La scuola al tempo della democrazia limitata

Il Governo Renzi ci fa rimpiangere quei governi bighelloni, parassiti, che non provocavano danni irreparabili all’impianto sociale e agli equilibri istituzionali. Questo governo, invece, si sta contraddistinguendo per l’organica distruzione dell’impianto sociale e costituzionale, più di quanto abbia fatto il “pionieristico” Berlusconi.


La scuola al tempo della democrazia limitata

 

La scuola di Renzi è funzionale alla attuale collocazione dell’Italia all’interno dell’imperialismo euro- atlantico. La scuola necessaria per questo nuovo scenario economico-sociale, in cui le classi subalterne forniscono la riserva precaria dello sfruttamento produttivo e della speculazione finanziaria, è un sistema in cui la catena gerarchica determina un assetto a “democrazia limitata”. 

di Giovanni Bruno 

Il Governo Renzi ci fa rimpiangere quei governi bighelloni, parassiti, che non provocavano danni irreparabili all’impianto sociale e agli equilibri istituzionali. Questo governo, invece, si sta contraddistinguendo per l’organica distruzione dell’impianto sociale e costituzionale, più di quanto abbia fatto il “pionieristico” Berlusconi. Renzi è il continuatore, l’erede perfetto del berlusconismo, nonché il manipolatore indiscusso della Costituzione per svuotarla dei contenuti più progressisti. 

Con il Jobs Act (Legge 78/14, detta Poletti, e il DDL delega) si sono annientati i diritti dei lavoratori consegnando nelle mani del padronato un potente strumento per tenere sotto ricatto i lavoratori e licenziare impunemente; con la soppressione delle Province (Legge 56/14, detta Delrio) si sottrae il diritto di voto ai cittadini per le elezioni delle assemblee che gestiscono le risorse del territorio e i piani per ambiente, rifiuti, trasporti, edilizia scolastica etc., e si annunciano tra il 30% e il 50% di esuberi sul personale degli Enti provinciali; adesso Renzi mette le mani sulla scuola, scontentando decine di migliaia di precari che resteranno fuori dal provvedimento di assunzione e avviando un incerto percorso con un disegno di legge che, per i tempi che occorrono per l’approvazione, potrebbe provocare l’allontanamento dalla stabilizzazione di alcuni mesi, oltre il fatidico primo settembre 2015, anche per i precari delle GAE (Graduatorie Ad Esaurimento). 

L’aspetto forse più grave del DDL – ovvero il fatto che più della metà di docenti (e ATA, su cui cala un inquietante silenzio) precari, che hanno lavorato come supplenti consentendo il funzionamento delle scuole in anni ed anni, saranno “licenziati” – si iscrive in un contesto di profonda mutazione della natura della scuola pubblica come istituzione delineata dagli articoli 3, 33, 34 della Carta Costituzionale. 

La scuola del futuro 

Il Disegno di legge approvato il 12 marzo dal Governo Renzi ridisegna completamente, come nessuna controriforma della scuola ha fatto in questi anni, l’assetto e la natura della scuola pubblica. 

Non si tratta di una semplice manovra di ristrutturazione nel senso economicista, cioè incentrata sull’evidente ricerca di risparmio per le casse dello Stato: in questi anni, centrosinistra e centrodestra hanno devastato e saccheggiato le risorse dello Stato destinate ai servizi pubblici, tra cui annoveriamo la scuola come il sistema più esposto a questo massacro sociale. 

È impossibile dimenticare quanti miliardi sono stati sottratti dalla casse pubbliche per finire nelle tasche di istituti privati, in prevalenza ideologicamente impostati e tuttavia considerati essenziali per la libertà dei ceti borghesi, ma finanziati dai contributi dello Stato: il sistema pubblico-privato, fondato sul principio di sussidiarietà, rappresenta la più grande truffa perpetrata ai danni del mondo della scuola, riconfermata dalle concessioni del Governo Renzi (473 mil. di euro solo dallo Stato) e da un ulteriore bonus fiscale alle famiglie che iscriveranno i propri figli agli istituti privati. 

Tuttavia, rispetto all’alternanza tra la scuola atta a fornire manodopera specializzata al capitale del XXI secolo (modello centrosinistra) e quella ferocemente classista che destina i sottomessi all’analfabetismo (voluta dalle destre), si annuncia un nuovo orizzonte della formazione, assai più integrato nella nuova concezione dominata dal capitale finanziario e dall’elitarismo autoritario. 

La scuola di Renzi è impostata verso un modello funzionale all’assetto in cui l’Italia è collocata, come articolazione dell’imperialismo euro-atlantico. La scuola necessaria per questo nuovo scenario economico- sociale, in cui le classi subalterne forniscono la riserva precaria dello sfruttamento produttivo e della speculazione finanziaria, è un sistema in cui la catena gerarchica determina un assetto a “democrazia limitata”. 

Come le istituzioni si auto-legittimano elitariamente, così la “Buona scuola” dovrà rispondere a criteri burocraticamente meritocratici e al principio gerarchico del comando manageriale: gli assunti saranno infatti collocati in un organico funzionale atto a coprire le necessità delle scuole (singole o a rete), per la necessità di sostituire docenti o personale ATA assente; l’assunzione o meno dipenderà dai presidi, nelle cui mani si concentreranno poteri enormi, che attingeranno direttamente da appositi Albi (ancora da costituire); infine, la progressione di carriera automatica è stata quasi interamente preservata (tanto comunque gli scatti di anzianità non li pagano da tre anni e resteranno bloccati fino al 2018!), mentre viene introdotta una parte marginale (sperimentale, per la bellezza di 200 milioni in tutto) che dovrà essere devoluta direttamente dalle singole scuole (in piena autonomia!) secondo criteri individuati nelle scuole stesse (possiamo solo immaginare lo scontro che si aprirà tra colleghi per spartirsi quel misero 5%, contabilizzato in 200 milioni). 

Comprare e asservire 

Nel Ddl si continua a promettere assunzioni, le stabilizzazioni che spettano di diritto come ricorda la sentenza della Corte Europea, ma Renzi continua con il gioco delle tre carte: da 148mila siamo scesi a 100mila precari da assumere a settembre, se il Ddl avrà il tempo di concludere il suo iter. In realtà, Renzi compie una brutale amputazione di quei precari che, non inseriti nelle GAE istituite nel 2007, hanno titoli culturali e riconoscimenti concorsuali (gli idonei del 2012), ma resteranno comunque fuori. Potranno ritentare con il concorso del 2015-16, se vorranno, nel frattempo è bene che si trovino un’altra occupazione. 

Ai docenti sarà riservata, anziché il rinnovo del contratto nazionale, come per il resto del Pubblico Impiego, un obolo da €500 per acquistare libri, biglietti di teatri e musei, mentre si risparmiano migliaia di euro con l’eliminazione di supplenze e incarichi, che verranno ricoperti dai neoassunti (cooptati dai Dirigenti Scolastici). 

In questo modo il Governo cerca di comprarsi la fiducia del mondo della scuola, mentre gerarchizza e riduce in servitù decine di migliaia di lavoratori della scuola.

17/03/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Giovanni Bruno

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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