Il lungo percorso della LIP scuola, dalla riforma Moratti alla “Buona scuola” di Renzi

L’idea di LIPscuola (Legge di iniziativa popolare per una buona scuola per la Repubblica) nacque nel 2005 all’interno del movimento che si batteva per la Moratti. Oggi, dopo quasi 10 anni, questo strumento si mostra ancora utile per contrastare la “Buona scuola” di Renzi.


Il lungo percorso della LIP scuola, dalla riforma Moratti alla “Buona scuola” di   Renzi

L’idea di LIPscuola (Legge di iniziativa popolare per una buona scuola per la Repubblica) nacque nel 2005 all’interno del movimento che si batteva per la Moratti. Oggi, dopo quasi 10 anni, questo strumento si mostra ancora utile per contrastare la “Buona scuola” di Renzi. E’ necessario però, che la difesa della scuola della Costituzione sia inserita nella lotta più generale della difesa della democrazia. 

di Marina Boscaino 

L’idea di LIPscuola nacque all’inizio del 2005. Il movimento che si batteva per l’abrogazione della riforma Moratti decise di rispondere alla consueta obiezione rivolta agli insegnanti: non avere altre repliche alle proposte oltre al no. Difficile ma possibile entrare nel merito, anche giuridico, ed elaborare un'idea di scuola unitaria e didatticamente innovativa, sul piano dei contenuti e delle forme organizzative. Punto di convergenza: la Costituzione Italiana. 

Si partì da un gruppo di un centinaio di persone, un insieme eterogeneo non solo sotto il profilo della provenienza, ma anche della eventuale appartenenza politico-sindacale, che aveva però come collante un metodo di lavoro, dal basso, senza deleghe a partiti, sindacati o associazioni. Proprio questa stella polare del metodo, non legato a deleghe di sorta, guidò e rese possibile lo svolgimento e la maturazione della discussione. Un metodo, peraltro, che ancora ci trova concordi e che non abbiamo alcun desiderio di abbandonare. Il 9 luglio del 2005 la terza versione della bozza iniziale segnò la partenza della consultazione sul territorio nazionale: il testo venne discusso e costantemente rivisitato in 53 Comitati Buona Scuola, che si costituirono in tutta la penisola e misero in comune le proprie esperienze, i propri sogni, le proprie competenze. 

Il 21 e 22 gennaio 2006 a Roma si tenne l’Assemblea nazionale dei Comitati Buona Scuola per il varo del testo definitivo della LIP: un’esperienza faticosa ma molto significativa che, attraverso la forte condivisione, portò ad un testo che alla fine tutti sentivano come proprio, perché ogni parola, persino ogni virgola, ebbe il massimo della condivisione possibile. Punti di forza: innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni, con un biennio orientativo e un triennio di indirizzo; tempo pieno e tempo prolungato; difesa della democrazia scolastica e di un criterio di equiordinazione tra le componenti della scuola; inclusione; non più di 22 alunni per classe; diritto allo studio e libertà di insegnamento; ultimo anno di scuola dell’infanzia obbligatoria, in previsione della generalizzazione; 6% del Pil nazionale da investire sulla scuola; laicità e la previsione intransigente di assenza di oneri per lo Stato nel finanziamento delle paritarie. Inizia un’azione capillare di promozione e di raccolta delle firme necessarie per il deposito in Parlamento. I Comitati Buona Scuola divennero oltre 120, da Aosta a Cagliari: genitori-insegnanti e studenti che, senza l’appoggio organizzativo di nessuna forza politica, seppero raccogliere oltre 100.000 firme, addirittura più del doppio di quelle necessarie, che furono depositate alla Camera dei Deputati venerdì 4 agosto 2006. La legge fu successivamente incardinata con il n. 1600 nella XV legislatura. La VII commissione ne iniziò la discussione ad aprile 2007. L’opposizione di PD e PDL al provvedimento e la crisi del governo Prodi del gennaio 2008 ne interruppero l’iter. Nella XVI legislatura prese il n. 1, ma non fu mai discussa né considerata ai fini dell’emanazione della Legge Gelmini. E siccome dopo due legislature le leggi popolari decadono, la legge rimase dimenticata in qualche cassetto della Camera. 

