Pubblichiamo nella sezione “Dibattito” questo articolo del nostro collaboratore Federico Giusti. Lo facciamo in segno di apertura a una necessaria discussione sul Green Pass e la politica sanitaria del governo, pur non condividendo alcuni passaggi. Se siamo d’accordo sulle critiche rivolte al governo e alla politica dei sindacati confederali e che il vaccino non cancellerà il virus, non ce la sentiamo di aderire ai giudizi nei confronti di tutta la piazza che ha voluto rispondere al vile attacco fascista alla sede della Cgil, di cui facevano parte anche molti compagni critici verso le scelte governative e sindacali e non certamente scesi in piazza a sostegno di Draghi. Se condividiamo che l’antifascismo si fa prioritariamente sul terreno dello scontro di classe, non per questo possiamo accettare di demonizzare quello istituzionale, quando non si riduce a ipocrisia. Perché, è vero, che ciò accade se da una parte ci dipingiamo antifascisti e dall’altra condividiamo politiche sociali che al fascismo aprono la strada.
Il presidente Mattarella in visita a Pisa è stato contestato da circa 300 no-Green Pass che hanno percorso in corteo le vie cittadine dopo una assemblea in piazza Martiri della Libertà. Non ci interessa la cronaca della giornata ma provare a riflettere sulla lotta no-Green Pass che accomuna vaccinati e non, concordi nel contrastare questo dispositivo con il quale il potere costituito rinuncia ad una vera battaglia contro la pandemia evitando tamponi gratuiti in azienda e preparandosi a tagliare nei prossimi tre anni la sanità pubblica. Centinaia di docenti universitari hanno preso posizione contro il Foglio verde denunciandone la “natura discriminatoria” nei confronti di una minoranza (in contrasto con l’articolo 32 della Costituzione e il Regolamento Ue 953/2021), la violazione di “quei diritti di studio e formazione che sono garantiti dalla Costituzione”, l’estensione, “di fatto, dell’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia per accedere anche ai diritti fondamentali allo studio e al lavoro, senza che vi sia la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico.
Queste sono le posizioni di alcuni intellettuali che hanno, a fine estate, sottoscritto una petizione contro il Green Pass trovando di fatto un muro invalicabile non solo nei vertici accademici ma anche nel mondo sindacale universitario, incluse le liste studentesche di sinistra.
Alcune lettere inviate ai senati accademici e ai Rettori attendono ancora risposta.
Quanti hanno sottovalutato il Green Pass e il suo significato politico oggi sono di fatto i principali alleati del governo Draghi. La supina accettazione del foglio verde si accompagna alle decisioni sindacali di barattare la sanità e la previdenza pubblica con forme integrative o ricorrendo a convenzioni con i privati. E a quanti asseriscono che il Green Pass rappresenti un falso problema rispondiamo che l’accettazione dei dispositivi autoritari è parte integrante della subalternità politica e culturale al potere costituito. Accade, per esempio, con l’assuefazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza assoggettati al primato del datore di lavoro e alla spesso inadeguata filiera aziendale della sicurezza.
Proviamo allora a riflettere su una delle critiche ricorrenti ai no-Green Pass. Il presidente della Repubblica li ha accusati di oscurantismo, di essere in sostanza nemici del progresso e della scienza.
Scrive Donatella Di Cesare (Il complotto al potere, Einaudi 2021): “il mondo Inglobato nel capitale, contraddistinto dall’indebitamento smisurato e dalle disuguaglianze abissali, è uno scenario instabile e confuso, attraversato da rigurgiti di collera, agitato da una ostilità diffusa. La pace spettrale scivola nella guerra endemica, l’amico non si distingue più dall’amico, ogni volto assomiglia a una maschera e tutto sembra avvenire sotto falsa bandiera”.
Siamo nell’età dell’incertezza, cresce la paura e l’ansia, la preoccupazione per il futuro e i 130mila morti da pandemia generano una grande insicurezza personale e sociale. La risposta del governo va verso una sostanziale riduzione della platea dei destinatari del reddito di cittadinanza, come dimostrano i documenti inviati a Bruxelles per l’approvazione delle linee guida inerenti il Bilancio di fine anno. In due anni le famiglie destinatarie del reddito di cittadinanza sono aumentate del 70%, ci sono oltre 5 milioni e 600mila uomini e donne in situazione di estrema sofferenza economica.
Il mondo appare illeggibile, una visione di insieme risulta disgregata e così domina la paura. Alcuni, la maggioranza, sono spinti a vaccinarsi nella speranza di tornare alla normalità e vincere la pandemia. Di contro si alimenta lo scetticismo verso la scienza ufficiale e il potere costituito ritenuto, a torto o ragione, colpevole di occultare la natura del virus, sposando le linee sanitarie del Big Pharma. Al contempo è del tutto evidente la crisi della democrazia, con oltre il 40% dell’elettorato che si astiene alle ultime elezioni per il rinnovo di alcuni consigli Comunali; un dato significativo a conferma della sfiducia crescente verso le rappresentanze istituzionali.
Tagliamo con l’accetta per arrivare a una conclusione, ossia che la pandemia ha spezzato il filo della narrazione, la crisi economica e sociale ha impoverito parti consistenti della popolazione.In Italia i salari sono rimasti invariati mentre in ogni altro paese Ue aumentavano e l’età pensionabile è aumentata più che in ogni altro paese d’Europa. Denunciare questa realtà significa attirarsi le antipatie del mondo sindacale cosiddetto rappresentativo e della sinistra che ritiene la contrattazione nazionale l’ambito privilegiato per appianare le disuguaglianze salariali dimenticando che innumerevoli contratti presentano paghe orarie irrisorie e decisamente inferiori alle cifre di un salario minimo.
La narrazione ufficiale, che parlava di sacrifici sociali ed economici per favorire la ripresa dell’economia e il lavoro, si scontra con i dati ufficiali spesso occultati o letti con estrema parzialità. In Italia non c’è mai stata una commissione di inchiesta sulla pandemia, sulla strage degli innocenti nelle case popolari o nelle Rsa. Migliaia di morti non avranno giustizia e nel migliore dei casi avremo inchieste giudiziarie per appurare le responsabilità nella fornitura di dispositivi di protezione individuali e di mascherine farlocche. Qualcuno pagherà per le speculazioni nei mesi pandemici ma sul banco degli imputati non finiranno le responsabilità politiche di quanti hanno distrutto la sanità pubblica, la medicina di base e preventiva vincolando la spesa pubblica al diktat del contenimento di spesa.
Non saremo certo noi a gridare al complotto, ossia a un dispositivo tipico del potere, ma al contempo, davanti al Green Pass, resta innegabile la paura di quella che fu la sinistra radicale e di classe nel denunciare i dispositivi autoritari e così facendo finiscono con la difesa di ufficio del potere costituito, senza per altro condurre alcuna battaglia in difesa del lavoro e della sanità pubblica.
La piazza della Cgil è stata assunta come bandiera dalla sinistra comunista dimenticando che in quella piazza non c’erano intere parti della società conflittuale, no tap, no tav, sindacati di base, precari, bisognosi di casa, movimenti sociali e dell’abitare. Una piazza che mira ad accordi sindacali anche quando gli stessi sanciscono perdita di potere di acquisto e di contrattazione. Al contrario dovremmo uscire dalla gabbia della rappresentatività sindacale confutando il luogo comune che i comunisti, al di fuori delle istituzioni e dei sindacati più grandi, non abbiano alcuno spazio.
L’adesione di alcuni partiti alla manifestazione di Cgil-Cisl-Uil ricorda quando gli stessi aderivano all’appello Anpi contro i sovranismi e le destre che poi spianò la strada al governo Draghi. Miopia politica e scarsa lungimiranza: l’antifascismo istituzionalizzato è da sempre, senza scomodare P Pasolini, il peggior nemico dell’antifascismo come del resto dimostra il silenzio calato attorno ai decreti sicurezza.
La realtà è assai complessa e contraddittoria. Nascondersi dietro all’antifascismo del centro sinistra, a tutela del Pd e del governo Draghi, rappresenta una trappola mortale per la ragione e il conflitto. Naturalmente siamo tutti concordi nel prendere le distanze (a dir poco) dall’estrema destra che tuttavia ritroviamo in molte piazze anche con partiti che siedono in maggioranza governativa ma questo fatto non sembra turbare i tranquilli sonni del Letta di turno.
Molti accusano i no-Green Pass di essere animati da culture reazionarie. È indubbio che lo slogan “libertà” possa essere frainteso e assunto dalle destre estreme come rifiuto di regole a tutela della collettività. Ma siamo certi che l’acritica accettazione delle politiche sanitarie governative sia giusta e tale da legittimare l’assenza di una disapprovazione radicale della gestione della pandemia?
La piazza no-Green Pass non è una piazza di classe ma senza dubbio di opposizione al governo e alle sue scelte. Se la sinistra di classe e comunista finisce nelle piazze a sostegno di Draghi e del Pd non si lascia l’egemonia dell’opposizione alle destre?
Ci sembra evidente che a sinistra non si voglia affrontare la natura dello stato di eccezione, il protrarsi dell’emergenza che tuttavia non è servito a fermare delocalizzazioni e il ripristino dei licenziamenti collettivi. Si accetta la vulgata ufficiale per la quale il vaccino cancellerà il virus proprio quando i contagi riguardano numeri crescenti di vaccinati. Strada facendo la si è persa la rivendicazione del potenziamento della sanità pubblica. Le disuguaglianze economiche e sociali non sono aggredite e denunciate mentre si subiscono i dispositivi autoritari contribuendo alla salvaguardia del sistema capitalistico.
I fascisti che hanno assaltato la sede della cgil di Roma potevano essere fermati al pari dei manifestanti nel porto di Trieste (caricati ripetutamente) ma di questo non si vuol parlare a sinistra e lo fa, ironia della sorte, il grillino “Fatto quotidiano”. Nessuna indignazione abbiamo colto dopo le imbarazzanti dichiarazioni del Ministro Lamorgese in parlamento.
Si invocano analisi sociologiche e politiche per descrivere le piazze no-Green Pass, come il trionfo del paternalismo o dell’oscurantismo giusto per non fare i conti con le responsabilità della pandemia, le disuguaglianze sistemiche e l’affermarsi della biopolitica e del capitalismo della sorveglianza. Di quale sinistra comunista allora stiamo parlando?