Mercoledì 18 ottobre, alle ore 18, avrà luogo il settimo e ultimo incontro del corso: Controstoria della filosofia e della storia, introdotto dal prof. Renato Caputo, dedicato all’analisi, in una prospettiva marxista, delle crociate e della rinascita della cultura occidentale mediante l’orientale. Per una introduzione al corso, in cui si chiariscono le motivazioni che hanno portato alla scelta del tema, rinvio all’articolo: Le ragioni di una controstoria del medioevo pubblicato in questo settimanale. Di seguito potete leggere una versione sintetica dei temi che saranno affrontati e discussi nel settimo incontro, al quale si potrà partecipare in diretta facebook https://www.facebook.com/unigramsci/, in videoconferenza per i membri dell’Unigramsci o per chi ne farà richiesta. Il video del corso sarà disponibile nei giorni successivi sul canale youtube dell’Università popolare Antonio Gramsci, sulla pagina facebook e sul sito.
Le crociate
Tanto lo spirito di avventura dei cavalieri cristiani quanto l’avidità dei mercanti sono all’origine della pratica dell’incursione armata e del saccheggio nell’XI secolo sulle coste mediterranee contro gli insediamenti islamici (già prima della I crociata del 1095). Alla contrapposizione tra occidente cristiano e islam si aggiunse lo scisma d’oriente nel 1054 durante il pontificato di Leone X: le chiese di Roma e Bisanzio si separarono per sempre, diverse erano le tradizioni teologiche e culturali, ma c’era anche un contenzioso su alcune diocesi bizantine cadute nelle mani dei Normanni. La rottura impedì che si consolidasse un fronte unito contro l’Islam e comportò il fallimento dei tentativi di strappare ai musulmani l’Asia anteriore.
Spinsero alle crociate anche motivazioni psicologiche e religiose: il pellegrinaggio ai luoghi santi come segno di penitenza e purificazione era sempre più diffuso e le dinastie islamiche si erano sempre mostrate tolleranti, ma la situazione mutò quando la Palestina fu egemonizzata dai turchi selgiuchidi (1055) che ripresero la guerra contro Costantinopoli e considerarono i pellegrini conniventi con il nemico greco e, perciò, li attaccavano. Così i cristiani iniziarono ad armarsi, il pellegrino diventava soldato e cavaliere che partecipava alla lotta per liberare il santo sepolcro. Urbano II nel 1095 lanciò l’idea di crociata sotto l’autorità della chiesa, a chi vi partecipava dava l’indulgenza plenaria. La chiesa, dunque, si poneva alla testa di un movimento di espansione e di conquista anche se mascherato da un significato religioso. I nobili si aspettavano terre e ricchezze, i mercanti cercavano nuove occasioni per arricchirsi, i più umili intravedevano l’opportunità di conquistare migliori condizioni di vita.
Nasce il mito della Palestina e della conquista di Gerusalemme, luogo simbolico per tre religioni: la terra promessa per gli ebrei dove sorge il muro del pianto e il Tempio, luogo di nascita di Cristo e del Santo sepolcro per i cristiani, paese della montagna di Abramo da dove Maometto salì al cielo.
Tuttavia, prima che le forze feudali avessero il tempo di organizzarsi, una massa disordinata di uomini e donne si mise in marcia verso Gerusalemme guidata da Gualtiero Senz’Averi e Pietro l’Eremita. Questa crociata detta popolare o dei pezzenti perpetrò massacri e saccheggi lungo la marcia, furono essi a compiere i primi pogrom (termine di origine russa, devastazione, massacro, saccheggio) contro le comunità ebraiche, finché furono decimati in Ungheria e poi sterminati dai Turchi.
La prima vera crociata fu organizzata e diretta dalla nobiltà feudale (1096), tra essi spiccava Goffredo di Buglione (Francia-renania), Raimondo di Tolosa (Francia del sud), Tancredi dall’Altavilla (normanno). Dopo aver provato a strappare le terre ai bizantini, si accordarono con l’imperatore bizantino: le nuove acquisizioni territoriali sarebbero passare sotto l’autorità bizantina, poi i crociati non rispettarono i patti, conquistarono Gerusalemme nel 1099 infierendo sui vinti (sia musulmani che ebrei) compiendo una spaventosa strage.
Crociata, una parola medievale e attuale
Si formarono così piccoli stati sotto il modello feudale (Tripoli, Siria, Antiochia), chiamati stati “franchi” (dal nome con cui i musulmani chiamavano gli invasori), e rappresentavano una sorta di frontiera che avrebbe dovuto contenere il mondo islamico; la difesa di tali avamposti spettò agli ordini monastico-cavallereschi dei Templari, degli Ospitalieri, dei Cavalieri teutonici fondati a tale scopo dalla chiesa.
Nonostante la crociata i rapporti tra mondo cristiano e islamico furono molto intensi in questo periodo. I profitti di guerra, dei trasporti e degli scambi andarono alle città marinare e alle città mercantili sul mediterraneo. Le città marinare gestivano anche il trasporto dei pellegrini: ogni anno, con l’arrivo della primavera dai vari porti europei partivano i convogli che portavano cavalieri, pellegrini, soldati, mercanti in terrasanta. Fenomeno bizzarro la crociate dei bambini, che Venezia vendette come schiavi agli islamici.
