Per un vera “buona scuola” della Repubblica

La LIP (Legge di Iniziativa Popolare Per una buona scuola per la Repubblica), sottoscritta da 100.000 cittadini, presentata in parlamento per la prima volta nel 2006, aggiornata nella primavera 2014 e poi ripresentata sia alla Camera che al Senato lo scorso luglio, può costituire una reale alternativa alla proposta di riforma della scuola renziana, se debitamente sostenuta e appoggiata da movimenti, associazioni, insegnanti, studenti, genitori e dai parlamentari.


Per un vera “buona scuola” della Repubblica

 

La LIP (Legge di Iniziativa Popolare Per una buona scuola per la Repubblica), sottoscritta da 100.000 cittadini, presentata in parlamento per la prima volta nel 2006, aggiornata nella primavera 2014 e poi ripresentata sia alla Camera che al Senato lo scorso luglio, può costituire una reale alternativa alla proposta di riforma della scuola renziana, se debitamente sostenuta e appoggiata da movimenti, associazioni, insegnanti, studenti, genitori e dai parlamentari.

di Antonia Sani

La vicenda della LIP (Legge di Iniziativa Popolare Per una buona scuola per la Repubblica) è di per sé emblematica del livello di degrado in cui navigano oggi le relazioni tra cittadini e istituzioni, spesso offuscate da populismo, demagogia, sostanziale disinteresse per tutto ciò che esula dalla disputa per protagonismi interni agli schieramenti partitici.

Da fine luglio 2014 la LIP è iscritta al Senato come ddl 1583 e successivamente alla Camera come ddl 2630. Una ventina di parlamentari l’ha condivisa al punto di sottoscriverla e impegnarsi per la sua presentazione nei due rami del Parlamento.

Sarebbe stata ottima prova di condivisione – purtroppo non adeguatamente sostenuta dai parlamentari firmatari – il lancio della proposta mediante l’attivazione dei canali comunicativi riservati alle notizie “importanti”: tutta Italia, attraverso i TG, avrebbe saputo che ben prima della “buona scuola” di Renzi esisteva una proposta di Legge di iniziativa popolare denominata “Per una buona scuola per la Repubblica”, sottoscritta da 100.000 cittadini e presentata alla Camera una prima volta nel 2006. La caduta anticipata della Legislatura ne interruppe allora l’iter già avviato; il successivo Governo delle destre con l’avvento del duo Gelmini-Tremonti la travolse sotto l’onda di norme che attuarono al peggio i dettami contenuti nella Riforma Moratti (Legge n. 53/2003), lasciati a bagnomaria nelle mani di Fioroni durante il breve Governo di Centrosinistra (2006-2007).

Fu proprio la pesante eredità lasciata dalla ministra Gelmini, non contrastata dai suoi successori (Profumo, Carrozza, Giannini), appartenenti tra l’altro a schieramenti politici diversi, a indurre  associazioni e movimenti di insegnanti, genitori, studenti a tentare di porre un argine alla deriva in atto appellandosi ai principi costituzionali lesi da numerosi provvedimenti (a partire dai “tagli” all’istruzione, dai nuovi ordinamenti, dall’Invalsi, ecc.). Lo strumento opportuno fu individuato proprio nella LIP. La sua attualità, che ne rappresenta la forza attrattiva, sta nell’estrema semplicità del suo articolato, facilmente accessibile e fortemente ancorato alle norme che negli anni ’70 avevano dato l’avvio alla Scuola della Costituzione. C’è nella LIP – ed è questo l’aspetto che la rende vivente – la dimensione dinamica propria della nostra Carta costituzionale: i diritti fondamentali sono garantiti in ugual misura a tutti e a tutte, ma le misure di una loro più completa attuazione sono affidate all’impegno reale dei cittadini (elevamento dell’obbligo scolastico sì, ma in quali contesti? Salvaguardia degli Organi Collegiali sì, ma come attuarne il potenziamento? E in che modo realizzare la relazione scuola-lavoro nell’ambito degli articoli 33 e 34 non ignorando gli articoli 2, 3 e 4 della Costituzione?).

Fu così che nella primavera 2014 la LIP venne ripresa in mano, sia da coloro che avevano contribuito a elaborarla, sia da chi per la prima volta le si avvicinava. La stesura originaria era nata nel contesto dell’opposizione alla Riforma Moratti: obbligo scolastico degradato a diritto-dovere, abrogazione dell’elevamento dell’obbligo introdotto timidamente da Luigi Berlinguer, introduzione di criteri inediti di valutazione del sistema scolastico e, sullo sfondo, il dimensionamento degli Organi Collegiali. Pertanto i più recenti provvedimenti – cui si è accennato sopra – non potevano esimere la LIP da un adeguato aggiornamento.

Nei mesi di giugno e luglio, a revisione compiuta, la LIP intraprese finalmente il suo nuovo cammino. Renzi aveva un ottimo strumento a portata di mano, se solo fosse stata anche sua l’intenzione di restituire dignità alla Scuola della Repubblica. Avrebbe potuto evitarsi l’arrampicata per 136 pagine. Ma l’uso dell’espressione “buona scuola” – casuale o no nella proposta renziana –  al di là dell’affinità fonetica divenne subito il simbolo del baratro divisivo delle due proposte: la LIP viene definita Per una buona scuola per la Repubblica, la “buona scuola” renziana non ha riferimenti di sorta, non ha né la Repubblica, né la Costituzione iscritte nel suo orizzonte.

