Non è servita l'approvazione del decreto, con voto di fiducia, dello scorso novembre a fermare le mobilitazioni. Anzi il movimento si è rafforzato, collegandosi con le altre vertenze del centro e del sud irrobustendo così i suoi strumenti.
Servirebbero decine di pagine per analizzare tutte le norme che questo maxi decreto tocca, moltissimi infatti sono i territori colpiti e le azioni messe in campo. Svendita del patrimonio immobiliare pubblico (quando sempre più spesso migliaia di proletari sono costretti ad abitare in quartieri ghetto o in case fatiscenti), deregolamentazione degli interventi edilizi (favorendo così le manovre speculative dei gruppi imprenditoriali), promozione di piani basati sull'incenerimento dei rifiuti (nonostante i comitati da anni ribadiscano la loro inutilità e il danno che portano all'ambiente e alle popolazioni), nuove trivellazioni per nuove devastazioni come quelle in Basilicata o nel Salernitano; basta chiedersi quali sono i moventi di questi sforzi per capire quanto scarso sia l'interesse rivolto alle popolazioni. Con l’apertura di gasdotti e gasificatori -che assumono la valenza di opere di interesse strategico nazionale, espropriando anche le briciole di potere decisionale rimasto in mano alle comunità locali e, soprattutto, aggirando le valutazioni di impatto ambientale- si regalerebbero intere regioni come la Basilicata alle grandi multinazionali o si produrrebbero mostri inquinanti come accaduto a Taranto con il progetto Eni Tempa Rossa (con alle spalle le multinazionali quali la Total, Shell e Mitsui). Queste ultime operazioni sembrano far parte di un piano energetico volto a favorire un'indipendenza italiana dal petrolio estero, per rendere il Paese più autonomo: mentre si tace sugli svantaggi di questa manovra (tutti a danno degli abitanti di quelle zone), due, però, sono palesi: uno riguarda il petrolio, che in Italia è poco e presente solo in zone superficiali; l'altro attiene ai reali vincitori di quest'azione. Chiaramente, i guadagni frutterebbero soltanto per le grandi aziende le quali lascerebbero al loro seguito una terra distrutta e impossibilitata a qualsiasi tipo di sviluppo. Una riproposizione in piccolo di quello che già succede in molte zone dell'Africa, quando gli imprenditori nostrani si dirigono li a saccheggiare ricchezze, lasciando dietro di loro aree desertificate o distrutte dai liquami che producono.
Seguono poi nomine di commissari straordinari in deroga a leggi ambientali e piani urbanistici per intere aree di "interesse nazionale”, come quelle interessate da nuovi Tav o, come nel caso di Bagnoli1 in cui si opta per schierarsi ancora una volta con chi da anni ha in scacco la zona, aziende che impediscono un qualsiasi sviluppo che non passi per il loro profitto, quali Caltagirone, Cementir, Fintecna. Su quest'ultima vale la pena soffermarsi, visto che proprio questa stessa società si ritrova ad essere risarcita dopo che, per anni, non ha in alcun modo provveduto alla bonifica sui suoli della zona ex-Italsider…il paradosso è completo: chi ha inquinato viene pagato. Si prevede anche che siano i proprietari ad autocertificarsi e ne consegue, dunque, che controllore e controllato coincidano. Sarà per loro un gioco facile decidere dove effettuare i controlli scegliendo appositamente i punti meno inquinati (come già succede a Bagnoli e a Taranto con tanto di firma Vendola2).
Si tratta di una legge dove si destinano quasi 4 miliardi di euro a ulteriori grandi opere, tanto grandi quanto inutili e per i profitti di pochi; si defiscalizza per un valore di due miliardi di euro degli investimenti per opere come l'autostrada Orte – Mestre: grandi infrastrutture per grandi amici, in questo caso Lupi che "sblocca" l'autostrada che va da Orte a Venezia (dal valore di 10 miliardi), i cui lavori saranno assegnati all'azienda di Vito Bonsignore, ex Udc, finanziere-politico-costruttore, protagonista di Tangentopoli.
Lo Sblocca-Italia non solo produrrà ulteriore precarietà sociale ed ambientale, inserendosi in quell'attacco complessivo alle condizioni di vita dei proletari ma, come abbiamo provato a sottolineare in questo articolo, anche per la terra e per l'ambiente non ci sarà alcuna possibilità di scampo.
Lo stesso Marx definiva nei suoi testi che è a causa dello stesso moto del capitale, necessario e irrefrenabile, che nella sua lotta per la sopravvivenza allarga la sua devastazione distruggendo non solo la vita degli uomini ma anche la terra che abitano. Questa norma si inserisce nella stessa logica che sta ispirando le manovre politiche del governo Renzi: dal Job's act alla Buona scuola, dalla legge Lupi sull’urbanistica al Piano casa.
Le forti mobilitazioni nate in questi mesi contro le suddette politiche anti-sociali hanno espresso da subito l’esigenza di un percorso e una campagna nazionale per includere le singole vertenze e resistenze in un contenitore che le rafforzi, prefigurando un movimento di lotta effettivamente unitario e che abbia la forza di contrastare lo Sblocca-Italia nella sua interezza, pericolosità e complessità.