Facciamo un salto in avanti: siamo allo scorso gennaio. Renzi nell’aria. La priorità alla scuola, un motivo ribadito troppe volte. Poi le prime dichiarazioni. La più agghiacciante: le due gambe della scuola pubblica, quella statale e quella paritaria (Giannini, nuovo ministro, dixit). Troppo per resistere a rimettersi in gioco. Si decide così di chiedere la disponibilità ai parlamentari di ripresentare la legge: tempi troppo stretti per una nuova raccolta di firme. Sono in 26 senatori: Maria Mussini (Misto), Alessia Petraglia (Sinistra, Ecologia e Libertà), Michela Montevecchi (M5S), Walter Tocci (PD), Pietro Liuzzi (FI-PdL), Gian Marco Centinaio (LN-Aut), Laura Bignami (Misto, Movimento X), Alessandra Bencini (Misto, Italia Lavori in Corso), Adele Gambaro (Misto), Maurizio Romani (Misto, Movimento X), Manuela Serra (M5S), Lucrezia Ricchiuti (PD), Sergio Lo Giudice (PD), Bartolomeo Pepe (Misto, Movimento X), Loredana De Petris (Misto, Sinistra Ecologia e Libertà) Rosetta Enza Blundo (M5S), Felice Casson (PD); deputati Giovanni Paglia, Arturo Scotto, Giancarlo Giordano, Nicola Fratoianni, Celeste Costantino, Donatella Duranti, Serena Pellegrino (Sel). Nell’estate del 2014 torna come disegno di legge rispettivamente 1583 al Senato e 2630 alla Camera la Legge di iniziativa popolare (LIP) “Per una buona scuola per la Repubblica”. Un mese e mezzo prima della “Buona scuola per Renzi”. 

L’autunno, come si sa, è stato caldo, anzi caldissimo. Il 3 settembre viene pubblicato il piano La Buona Scuola del Governo. La scuola si ritrova con una proposta di smaccata matrice neoliberista e con un sondaggio governativo che – tra il 15 settembre e il 15 novembre – saggia il gradimento della “riforma” con domande artatamente pilotate, pregustando il trionfo futuro. Ma qualcosa non va esattamente nel verso giusto per il Governo. Il Comitato per la Riproposizione della Lipscuola, insieme, tra gli altri, agli Autoconvocati delle Scuole di Roma e del Lazio, raccoglie in pochi giorni 200 mozioni di collegi docenti, tutti contro la Buona Scuola e tutte con un peso giuridico ben superiore ai segni di spunta da inserire sul sondaggio. Nel frattempo tutti i membri del comitato organizzano un Liptour, autofinanziato, girando per convegni, assemblee, seminari per far conoscere il testo del ddl, identico all’originario, se non per l’articolo 29, che prevede le abrogazioni (per esempio della 133/08 della Gelmini, intervenute dopo la scrittura). Alla metà di dicembre tutto è chiaro: il sondaggio è stato un flop, le delibere continuano ad arrivare (il Miur e gli Uffici Scolastici Regionali le riceveranno tutte con posta certificata). Ma l’ascolto per la Lip (che pure è un disegno di legge, ben altro che il Pdf che Renzi ha presentato e che, ahimé, viene citato persino in Finanziaria) non c’è. Anzi, da parte del Governo e del ministero, un vero e proprio muro di gomma. Il 21 dicembre, a Bologna, il comitato per la Riproposizione della Lip decide di rimettere in moto il metodo di 10 anni prima, favorendo la creazione di comitati locali per riattualizzare il testo, evidentemente carente – considerati gli anni trascorsi – su alcune tematiche. Nel giro di un mese i comitati sono diventati 10 e stanno lavorando attivamente sull’aggiornamento del testo. Dalla nostra parte, ancora i parlamentari che lo hanno proposto; e non solo: l’UDS – Unione degli Studenti – appoggia la Lipscuola come alternativa alla proposta del Governo. 