Ma l’aspetto più grave di ciò che le 136 pagine renziane ci riservano sta nel fatto che i provvedimenti contenuti nella “buona scuola” non rappresentano un isolato stratagemma partorito dall’acume del premier, essi si configurano purtroppo come l’epilogo di un percorso avviato nel 1994 col documento “Una buona idea per la scuola” sottoscritto da trentuno intellettuali dell’area del Centrosinistra, imperniato sul conseguimento di efficienza e libertà di scelta educativa in scuole pubbliche di nome ma private di fatto, un percorso ben sedimentato e sempre più difficile da invertire.

A quel documento ci siamo opposti strenuamente nel corso di questi vent’anni, come comitati e associazioni, decisi a non abbandonare in mezzo al guado la Scuola della Costituzione, la cui “qualità” coniugata con “democrazia” veniva salutata da Piero Calamandrei come il vero unico antidoto vincente sulle scuole private.

Il lavoro sulla LIP è stato parte di questo percorso, ed è un bene che essa sia oggi riemersa e che, nonostante la barriera alzata dalle istituzioni e dai mezzi di informazione contro la sua riproposizione, mostri di continuare ad allargarsi a macchia d’olio, grazie all’impegno, all’abnegazione, alla costanza e all’intelligenza dei comitati locali e del Coordinamento Nazionale Per la Scuola della Costituzione che hanno dato vita – oltre alla costruzione del ricchissimo sito lipscuola.it – a una rete di contatti, informazioni, seminari, dibattiti nelle scuole di varie regioni, in grado di richiamare l’attenzione di addetti ai lavori, di alcune organizzazioni sindacali e associazioni impegnate nella difesa dei princìpi costituzionali.

Al suo attivo giocano un ruolo di primo piano le numerose delibere di Collegi dei docenti, che hanno tratto spunto dai suoi limpidi e trasparenti articoli per contrastare “la buona scuola” renziana su cui tutte le scuole d’Italia avrebbero dovuto esprimere un voto favorevole. Il plebiscito dato per certo non c’è stato, nonostante la proposta populista di coinvolgere con un clic tutti i cittadini, facendo leva su pulsioni primordiali che vogliono l’esaltazione dei “bravi” e l’affossamento degli “asini”. Il MIUR rifiuta – pateticamente – di prendere atto di questa realtà. La ministra Giannini in TV ha mostrato di cadere dalle nuvole l’unica volta in cui le si è parlato di LIP; i docenti che intendevano consegnare il pacco di delibere, gli studenti non addomesticati che volevano consegnare i documenti elaborati nel corso delle loro assemblee, sono stati bloccati dalla polizia sulle scale del Ministero.

Ma le situazioni, a dispetto dei rinvii, non restano immobili. E la LIP sta ora entrando in quella che potremo definire la fase 2. L’assenza di un’effettiva sinergia tra i suoi  sostenitori e i parlamentari che l’hanno sottoscritta fa registrare da un lato un silenzio imbarazzante circa le modalità, le coperture finanziarie, gli obiettivi principali da sostenere nelle Commissioni Parlamentari e in Aula, dall’altro un  lavorio dei comitati su emendamenti proposti e raccolti nei vari incontri che potrebbero rivelarsi nelle sedi istituzionali un appesantimento superfluo.

Il numero dei parlamentari firmatari è aumentato, ma nessuna azione è stata da loro intrapresa affinché la LIP-ddl fosse introdotta nelle scuole per una consultazione pari a quella riservata alla proposta governativa. Sarebbe necessario e urgente un incontro tra i due soggetti per sciogliere dubbi su un iter parlamentare che si presenta irto di incognite, sui possibili scenari, a seconda del buono o cattivo esito del risultato. Nello stesso tempo, sembra indispensabile tenere alto il livello della mobilitazione, non subordinandola unicamente all’iter della legge, ma affidando al dibattito sugli approfondimenti la messa a punto di questioni da affrontare comunque in un’ottica comune, operando una necessaria distinzione tra questioni urgenti (Valutazione-Prove Invalsi, provvedimenti sugli organici) e questioni relative a una maggiore definizione dell’articolato, che, a prescindere dall’approvazione della legge, possono costituire la base per definire compiutamente il contesto che può rendere praticabile l’elevamento dell’obbligo e la lotta alla dispersione scolastica; la riforma del CNPI riguardo il potenziamento degli Organi Collegiali.

Non è dato a tutt’oggi  sapere con certezza come si muoverà il Governo nel prossimo mese di febbraio, se assisteremo a un nuovo rinvio, se ci sarà uno spacchettamento di alcuni provvedimenti, né quale sarà la sorte della LIP, ma una certezza l’abbiamo: il dovere di essere grati e grate alla LIP di esistere e di aver contribuito in questi mesi a ricondurre iniziative locali, battaglie frammentate, sparse su temi diversi, alla comune radice della salvaguardia dei  principi costituzionali che della Scuola dello Stato sono la garanzia e la sostanza. Questo percorso deve proseguire. 

18/01/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

Tags:

L'Autore

Antonia Sani

presidente WILPF Italia, Womens International League for Peace and Freedom

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: