista teoretico tanto per la critica al neoidealismo italiano, quanto per gli essenziali chiarimenti sulla filosofia hegeliana. D’altra parte il limite principale del libro è una critica condotta nella prospettiva teoretica hegeliana, di cui non si colgono mai limiti, piuttosto che dalla più avanzata prospettiva marxista del materialismo storico.
La distruzione della ragione (1954), di György Lukács, Einaudi, Torino 1974, voto: 9, essenziale classico della filosofia marxista che aggiorna la critica marxiana, sulla base del materialismo storico e dialettico, dell’ideologia e della sociologia dominante in Germania e, spesso, anche a livello europeo e internazionale dal tardo romanticismo fino al secondo dopoguerra. Particolarmente importante per far emergere gli elementi palesemente reazionari delle filosofie di Schopenhauer e Nietzsche, con cui non di rado amano civettare anche intellettuali sedicenti di sinistra anche radicale.
La commedia umana, volume II, di Honoré (de) Balzac, a cura di M. Buongiovanni Bertini, Illusioni perdute, voto: 9, davvero pessima la cura del volume e il ridondante e del tutto capzioso apparato di note. Resta uno dei capolavori di Balzac (scrittore non a caso fra i più ammirati da Marx e Lukács) che denuncia, con un eccezionale effetto di straniamento, le illusioni perdute dei giovani piccolo borghesi nella meritocrazia della società capitalista o nella possibilità di ascesa sociale ponendosi al servizio della reazionaria aristocrazia. Balzac è abilissimo nel cogliere tutte le contraddizioni nel modo più realista sia dell’ascendente borghesia liberale, sia della decadente aristocrazia fautrice della distopica restaurazione. Allo stesso modo denuncia nel modo più spietatamente realistico tutte le illusioni della piccola borghesia di poter ascendere socialmente sia nella prospettiva idealista del cavaliere della virtù, sia in quella arrivista dell’uomo del corso del mondo. Il principale difetto di questo per altro splendido romanzo, difetto costante dell’opera di Balzac, è la mancanza di un personaggio realmente positivo, che apra la prospettiva nella direzione del superamento tanto della società della restaurazione, quanto di quella liberale. Vengono, al contrario, idealizzate da questo eccezionale romanziere o le figure femminili dedite al loro destino di subordinazione e di schiavitù domestica, o quelle degli intellettuali idealisti, interamente votati all’arte per l’arte.
Nietzsche e la critica della modernità. Per una biografia politica, di Domenico Losurdo Manifestolibri, Roma 1997, voto: 9, è una decisiva controstoria, con una eccezionale capacità di sintesi, di quello che viene a ragione definito come il più grande fra i filosofi reazionari e il più reazionario fra i filosofi. In particolare l’agile ,ma densissimo volumetto è essenziale per comprendere come abbiano potuto trasfigurarlo in un pensatore “progressista” anche significativi intellettuali della “sinistra” borghese e piccolo-borghese.
Il collare di fuoco, di Valerio Evangelisti, Mondadori, Milano 2005, voto: 8: prima parte della saga Messicana, ricostruisce in modo appassionante le vicende che hanno preparato la rivoluzione messicana, rilanciando, in una forma aggiornata alle sfide del XXI secolo, il realismo socialista.
Il collare spezzato, di Valerio Evangelisti, Mondadori, Milano 2006, voto: 8: avvincente e interessantissimo romanzo storico sulla Rivoluzione messicana, affrontata in modo realistico e dialettico, con un ragguardevole uso dell’effetto di straniamento.
L’ipocondria dell’impolitico, di Domenico Losurdo, Milella Lecce 2001, voto: 8, pochissimo conosciuto ma essenziale libro del grande filosofo hegelo-marxista, che consente attraverso saggi estremamente efficaci di avere uno sguardo di insieme su alcuni dei filosofi e delle problematiche filosofiche che ha affrontato nella sua eccezionale carriera di storico delle idee comunista, da Kant a Hegel, alle scuole hegeliane, a Marx, al pensiero reazionario e, in particolare, al secondo Schelling a Schopenhauer e a Nietzsche.