La minaccia di un’imminente intervento legislativo e – contemporaneamente – la ricorrenza dei 10 anni della Lip hanno reso speciale la giornata del 31 gennaio: la mattina, alla Camera, mentre si votava il presidente della Repubblica, il Comitato ha incontrato i parlamentari. Dalla riunione è emersa una sostanziale condivisione di intenti e la necessità che la legge venga incardinata nei tempi più rapidi possibili. È stata illustrata l’azione di attualizzazione del testo originario; e considerata la possibilità di individuare una strategia di contrasto concreto alle singole iniziative legislative del Governo: dopo l’inevitabile decreto sul precariato, molto probabilmente saranno valutazione, merito e democrazia scolastica i temi su cui si dovranno rilanciare proposte alternative. E su questo – partendo dai principi cardine della Lip – sarà necessario articolare risposte concrete e convincenti. Nel pomeriggio, un’assemblea nazionale. Presenti, oltre al Comitato, UDS, Flc, Unicobas, MCE, Cidi, gruppo No Invalsi, Autoconvocati delle Scuole di Roma e del Lazio. 

Dopo tre ore di intenso dibattito l’assemblea ha condiviso la necessità di mettere in atto le seguenti azioni per il prossimo futuro: 

          1. il 28 febbraio, a Firenze, un seminario in cui verranno discusse in modo particolare le tematiche afferenti alle nuove immissioni in ruolo e alle modalità con cui esse incideranno sul cosiddetto organico funzionale, alla democrazia scolastica e agli organi collegiali, al problema della valutazione; questi argomenti saranno discussi strettamente correlati con le proposte di miglioramento al testo della LIPscuola fin qui costruite dai vari comitati territoriali. 
          2. l’individuazione di una giornata, orientativamente intorno alla metà di marzo, in cui avviare una fase di dialogo con le realtà scolastiche dei singoli territori per portare ad una maggiore consapevolezza nei confronti della LIP e contemporaneamente protestare contro i primi provvedimenti renziani che in quella data dovrebbero essere noti.
          3. sostegno alla costituzione di nuovi comitati territoriali che integrino il lavoro finora proposto dai dieci già costituiti (Bologna, Ferrara, Roma, Firenze, Padova, Genova, Milano, Pordenone, Napoli, Parma).

Da segnalare che domenica 8 febbraio, nella puntata prevista della trasmissione Presa diretta condotta da Riccardo Iacona e dedicata alla scuola, una porzione della trasmissione servirà a presentare per la prima volta ad un pubblico più vasto la LIP ed il suo percorso. 

Siamo ad oggi: la scuola riguarda noi tutti e non – come in modo miope troppi pensano – solo i lavoratori e gli studenti che la frequentano. I colpi che sono stati inflitti alla scuola statale da troppi anni (mai, però, pericolosi e definitivi quanto promettono essere i provvedimenti di Renzi) hanno indebolito uno dei cardini della democrazia. La piena aziendalizzazione della scuola con l’esautoramento di ogni forma di partecipazione democratica e di pluralismo culturale non può che essere considerato un aspetto specifico di un più generale attacco alla democrazia del nostro Paese ed in particolare all’assetto istituzionale previsto dalla Costituzione; è in atto da parte di Renzi – di intesa con Berlusconi – un processo di esautoramento del ruolo primario e rappresentativo del Parlamento, trasformato in un organismo di “nominati” (e che tale continuerà ad essere anche per effetto della legge attualmente in discussione), privo di una effettiva rappresentatività, ma tale da conferire al capo di un Partito il potere di controllare tutte le istituzioni del Paese (Parlamento, Governo, Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale e Magistratura), con un conseguente indebolimento dei diritti sociali e politici e di ogni forma reale di garanzia. 

L’attacco alla scuola della Costituzione rappresenta un’ulteriore forma di attacco alla democrazia prevista dalla nostra Costituzione. La contestazione della proposta renziana di aziendalizzazione della scuola deve quindi essere, anche, un momento della lotta più generale della difesa della democrazia.

Non può difatti esserci una scuola democratica e pluralista se non c’è una forma di stato democratico e pluralista. Ma non può nemmeno esserci uno stato democratico e pluralista se non c’è una scuola democratica, la scuola della Costituzione. 

E’ necessaria, a fronte di questo progressivo attacco a tutte le forme di democrazia nel nostro Paese, una risposta unitaria; la difesa della Costituzione e dei suoi principi fondativi non può essere affidata soltanto al generoso impegno dei Comitati per la difesa della Costituzione, ma deve essere condiviso e comune; allo stesso modo la difesa della Scuola della Costituzione, dei diritti sociali e civili della Costituzione deve essere priorità per tutte e tutti. 

 

07/02/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

Tags:
  • ,

L'Autore

Marina Boscaino

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: