I miserabili di Ladj Ly, Francia 2019, voto: 8; film emozionante, godibile esteticamente e che lascia molto su cui riflettere allo spettatore. I miserabili è anche un meritorio film di denuncia delle condizioni di vita nei quartieri proletari e sottoproletari, della classista e razzista repressione portata avanti dalle forze del (dis)-ordine borghese. Interessante anche l’analisi di come in tali quartieri con molti musulmani tenda ad affermarsi il fondamentalismo islamico. Ciò avviene innanzitutto per l’attitudine puramente repressiva del sedicente Stato liberal-democratico. In secondo luogo per la sostanziale assenza di organizzazioni comuniste degne di questo nome. Per cui, abbandonate a loro stesse, le banlieue rischiano di essere dominate dalla droga, anche perché, come si vede bene nel film, gli apparati repressivi dello Stato trovano come migliori alleati la criminalità organizzata. Nel film non si ragiona sufficientemente sulla necessaria dialettica tra spontaneismo e direzione consapevole, per cui anche la rivolta finale finisce per apparire un po’ troppo come una vendetta particolare. Infine, per quanto si mostri che i fondamentalisti tendano in ultima istanza a collaborare con gli apparati repressivi, in quanto entrambi funzionali alla salvaguardia del (dis)ordine costituito, la loro funzione prevalentemente reazionaria non è affatto sottolineata. Anzi alla fine tendono ad apparire la forza organizzata meno peggiore, rispetto all’aspetto essenzialmente repressivo dello Stato imperialista, i politici opportunisti e la malavita organizzata. Quasi che potesse essere, pur in modo parziale parte della soluzione del problema, e non come è, in effetti, parte integrante di quest’ultimo.
Unorthodox, miniserie Netflix in 4 puntate ideata da Anna Winger e Alexa Karolinski, regia di Maria Schrader, Germania 2020; voto: 8; interessante mini serie tratta da una storia vera, che denuncia una volta tanto un fondamentalismo di cui raramente si parla: quello ebraico ortodosso. In particolare si denuncia la pesante discriminazione e oppressione della donna. A quest’ultima è assolutamente proibito persino di seguire la propria passione e attitudine per la musica, che è riservata ai soli uomini. Inoltre non ha nemmeno la possibilità di decidere il proprio marito, cui viene data in moglie mediante un sensale senza averlo conosciuto prima e senza possibilità di rifiutarlo. La donna dopo essere stata fatta sposare è costretta a farsi rasare a zero i capelli. La sua femminilità è del tutto annullata. Conta soltanto in quanto madre, visto che le è stato inculcato che deve produrre più bambini possibili per poter ridare vita ai sei milioni di ebrei sacrificati nell’olocausto. Infine veniamo anche a conoscere la tragedia della madre della protagonista, costretta a svolgere in Germania un lavoro pesante e servile non avendo avuto un’educazione e non avendo nessuno della sua famiglia e della comunità in cui è cresciuta che la riconosca più come un essere umano. Tutto ciò perché è stata destinata a sposare un poco di buono, alcolista assolutamente incapace di provvedere al patrimonio della famiglia, costringendo la moglie a cercare rifugio nella fuga, dal momento che alle donne non è permesso lavorare e la comunità sempre pronta a punire e a marginalizzare ed escludere il diverso. La comunità è tutta chiusa nella sua antica lingua e tradizione e non ha nessun tipo di rapporti amichevoli al di fuori di essa. Anzi chi se ne allontana è perseguitato, al punto che la protagonista – di una storia vera, è utile raccontarlo – viene posta dinanzi alla scelta se tornare nella comunità o uccidersi. Il limite principale della serie è limitarsi alla pur essenziale critica dell’irrazionalismo e dell’oppressione delle visioni del mondo religiose vissute in modo ortodosso, vedendo nell’emancipazione da esse l’emancipazione dell’uomo. Senza comprendere che tali forme irrazionali di religiosità continuano a sopravvivere, non a caso proprio negli Stati Uniti, in quanto la società capitalista è una società ultra individualista, senza cuore, che fa nascere negli individui il bisogno di un cuore artificiale e di una comunità, per quanto oppressiva della libertà soggettiva possa essere.
Orange Is the New Black serie Usa, voto 8-; una serie statunitense tutta al femminile che ci parla dello sfruttamento e delle principali lotte in corso.
A Very English Scandal di Stephen Frears, miniserie televisiva in tre puntate, BBC, Gran Bretagna 2018, in Italia Fox Crime, voto: 7,5; tratto da una storia vera, nel primo episodio assistiamo alla peripezie che un potente parlamentare liberale britannico deve fare per tenere nascosta, nella seconda metà degli anni sessanta, le sue relazioni omosessuali. In particolare dopo aver circuito e reso suo amante un povero giovinetto, con turbe psichiche, finisce con lo scaricarlo per un nuovo amante. Ma il primo, lo denuncia alla polizia, che invia il tutto ai servizi segreti, che archivia in cassaforte la pratica, in quanto in Gran Bretagna l’omosessualità è ancora punita per legge. Quando poi l’ex amante lo ricatta, il parlamentare cerca di farlo intimorire e comprarne il silenzio da un altro parlamentare liberale. Tuttavia il parlamentare protagonista viola l’accordo, non rilasciando al suo ex amante un certificato che, in quanto suo ex datore di lavoro, gli consente l’accesso a tutta una serie di servizi sociali per lui di decisiva importanza. Nel frattempo diviene segretario del partito liberale. La storia diviene sempre più assurda e surreale, ma si badi bene che si tratta di una storia vera. Sebbene il dirigente liberale abbia raggiunto il culmine del suo potere politico, tanto da divenire arbitro per la formazione di un nuovo governo, continua a non voler risolvere nel modo più razionale la questione con il suo ex amante, dandogli l’attestato che gli spetterebbe, per essere stato al suo servizio, ma continua a progettare il suo assassinio, per paura che lo scandalo della sua omosessualità gli rovinerebbe la carriera.
Bombshell di Jay Roach, Usa 2019, voto: 7,5; bel film di denuncia contro il patriarcato, il machismo, l’oppressione delle donne, la riduzione dei loro corpi a merce e a strumento di godimento dei maschi potenti. Efficace anche come denuncia dei lavoratori più deboli, in questo caso le donne, che per non essere licenziate e/o far carriera vengono sottoposte a costanti umiliazioni, generalmente a sfondo sessuale. Sullo sfondo vi è anche una denuncia della faziosità e della capacità di manipolare le coscienze da parte dei grandi mezzi di comunicazione, in particolare in mano ai privati e nello specifico proprietà del miliardario ultra-reazionario Trump. Infine vi è una significativa satira degli ambienti bigotti, codini e ultra reazionari ampiamente presenti negli Stati uniti e della loro profonda ipocrisia. Il film è efficace in quanto mostra che solo la lotta paga, anche quando è condotta da un Davide contro un Golia, ovvero da un lavoratore contro un uomo di potere che ha dietro il sostegno del sistema. Il film mostra anche come la notte più lunga eterna non è se i subalterni sono in grado di ribellarsi. Allo stesso tempo mostra come queste lotte essenzialmente individuali, condotte dall’interno del sistema, per vie prevalentemente legali riescano soltanto a scalfire la superficie del potere costituito e della sua macchina oppressiva. In tali casi il sistema finisce per scaricare anche uno dei suoi più efficienti funzionari, nel momento in cui lo scandalo lo travolge, utilizzandolo come capro espiatorio, come la mela marcia da mettere da parte per salvare il resto del sistema sano dal possibile contagio. Peraltro anche al general manager sacrificato come capro espiatorio il sistema concede non solo l’onore delle armi, ma una buona uscita superiore a quanto ha dovuto pagare come risarcimento per le sue molteplici vittime. Il film ha un buon ritmo, è abbastanza avvincente e ben recitato. La sua dote principale è il realismo critico verso il potere costituito, che continua a rimanere una specificità del cinema statunitense del tutto assente nel cinema dell’Unione europea e, in particolare, in Italia. Nel nostro paese, oggi, sarebbe del tutto impensabile un film destinato al grande pubblico con delle critiche così aperte al capo dello Stato e al principale mass media reazionario del paese, oltre al maschilismo e allo sfruttamento anche sessuale nei luoghi di lavoro. Il limite principale di questi film è che non sono nemmeno in grado di ipotizzare una reale alternativa di sistema e un soggetto sociale in grado di incarnarla.
Tintoretto un ribelle a Venezia di Giuseppe Domingo Romano, Italia 2019, voto: 7+; documentario pienamente godibile e realizzato a regola d’arte. Evitando l’insostenibile docu-fiction il film ricostruisce accuratamente il personaggio storico e l’intero arco di sviluppo della propria opera. Il documentario è valido dal punto di vista didattico, in quanto insegna a godere esteticamente l’opera di questo pittore. Mancando una chiave scientifica per interpretare la storia, non si comprendono i risvolti storici e sociali della sua opera ed egualmente superficiale rimane la ricorrente definizione di “pittore ribelle”.
Cosa sarà di Francesco Bruni, drammatico, Italia 2020, voto: 7+; il film mostra, con una serie di flashback molto ben montati, il protagonista malato ripercorrere e fare i conti in modo critico con tutta la sua vita precedente. Peccato che si faccia finta che non esistano i rapporti di produzione e, quindi, si affrontano temi sostanziali prescindendo del tutto dalle problematiche economiche e sociali.
La Freccia Azzurra di Enzo d’Alò, animazione, Italia 1996, voto: 7+; ottimo film per bambini ispirato da Gianni Rodari, capace di raccontare delle splendide favole in grado di mediare in forme immediate concetti fondamentali, a partire dalla lotta di classe. Da questo punto di vista costituisce un ottimo antidoto ai prodotti dell’industria culturale e in particolare del suo più vasto e peggiore monopolio, la Disney, sempre intenta a mediare contenuti classisti o al massimo illusioni interclassiste. Il film quindi oltre a produrre un notevole godimento estetico, costituisce un momento di formazione dei bambini, che vengono portati a prendere parte alla lotta per chi si batte per l’emancipazione del genere umano.
Dragged Across Concrete di S. Craig Zahler, Usa, Canada 2018, voto: 7+; film di denuncia della condizione degli afroamericani martoriati dalla marginalizzazione sociale, dalla diffusione delle droghe pesanti nei ghetti, e dalla carcerazione di massa che li costringe, una volta in libertà a farsi sfruttare dalla criminalità organizzata. Il tutto fa da sfondo a un efficace thriller, che rompendo con gli stereotipi, si prende i giusti tempi per caratterizzare in modo dialettico e contraddittorio i diversi personaggi: dai poliziotti, agli afroamericani. Peccato che manchi una prospettiva di superamento collettivo di questa drammatica situazione.
Planet of the Humans, un documentario prodotto da Michael Moore e girato da Jeff Gibbs, Usa 2020, voto: 7+; documentario che mette a nudo il complesso eco-industriale e la svendita del movimento ambientalista agli interessi delle grandi multinazionali. Il film è denuncia come il capitale possa servirsi per sopravvivere e ripulirsi di problemi reali, da lui stesso prodotti, e di tante brave persone interessate alla questione ambientale. Peccato che gli aspetti propositivi del documentario passino dalla prospettiva ultra-reazionaria neomalthusiana, per cui il problema sarebbe la sovrappopolazione, a farneticazioni nietzschiane.
The Elephant Man di David Lynch, drammatico, Gran Bretagna 1980, voto: 7+; il film di Lynch resta un grande classico del cinema. Girato e realizzato in modo mirabile, assicura un notevole godimento estetico e dà molto da riflettere allo spettatore, su un tema sostanziale come la problematica integrazione dei diversamente abili. Il limite del film è che richiamandosi ai resoconti della vicenda di età vittoriana, dà una visione della realtà molto unilaterale e sostanzialmente reazionaria.