C 17, 18-22 gennaio 2016, l’evento costruito, in occasione del centenario della Rivoluzione russa, merita tutta la nostra attenzione. Le energie spese per la sua realizzazione, che ha comportato la convocazione di esperti, studiosi, artisti e politici, da diversi paesi, sono state ripagate dalla partecipazione che ha evidenziato l’apprezzamento del grande impegno organizzativo. Un aspetto che mi ha appassionata, è stato quello della dimensione internazionale che si è creata, perché ha dato alla conferenza maggiore forza. Solo da posizioni condivise su un piano internazionale si può controbattere all’internazionalismo del capitale.
Gli incontri si sono svolti tra Esc, atelier-centro sociale a San Lorenzo, e GNAM la Galleria nazionale d’Arte contemporanea, dove hanno avuto luogo anche le performance di vari artisti.
Parlare di Comunismo e Comunismi ora, ha valore proprio perché siamo dove siamo, in una fase di crisi capitalistica strutturale che alla maggioranza della società risulta quasi incomprensibile.
Parlare di comunismi in una fase in cui sembra che non abbiano più presa sul reale le grandi ideologie, in cui sembra che il pensiero comunista sia qualcosa da rinchiudere in luoghi appartati e delimitati, di cui l’accesso rimane nascosto, e a cui si possano avvicinare solo quelli che hanno gli strumenti adeguati alla comprensione, mi sembra una grande impresa.
Mi piace vederla, questa conferenza, anche come una grande tela che nei giorni è stata tessuta dai diversi fili del discorso che si sono intrecciati e che continueranno ad intrecciarsi, come è nelle intenzioni dei promotori. Efficace il modo di porre domande che ponevano sul tavolo i punti essenziali, a cui i relatori dovevano attenersi per sviluppare la loro relazione.Ma mettere insieme tanti soggetti e tante realtà è anche una scommessa…che potrebbe svuotare di senso parole ed esperienze, comunismo e rivoluzione.
Si sono susseguiti discorsi che hanno avuto i caratteri della lucidità storica, della critica razionale e della scientificità, dell’esperienza meditata e della chiarezza del pensiero; insieme ad altri che hanno avuto caratteristica oracolare. È un’osservazione che muovo ad un intervento come quello di Toni Negri, che lascia solo nebbie e una parola, IMPRESA, che vuole mutuare dal pensiero neoliberista in un inutile sforzo di riabilitazione semantica.È impossibile analizzare in un articolo ogni intervento, ma alcuni punti di alcune relazioni possono essere riportati senza tradire il senso del discorso.
Luciana Castellina con la sua chiarezza e la sua lucidità storica ha voluto ricordare l’apporto dei comunisti ortodossi e di quelli eretici che hanno fatto parte della sua vita politica e lavorativa, dando senso ad un percorso ancora in corso. La Rivoluzione del ’17 ha provocato un grande cambiamento nel corso della storia seppure resta un cammino interrotto, non bisogna dimenticare che è stato un comunismo storico/politico, non mitico e ideologico.
Maria Luisa Boccia nel segno di un materialismo ontologico, evidenzia come il modello universalistico maschile corrisponda alla borghesia. A quel modello il pensiero della differenza si è opposto con gli strumenti del particolarismo dell’esperienza e della sessualità. Nella sua lettura dei fatti del ’17, M.L.Boccia scinde il momento della spinta al cambiamento che è venuta dal basso, dal mettersi insieme, dal mutare delle relazioni tra le persone che divengono protagoniste, e la presa del Palazzo d’Inverno che rappresenta la presa del potere, cambiando il segno a quel potere agito dal basso in modo differente e che modificherà gli effetti di quell’azione. Per portare la riflessione sull’errore del dare senso alla sinistra, solo se va al governo.
Pierre Dardot ha posto una questione sulla quale ci tormentiamo da tempo, quella del partito. Introducendo il discorso storicamente, ci dice che i comunisti sono stati un partito ma che ora non lo sono e neppure c’è bisogno che lo siano, perché i tempi storici sono diversi. Marx ha fatto esistere un partito comunista con la scrittura del Manifesto del 1848.
Oggi è la posizione reale, pratica che identifica i comunisti. La forma partito va ridiscussa. La società neoliberista crea frammentazione e segregazione e il compito è quello di lavorare alla costruzione della classe. Le forme tradizionali di lavoro vengono a mancare, il vero pericolo è che c’è una dissociazione nella classe proletaria, tra la dimensione nazionale e quella internazionale. Questo crea disgregazione. Bisogna ricordare che il capitalismo non è iscritto nella natura umana, che è un regime oppressivo. C’è bisogno di sindacalismo rivoluzionario.
Alla GNAM si è tenuta negli stessi giorni la mostra Sensibile comune: le opere vive, in uno spazio in cui si sono svolte anche performance, oltre alle conferenze tenute nello spazio aperto dell’entrata alla galleria. C’erano all’entrata della mostra, alcune teche con documenti e giornali provenienti soprattutto dagli anni ’60 e’70, testimonianze di vittorie civili e di movimenti, come la legge sul divorzio e il Situazionismo, movimento con radici anarchiche e marxiste che ha utilizzato molto gli strumenti dell’arte per realizzare la liberazione dell’individuo.
Sicuramente le intenzioni dei curatori sono state quelle di dare spunti per una rivoluzione delle forme di vita, come è stata la Rivoluzione russa, non solo di commemorare un evento. In effetti non c’erano simboli o memorie di quell’evento.Da mettere in dubbio è quanto questa mostra abbia potuto contribuire a ricordare o a ridare spazio alla memoria e al senso di quell’evento e quanto queste forme d’arte chiuse in uno spazio esclusivo come quello di una galleria d’arte, eseguite e fruite da chi qualche privilegio sicuramente ha, possano dare senso alla parola e all’esperienza del comunismo.
Credo più che lo si possa dare, questo senso, nel far uscire l’arte da musei e gallerie, per andare nelle strade e nei paesi più sperduti, creando le condizioni perché ci siano lo spazio e il tempo dell’arte e dell’espressione per ogni persona. Ma questo è un altro discorso da fare.