Significato del termine
I cristiani, che avevano fatto voto di raggiungere la “terra santa”, portavano una croce di stoffa cucita sull’abito. Successivamente il termine venne a indicare anche fenomeni che riguardavano non lo scontro tra cristianità e Islam, ma anche scontri interni al mondo cristiano come, ad esempio, la crociata contro gli albigesi.
Oggi con crociata s’intende una campagna di lotta (non necessariamente di stampo religioso) organizzata per combattere abitudini, comportamenti, visioni del mondo, ma si qualifica non come una lotta progressista, ma come un atteggiamento repressivo guidato da una mentalità chiusa e retrograda: ad esempio la crociata contro la parità dei sessi, contro il diritto di voto, contro l’immigrazione, contro l’aborto. Spesso proprio le organizzazioni protagoniste di tali movimenti reazionari amano definirsi “nuovi crociati” e, parallelamente, gli estremisti islamici così bollano gli occidentali.
Fratture ideologiche nel mediterraneo
La prima crociata in realtà ebbe successo perché, dopo l’invasione turca del mondo islamico, il mondo islamico-turco si frantumò in una serie di emirati e dinasti locali. Ma, nei primi decenni del XII, gli emiri di Mossul seppero ricostruire gli equilibri della regione, così nel 1144 gli islamici occuparono Edessa. Gli europei bandirono una II crociata nel 1147 con l’imperatore Corrado III e Luigi VII di Francia, ma non raggiunsero gli obiettivi. Verso la fine del secolo l’emiro curdo Saladino riuscì ad unificare la Siria e a impadronitisi dell’Egitto, i possedimenti cristiani furono ridotti a poche piazzeforti costiere. La III crociata partì nel 1189, Federico Barbarossa morì durante il viaggio, Filippo Augusto di Francia e Riccardo cuor di Leone non raggiunsero i risultati sperati: Gerusalemme rimase ai musulmani, i cavalieri franchi mantennero il controllo di qualche centro costiero e il Saladino consentì ai pellegrini l’accesso ai luoghi santi. Gli interessi mercantili e le ragioni di Stato ebbero pian piano il sopravvento su quelle religiose.
Secondo alcuni storici le crociate avrebbero avuto un’importanza decisiva nella ripresa dei traffici mediterranei e nella ripresa dell’occidente, in realtà questa valutazione è esagerata: le crociate furono piuttosto un effetto, un prodotto dell’espansione europea e non la loro causa; senza l’esperienza delle città marinare nel commercio e nella guerra navale e senza la crescita demografica dell’Europa le crociate sarebbero inconcepibili.
Una conseguenza negativa delle crociate fu sicuramente la diffusione dello spirito di intolleranza e come conseguenza l’irrigidimento ulteriore dei musulmani nei confronti dell’Europa. Inoltre le crociate non si scagliarono solo contro l’Islam, dopo lo scisma del 1054, infedeli erano considerati anche i bizantini, quindi ucciderli non poteva essere un male. L’attacco ai bizantini venne in occasione della IV crociata bandita da Innocenzo III nel 1202: l’obiettivo era Gerusalemme, ma i crociati si fecero trascinare dai veneziani (che li trasportavano) nelle contese che al momento laceravano l’impero bizantino: nel sostenere uno degli aspiranti al trono i crociati assediarono Bisanzio che cadde nel 1204, furono massacrati gli abitanti, comprese donne e bambini, chiese e biblioteche distrutte, splendidi tesori d’arte e di cultura accumulati per secoli distrutti per sempre. Un cronista bizantino scrisse: “i saraceni stessi sono buoni e comprensivi al paragone di questa gente che porta la croce di Cristo sulla spalla”. A Bisanzio insediarono il debole Impero latino d’oriente che durò fino al 1261, ma i bizantini non dimenticarono mai la violenza dei crociati che sancì la definitiva spaccatura del mondo cristiano.
Di crociate ce ne furono, poi, altre quattro per riconquistare Gerusalemme, da ricordare la sesta del 1228-29 quando l’imperatore Federico II ottenne con la diplomazia la liberazione dei luoghi santi per un decennio, mentre le altre furono disastrose, l’ultima avvenne nel 1270, mentre l’ultima piazzaforte cristiana cadde nel 1291.
La rifondazione del sapere: Aristotele in occidente (introduzione storica)
Nel XIII secolo gli esiti deludenti delle crociate accentuano la crisi dei due centri di potere, la feudalità laica e la Chiesa che le avevano promosse. Vari movimenti ereticali in Francia e in Italia, gli albigesi e i valdesi fin dall’XI secolo e poi i seguaci dell’abate calabrese Gioacchino da Fiore (1145-1202), contrappongono alla corrotta Chiesa ufficiale un cristianesimo dei poveri animato da desideri di giustizia sociale; mentre le classi colte troveranno un punto di riferimento alternativo al cristianesimo ufficiale nella cultura, mediatrice di apporti islamici e cristiani, che si sviluppa con vivace dinamismo presso la corte palermitana di Federico II (1194-1250).
