Un amico straordinario di Marielle Heller, Usa 2019, voto: 5,5; film melenso, piuttosto noioso e melodrammatico, dà un messaggio positivo, ovvero che non esistono eroi, ma uomini che cercano di superare le proprie debolezze.
Gauguin a Tahiti – Il paradiso perduto di Claudio Poli, documentario, Usa 2019, voto: 5,5; il documentario pretende di glissare sulle gravi problematiche che vedono pesantemente implicato l’artista che, come spesso accade, è un pessimo uomo. Il fatto che anche contro le più spaventose evidenze il film continui a esaltare l’uomo e non solo l’artista, dimostra una posizione rovescista nei confronti del colonialismo e della schiavitù domestica della donna.
Mister Link di Chris Butler, animazione, Usa 2019, voto: 5,5; a tratti divertente e brillante, autoironico, si sforza di mediare contenuti progressisti, ma rimane una merce di qualità dell’industria culturale, un’opera essenzialmente d’evasione, che lascia ben poco su cui riflettere allo spettatore.
Passeggeri notturni serie televisiva italiana 2019, in dieci episodi, diretta da Riccardo Grandi, voto: 5+; nonostante i soli 10 episodi di tredici minuti, la serie non sfugge al consueto difetto di allungare il brodo. Gli attori non sono sempre all’altezza e la serie da un’immagine edulcorata sulla base di una visione sostanzialmente apologetica degli apparati repressivi di un paese imperialista.
L’uomo del labirinto di Donato Carrisi, thriller, Italia 2019, voto: 5,5; tutta l’intricatissima vicenda su cui è costruito il film si risolve nella constatazione che esistono sadici che si divertono a torturare all’infinito le loro vittime che, a loro volta, nel momento in cui vengono liberate, tendono a ripercorrere le orme del carnefice.
La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Lorenzo Mattotti, animazione, Francia, Italia 2019, voto: 5+; il film sostiene che gli orsi nelle montagne sono superiori agli uomini che nelle città tendono a incarognirsi. Si tratta di una tarda ripresa del primo Discorso di Rousseau. Inoltre è indubbiamente intollerabile come anche nella fantasia non si inventi mai un mondo superiore a quello capitalista, ma si tenda a ripresentare con nostalgia il regime assolutistico.
Volevo nascondermi di Giorgio Diritti, biografico, Italia 2020, voto; 5+; già la vita di un pittore in quanto tale di per sé non ha grande rilievo, tanto più se si cede alla moda “culturale” del postmoderno, per cui la rappresentazione deve essere del tutto astratta dal luogo e dal tempo in cui si svolge e deve essere priva di qualsiasi spiegazione razionale di quanto si vede.
Panico di Julien Duvivier, Francia 1946, voto: 5+; la trama, peraltro facilmente prevedibile, se da una parte denuncia a ragione i pregiudizi e i comportamenti irrazionali di una folla ignorante egemonizzata da malviventi e piccolo borghesi, dall’altra ha un’attitudine aristocratica, priva di qualsiasi fiducia nelle masse.
L’amore a domicilio di Emiliano Corapi, commedia, Italia 2019, voto: 5+; nel film manca qualsiasi allusione al motore della storia, il conflitto sociale e anche la condizione di sfruttamento del lavoro salariato è presentata in forma del tutto edulcorata.
Dafne di Federico Bondi, Italia 2019, voto: 5+; film che assicura un mediocre godimento estetico e lascia troppo poco su cui riflettere allo spettatore. Manca del tutto la critica sociale.
The Young Pope, serie tv in 19 episodi, italo-franco-spagnola di genere drammatico ideata e diretta da Paolo Sorrentino, trasmessa nel 2016 su Sky Atlantic, voto: 5; il papa, con cui Sorrentino sembra impersonarsi e pare far di tutto per far impersonare lo spettatore, non utilizzando l’effetto di straniamento, sembra portatore di un nichilismo estremo e attivo, dinanzi a quello del suo antagonista, il cardinale Voiello, che sembra impersonare l’uomo del corso del mondo. Mentre il papa ha i tratti del superuomo di Nietzsche. Resta la completa inverosimiglianza dell’assunto, per cui un signor nessuno, eletto a papa, può comportarsi come un despota dell’antico oriente, eliminando millenni di storia di emancipazione dell’umanità. Ma a Sorrentino sembra ormai unicamente interessare dar libero sfogo, una volta conquistato il successo, al proprio delirio di onnipotenza, che si esprime in un assoluto cinismo (da cretino aggiungerebbe Marx) e in un narcisismo sempre più sfacciato, tanto che non fa che rimirarsi la lingua.
Ratched, serie televisiva drammatica, thriller in 8 puntate, Usa 2020, distribuita da Netflix, voto: 5; in un’epoca di revisionismo e di vero e proprio rovescismo storico davvero non si sentiva la mancanza di una serie che provasse a rivalutare la diabolica infermiera di Qualcuno volò sul nido del cuculo. Sfruttando anche una discutibile critica femminista, l’infermiera diviene ora la protagonista indiscussa della storia. Sicuramente viene meno l’unilateralità del personaggio cui si ispira, la figura dell’infermiera diviene più complessa, dialettica e, persino, affascinante. D’altra parte, come avviene molto spesso nel cinema americano in cui domina il metodo Stanislavskij, l’attrice Sarah Paulson si immedesima perfettamente nel suo personaggio, contribuendo a dargli spessore e complessità ma, al contempo, portando lo spettatore a immedesimarsi a tal punto da fargli necessariamente perdere le proprie capacità di giudizio critico sul modo di agire di un personaggio che si pone al di là del bene e del male.
L’uomo Invisibile di Leigh Whannell, horror, fantascienza, thriller, Usa. 2020, voto: 5; per quanto ben confezionato e politically correct il film resta una valida rivisitazione di un grande classico del cinema d’evasione, utile per distrarti per un po’ di tempo dai problemi della vita reale e darti la possibilità di riprodurre la forza lavoro per un nuovo periodo di sfruttamento.
Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores, Italia 2019; voto: 5; film che non assicura un sufficiente godimento estetico, né lascia più di tanto su cui riflettere allo spettatore, anche per la vicenda particolaristica che narra.
La Gomera – l’isola dei fischi di Corneliu Porumboiu, drammatico, Romania, Francia, Germania 2019, voto: 5; thriller ben girato, ma privo di contenuti.
#Unfit – La psicologia di Donald Trump di Dan Partland, documentario, Usa 2020, voto: 5; il film mostra, involontariamente, tutta la debolezza, l’ignoranza, i pregiudizi dell’opposizione. Se ne deduce che i pericoli di un Trump presidente non sono maggiori di quelli rappresentati dal fatto che gli Stati Uniti sono la maggiore potenza mondiale.
Lontano Lontano di Gianni Di Gregorio, commedia, Italia 2019, voto: 5; il film sminuisce il problema delle pensioni da fame e del costo della vita, dando a intendere che i reali bisognosi sono gli immigrati extracomunitari, che possono farcela grazie alla elemosina che ricevono da tre poveri pensionati italiani.
In viaggio con Adele di Alessandro Capitani, Italia 2018, voto: 5; film piuttosto mediocre, tutto costruito sulla riscoperta di una figlia diversamente abile da parte di un padre artista che non l’aveva mai conosciuta.
Zombi Child, di Bertrand Bonello, Francia 2019, voto: 5-; il film, nonostante utilizzi almeno in parte l’indagine scientifica dell’antropologia culturale, vuole dare credito a delle credenze, peraltro particolarmente primitive, del fenomeno dello zombismo, invece di accreditare la evidente spiegazione dal punto di vista del materialismo storico. Per cui gli schiavi neri a Haiti erano a tal punto sfruttati dai loro padroni da essere ridotti a morti viventi.
Vivi e lascia vivere di Pappi Corsicato, serie tv in dieci episodi, Italia 2020, voto: 5-; la serie cerca di mostrare un riscatto delle donne dalla condizione di subalternità agli uomini ma, al contempo, sembra ritenere possibile superare tali difficoltà, inquadrate nel solo ambito familiare, provando a emanciparsi sul piano cinico e spietato della società civile. Al solito manca del tutto la possibilità di superare i problemi della società borghese mettendone in discussione la logica di sfruttamento e dominio sul piano della lotta collettiva politica e sociale. Inoltre, le questioni sostanziali, che si intravedevano nei primi episodi, sono sostanzialmente messe da parte, per dare spazio agli aspetti più culinari e di evasione. Peccato in quanto vi erano all’inizio alcune riflessioni che potevano essere significative sui rapporti sociali nel modo di produzione capitalistico.
La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco, documentario, Italia 2019, voto: 5-; per quanto il film a tratti possa essere esilarante, alle lunghe decisamente annoia. Inoltre la pretesa di contrapporre, dinanzi al sottoproletariato palermitano, la legalità dello Stato imperialista alla mafia è davvero patetica. Naturalmente non si intuisce nemmeno che si tratti di due facce della stessa medaglia. Né si denuncia come lo stato di abbandono in cui è costretto a sopravvivere il sottoproletariato palermitano, rappresenti l’habitat naturale per lo sviluppo della mafia.
Un divano a Tunisi di Manele Labidi Labbé, commedia, Tunisia e Francia 2019, voto: 5-; una buona occasione per fare un film anche divertente toccando tutta una serie di grandi problematiche sostanziali completamente sprecata.
Il giorno sbagliato di Derrick Borte, thriller e azione, Usa 2020, voto: 5-; prodotto meramente culinario dell’industria culturale a stelle e strisce, ben confezionato e avvincente, ma di pura evasione. Alla base ci sarebbe anche un problema sostanziale, una società come quella statunitense sempre più violenta a causa del crescente disagio sociale e dell’aumento delle diseguaglianze. Così un lavoratore licenziato su due piedi a pochi anni della pensione decide di farsi “giustizia” da solo divenendo, così, il prototipo del sottoproletario di estrema destra. Anche la vittima, da poco licenziata, quando è costretta a indicare chi deve morire al posto del figlio, indica la cliente che l’ha appena licenziata. Ma nella società americana manca qualsiasi coscienza di classe e principio speranza, per cui i licenziati non intuiscono nemmeno di essere nella stessa situazione a causa della società capitalista e, così, invece di unirsi e organizzarsi, si scontrano in una primitiva lotta per la vita e per la morte, in nome del mero riconoscimento.
Vitalina Varela di Pedro Costa, Portogallo 2019, voto: 5-; classico film espressione di quel ribellismo aristocratico in cui si riconoscono pienamente i critici cinefili snob sedicenti di sinistra. Film di un formalismo estremo e del tutto fine a se stesso, dopo aver ammirato la fotografia, l’uso della luce e le inquadrature si rivela programmaticamente insostenibile.
The Deep di Baltasar Kormákur, Islanda 2012, voto: 5-; tratto da una storia vera il film è ben confezionato e ha momenti di grande fascino, dovuti ai paesaggi sublimi in cui è ambientato. Purtroppo il plot è davvero troppo povero, per cui il film finisce si limita a riprodurre la realtà fenomenica.
Bar Giuseppe di Giulio Base, drammatico, Italia 2020, voto: 5-; film che parte con uno spunto significativo, ossia una critica ai pregiudizi razzisti, si sviluppa in modo discutibile e si conclude in modo spiazzante, ma poco significativo.
Odio l’estate di Massimo Venier, Italia 2020, voto: 5-; per quanto si cerchi di introdurre un minimo di contenuti sostanziali, il film resta un prodotto essenzialmente d’evasione, piuttosto fastidioso per la solita morale interclassista, propagandata in ogni modo dall’ideologia dominante.
Away, voto: 5-; una serie che, dietro un viaggio spaziale, nasconde sottili messaggi politici reazionari che arrivano allo spettatore senza che neanche se ne accorga.