La commedia umana, volume I, tomo I, di Honoré (de) Balzac, a cura di M. Buongiovanni Bertini, Mondadori, i Meridiani, Milano 1994, voto: 8-, al di là del livello davvero pessimo delle introduzioni e delle note, in quella che dovrebbe essere la più autorevole versione italiana dell’opera di Balzac, fra le opere scelte di questo primo volume si segnalano accanto a opere indubbiamente minori come La falsa amante, imperituri classici del realismo francese come Papà Goriot ed Eugénie Grandet, oltre a opere meno note, ma certamente da riscoprire come in particolare Béatrix.
Dai fratelli Spaventa a Gramsci, di Domenico Losurdo, La città del Sole, Napoli 1997, voto: 8-, libro poco conosciuto e apparentemente minore del grande storico delle idee da poco deceduto. Questa notevole monografia ha la funzione molto importante di rovesciare la concezione della storia della filosofia e della storia dell’Italia imposta da Gentile durante il regime fascista, contrastando al contempo i limiti storiografici liberali di Croce.
La commedia umanavolume I, tomo II, di Honoré (de) Balzac, a cura di M. Buongiovanni Bertini, , Mondadori, i Meridiani, Milano 1994, voto: 7,5, la curatela del volume è pessima come quella del tomo precedente, con l’unico vantaggio che il mastodontico, assolutamente inutile e superfluo apparato di note si trova quanto meno in fondo al libro. Il tomo non contiene, a differenza del primo, autentici capolavori, ma diverse opere tutte di un certo livello, anche se talvolta la posizione ideologica ultra-reazionaria dell’autore le appesantisce.
Marx e il bilancio storico del Novecento, di Domenico Losurdo, La scuola di Pitagora editrice, Napoli 2009, voto: 7+, il grande pensatore comunista realizza un’apologia indiretta di Marx utilizzando in maniera geniale i suoi stessi nemici della scuola liberale. Con la grandezza e l’importanza storica, politica, culturale, sociale ed economica dell’opera di Marx – nonostante le sconfitte storiche – vengono al contempo mirabilmente messi in luce tutti i limiti della prospettiva liberale. Al contempo, però, nel libro compaiono gli elementi revisionisti del marxismo di Losurdo, che portano l’autore a considerare la prospettiva comunista una distopia e ad esaltare, acriticamente, il governo cinese postmaoista.
Il processo Stalin di Ruggero Giacomini, Castelvecchi, Roma 2019, voto: 7, libro molto significativo in quanto smonta in maniera puntuale ed esaustiva il processo tutto ideologico organizzato da Kruscev per demonizzare la figura di Stalin. Il libro è altrettanto utile nel mostrare e denunciare quanto l’ideologia dominante, apertamente rovescista, abbia potuto giovarsi di questa auto-condanna senza nessuna attenuante pronunciata da chi guidava la grande maggioranza dei comunisti a livello internazionale. La necessità di smontare le ideologiche accuse di Kruscev, finisce per lasciare troppo in secondo piano l’esigenza altrettanto necessaria di tracciare un ponderato ed equilibrato bilancio storico, da un punto di vista marxista e comunista, tanto della figura di Stalin che di quelle di Kruscev.
Averroé o il segretario del diavolo [2017], di Gilbert Sinoué, Neri Pozza editore, Vicenza 2019, voto: 7, un’ottima introduzione, anche per non esperti, alla filosofia rivoluzionaria del medioevo, attraverso un interessante romanzo storico, che evidenzia gli aspetti più moderni e progressisti della filosofia araba. Il limite è che talvolta l’autore tende a forzare un po’ troppo gli aspetti moderni del pensiero di Averroè, senza mostrarne anche i necessari limiti storici. Così questioni molto opinabili, come ad esempio la teoria delle così dette “due verità” e la concezione per certi aspetti elitaria del sapere, la questione dei compromessi con il potere politico e la problematica di una necessità scientifica che sembra togliere lo spazio necessario al libero arbitrio, restano quasi completamente in ombra. Si rischia così, come accade spesso, che per sostenere ancora oggi le posizioni certamente rivoluzionarie di un filosofo appartenente a un lontano passato, si finisce per assumere posizioni sostanzialmente riformiste rispetto alle sfide del XXI secolo.
Antonio Gramsci dal liberalismo al “comunismo critico”, di Domenico Losurdo, Gamberetti editore, Roma 1997, voto: 7-, il libro condensa gli aspetti eccellenti della critica, in una prospettiva hegelo-marxista, di Losurdo alle ideologie filosofiche dominanti e i gravi limiti del suo tentativo di revisionare il marxismo riducendolo a hegelismo.
Noi saremo tutto, di Valerio Evangelisti, .Mondadori, Milano 2004, voto: 7-, romanzo storico di eccezionale interesse per ricostruire la storia di una fase decisiva del movimento sindacale statunitense, il ruolo giocato in esso dai comunisti, le infiltrazioni del gangsterismo e della mafia, i rapporti prima con il New Deal di Rooslvelt e poi con la caccia alle streghe. Il tutto presentato in modo realistico, critico e dialettico a eccezione del personaggio principale. In tal caso, per utilizzare in tutte le sue potenzialità l’effetto di straniamento, si costruisce un protagonismo essenzialmente diabolico, quindi non tipico e realistico.
Itinerari comunisti di Bruno Steri, DeriveApprodi, Roma 2018, voto: 6+, il libro è ricco di saggi molto interessanti e stimolanti ed è sicuramente un’operazione meritoria dell’autore e dell’editore averli rimessi a disposizione del pubblico in un agile volumetto, anche perché nella grande maggioranza dei casi si affrontano questioni non solo importanti per comprendere il passato, ma anche utili per il presente e il futuro. La posizione generalmente equilibrata e dialettica dell’autore rischia di divenire apologetica quando tratta della recente politica della Repubblica popolare cinese. Per quanto, infatti, possa essere utile e necessario farne emergere anche gli aspetti progressivi e positivi – dinanzi a un quadro a tinte quasi completamente fosche da parte dell’ideologia dominante – sarebbe il caso che i comunisti si sforzassero di elaborare un giudizio storico e politico maggiormente equilibrato, ovvero né demonizzante né apologetico.
Berlino 1944. Caccia all’assassino tra le macerie [2013], di Harald Gilbers, Emons, Roma 2018, voto: 5+, giallo storico molto pubblicizzato, anche dall’unico quotidiano italiano che si definisce comunista. Il romanzo lascia molto a desiderare non solo dal punto di vista storico, ma anche politico, per l’impostazione acriticamente liberale di fondo, pronta a sposare persino lo pseudoconcetto ideologico del totalitarismo, che tenderebbe a equiparare quali modelli negativi la Germania nazista e l’Unione sovietica, scadendo in una apologia indiretta delle società liberali.
Black flag, di Valerio Evangelisti, Einaudi, Torino 2002, voto: 4-, veramente una grandissima delusione, dopo aver letto una serie di romanzi storici davvero eccezionali di questo grande scrittore rivoluzionario. Anche perché il romanzo dovrebbe, in qualche modo, introdurre all’eccezionale saga di Evangelisti sulla controstoria degli Stati uniti, presentata negli altri notevoli volumi a essa dedicati da un punto di vista dialettico e di classe. Al contrario in questa modesta raccolta di racconti, tenuti insieme quasi esclusivamente dal tema della violenza, non si affronta quest’ultima tematica in modo critico e dialettico, ma in modo quasi apologetico, finendo per prendere una posizioni quasi più vicina al grande pensatore reazionario Nietzsche o all’ambiguo Sorel, piuttosto che al grandissimo pensatore rivoluzionario Marx.