Gli ordini mendicanti
Le diffuse esigenze di riformare la Chiesa, restituendola alla purezza morale del cristianesimo originario, vengono recepite dai due ordini monastici cosiddetti “mendicanti”, il francescano (Francesco d’assisi 1181-1226) e il domenicano (Domenico di Guzman 1170-1221). Il loro obiettivo comune, che è di ricuperare il consenso delle coscienze alla Chiesa, utilizza tecniche filosofiche differenziate: agostiniane e platonizzanti nei francescani, aristoteliche nei domenicani.
Repressione ed esigenza di una riforma modernizzatrice
Per la Chiesa le scomuniche e la repressione brutale non erano buone armi per le eresie. Potevano essere utili quando si verificavano convergenze con gli interessi territoriali del potere feudale laico, come nella crociata contro gli albigesi, che durante mezzo secolo stermina centinaia di migliaia di abitanti della Provenza. Nei tempi lunghi si tratta di recuperare, con mezzi ideologici, l’influenza sulle masse popolari e le simpatie del pubblico colto e di accompagnare quest’operazione con riforme istituzionali della Chiesa che tengano conto delle mutate condizioni socio-economiche del mondo occidentale.
La rivoluzione passiva dei francescani e dei domenicani
Sul versante ideologico hanno un peso essenziale proprio i francescani e i domenicani (fondati in funzione anti albigese, nel 1232-33 gli è affidata l’inquisizione degli eretici). Infatti essi non risparmiano critiche etico-sociali alla Chiesa, tant’è che le loro prediche sono sempre affollate, ma poi ne rispettano la gerarchia e allo stesso tempo tolgono alle sette eretiche la forza eversiva.
Aristotele in occidente
Le prime reazioni
Dal XII secolo oltre alle opere logiche arrivano in occidente anche le altre opere di Aristotele e i commentatori arabi sono tradotti e utilizzati nelle università. Ciò però fa considerare Aristotele con sospetto dalla chiesa, anche perché l’Aristotele interpretato dagli arabi appare inconciliabile con le dottrine cristiane. In particolare la concezione dell’eternità e della necessità del mondo sono contro la creazione e la libertà di azione divina, allo stesso modo la tesi dell’unità dell’intelletto esclude la resurrezione dell’anima individuale.
Bonaventura
Nonostante le proibizioni delle autorità scolastiche, la filosofia di Aristotele si diffonde sempre più fra gli studiosi. La tendenza al ritorno ad Agostino, di contro alla riscoperta di Aristotele, culmina nel francescano Bonaventura da Bagnoregio, nato nel 1221. Maestro all’università di Parigi, muore nel 1274. Il suo scritto fondamentale è il Commentario alle sentenze di Pietro Lombardo, mentre il suo capolavoro mistico è l’Itinerario della mente verso dio.
L’Itinerario della mente verso Dio
Nell’Itinerario della mente verso dio Bonaventura distingue tre occhi o facoltà della mente o dell’anima: quello rivolto alle cose esterne, la sensibilità, quello rivolto a se stesso che è lo spirito, quello rivolto al di sopra di sé che è la mente. Con queste facoltà si può vedere dio attraverso l’immagine che le cose hanno in sé, cioè nell’orma che hanno della bontà divina.
La dotta ignoranza dell’esperienza estatica
Vi sono sei gradi dopo i quali bisogna abbandonare le facoltà intellettuali e abbandonarsi alla grazia perché sollevi l’anima a dio. Così l’anima raggiunge l’estasi: uno stato di “ignoranza dotta”, nel quale l’oscurità dei poteri umani diviene luce soprannaturale.
Alberto Magno
Il primo a dare all’aristotelismo diritto di cittadinanza nella filosofia cristiana è Alberto Magno (1193-1280). Per Alberto quella di Aristotele è la filosofia, l’opera più perfetta a cui la ragione umana sia potuta giungere.
La cristianizzazione di Aristotele
Alberto aspira all’universalismo enciclopedico (con una sterminata produzione essenzialmente dal 1250 al 1270) con l’obiettivo di compiere in chiave di cultura cristiana quel recupero globale del sapere profano che i commentatori arabi di Aristotele avevano fatto per la cultura islamica. Alberto per ogni scritto di Aristotele raccoglie testimonianze antiche e recenti e commenta egli stesso testi aristotelici.
La distinzione fra verità religiose, filosofiche e scientifiche
Secondo Alberto (e il suo atteggiamento serve da indicazione per tutta la filosofia scolastica successiva), bisogna seguire Aristotele nelle questioni filosofiche, Agostino in quelle di fede, Galeno e Ippocrate in quelle di medicina. Ciò significa distinguere fra una conoscenza di tipo naturale (filosofica in senso lato) e una teologica. Dunque, la conoscenza naturale ha un certo suo ambito autonomo, (posizione condivisa dall’ala enciclopedista dei francescani rappresentata da Grossatesta e Bacone, ben diversa dalla mistica volontaristica di Bonaventura, che in questo contesto appare isolato).