Tra i tanti momenti di lotta ne sottolineiamo uno che ci ha visto protagonisti: la grandissima mobilitazione del 7 novembre a Bagnoli. Fu la prima data nazionale che si ponesse come obiettivo quello di fermare lo Sblocca-Italia. Culminata con un atto di forza da parte dei manifestanti che, al No delle forze dell'ordine e della Fondazione Città della Scienza sulla richiesta di entrata in quelle zone da troppo tempo sottratte ai cittadini, hanno risposto cercando di violare il cordone della polizia e successivamente innalzando barricate. Numerose sono state le manifestazioni dei No-Triv: in Iripina a Gesualdo il 3 gennaio, nel Sannio o a Potenza così come a Melfi. A Taranto si è marciato contro l'Ilva di Riva ed il progetto Eni Tempa Rossa, a Cagliari contro la militarizzazione dei territori, è, inoltre, ripresa anche la mobilitazione contro il “biocidio” in tutta la Campania.
Ad oggi non ci sono stati solo momenti di mobilitazione e di lotta ma iniziative ed assemblee “macroregionali” con l'obiettivo di confrontarsi e decidere insieme pratiche, parole d'ordine e date: la partecipatissima assemblea del centro-sud del 7 dicembre a Napoli, all'ex-Asilo Filangieri, ha avuto il merito di sintetizzare ed indicare percorsi condivisi così come quella del 14 dicembre a Pescara con le realtà del centro di Abruzzo, Molise e Marche e, infine, l'ultima tenutasi a Salerno solo poche settimane fa, il 18 gennaio . A partire da quest'ultima, alla luce delle esperienze condivise, si è scelto di porre le basi per allargare oltre i confini meridionali questo percorso. Una seconda assemblea, quindi, che si pone l'obiettivo di consolidare il confronto tra comitati, associazioni e movimenti, nella prospettiva di collegare, unificare ed estendere le lotte locali in corso, promuovendo una mobilitazione nazionale contro i provvedimenti previsti dalla legge 164/2014, nel quadro di una critica generale alle politiche ambientali e sociali del governo Renzi.
Un fronte di lotta che ci vede protagonisti, promotori e sostenitori delle iniziative che in questi mesi si stanno costruendo, convinti che in prospettiva possano rappresentare un importante campo di scontro per la lotta di classe (alcune già hanno questa caratteristica). Si tratta quindi di far fare un salto di qualità a queste vertenze, spesso impantanate tra i desideri piccolo-borghesi di riconquista dei terreni e l’opportunismo di tanti politici che le vedono solo come cantine di voti. Bisognerà superare quei percorsi di Mutuo Soccorso avviati nei decenni scorsi, provando a dare una caratterizzazione generale a tutte quelle micro-vertenze che adesso si vedono sole e oppresse da giganti quali le grandi industrie multinazionali e lo Stato Italiano stesso. Bisognerà, infine, sviluppare e tracciare questi collegamenti per far prendere una boccata d'aria ai tanti proletari che subiscono queste manovre.
E’ necessario lavorare sin da subito affinché questo spazio di discussione e di lotta non diventi il solito mero coordinamento di realtà che, ad oggi, si è dimostrato insufficiente a reagire agli attacchi della controparte; è necessario dotarci di tutti gli strumenti necessari affinché questa campagna diventi davvero inclusiva e nazionale, prevedendo da subito un grande appuntamento assembleare nel solco di una mobilitazione nazionale che si inserisca all'interno di una ancor più ampia mobilitazione contro il Partito Democratico ed il governo Renzi. Il percorso in questo senso è già tracciato, le esperienze vittoriose indicano le strade da seguire, non possiamo più lamentarci della mancanza di persone ad iniziative autoreferenziali che non sanno parlare dei problemi reali: ora è tempo di modificare il nostro linguaggio e ridiventare punti di riferimento per tutti gli sfruttati (nelle “campagne” come nelle metropoli), di stabilire un contatto diretto con le popolazioni e approfondire le contraddizioni.
Una precisazione è doverosa. Solo un dato, anche molto discutibile: quello del radicamento delle mobilitazioni prevalentemente al sud. Allargando lo sguardo si può vedere come, anche se non concepite direttamente sotto lo Sblocca-Italia, vertenze territoriali per la difesa dell'ambiente attraversano il Paese da sempre. Se solo volessimo ricordare gli ultimi 20 anni, non potremmo dimenticare la mobilitazione dei NoTav, capace di bloccare l'attuazione di una scelta dello Stato mettendolo più volte alle strette o quelle del NoExpo a Milano, che proprio in questi giorni stanno aumentando il livello di azione. Aggiungiamo, per distaccarci anche da chi ci vorrebbe come movimento sudista o di recupero del meridionalismo, che queste manovre rientrano nel piano di uno sviluppo necessario e, allo stesso tempo, diseguale del capitalismo. Il Meridione verrebbe così ridotto ad una palude petrolifera, mentre il 98% dei fondi per i collegamenti ferroviari andrebbe da Firenze in su. Non è infatti possibile, sulla base posta da questo sistema economico, avere vaste aree di ricchezza redistribuita ed omogenea: sta a noi collegarci con i tanti proletari che, come quelli del Meridione, subiscono allo stesso modo le angherie del capitale.
Sarà forse per questo che siamo nel mirino delle forze della repressione e siamo sempre più controllati. Siamo sempre più convinti che la risposta politicamente più forte all'ondata repressiva (dalla No Tav a Bagnoli, passando per le accuse ai NoTriv lucani finendo ai NoMous) è proprio rappresentata da questo salto di qualità delle lotte, dal rafforzamento dell'organizzazione e l'unità di un nascente movimento che ha sempre ribadito che chi realmente "devasta e saccheggia" è questo Stato di cose, il quale condanna e processa chi si oppone ai disegni criminali della borghesia ed assolve chi inquina ed uccide, come dimostrato dall'ultimo processo Eternit.