Il partito dalle pareti di vetro, prefazione (parte I)

Prima parte della prefazione alla VI^ edizione del libro Il partito dalle pareti di vetro, che Cuhnal scrisse nel 2002.


Il partito dalle pareti di vetro, prefazione (parte I)

Dopo avere introdotto, sullo scorso numero, la figura del grande dirigente comunista Alvaro Cunhal attraverso la sua biografia, pubblichiamo la prima parte della prefazione della sesta edizione del libro Il partito dalle pareti di vetro, che Cuhnal scrisse nel 2002.

di Annita Benassi

Il saggio Il partito dalle pareti di vetro, la cui sesta edizione presentiamo in questa prefazione, ha avuto la sua prima edizione nell’Agosto del 1985 con un obiettivo dichiarato: far conoscere come noi, comunisti portoghesi, concepiamo spieghiamo e desideriamo il nostro partito. Smentendo così le calunniose accuse che presentavano il PCP come un partito asserragliato in un bunker di grosse pareti di cemento, occultando  i suoi veri obiettivi e la realtà della sua vita interna.

Attraverso il saggio, i lettori potevano osservare e conoscere da dentro il PCP come se lo facessero “attraverso pareti di vetro”, da qui il titolo del saggio.

Questo non si limitò tuttavia alla realtà del partito in quegli anni.

Si inclusero numerose note di carattere storico. Si spiegarono le radici e le caratteristiche essenziali del partito. Si esaminarono, passo  passo, idee divergenti. Si indicarono errori e tendenze negative.

Negli anni da allora trascorsi si verificarono, tanto in Portogallo come nel mondo, profonde trasformazioni. Nel frattempo, i principi fondamentali, ampiamente e dettagliatamente sviluppati nel saggio, conservano, a nostro modo di vedere  significativa attualità.

Si giustifica così l’iniziativa della presente riedizione e della sua presentazione in questa prefazione.

“Epoca gloriosa della storia dell’umanità” è il titolo del primo capitolo. 

L’espressione era ed è storicamente corretta e diventa necessaria ricordarla contro le furiose campagne di falsificazione della storia a cui assistiamo.

 La verità è che, a partire dalla metà del secolo XIX (Manifesto del PC di Marx ed Engels), la classe operaia, i lavoratori, gli sfruttati e oppressi raggiunsero grandi vittorie rivoluzionarie che cambiarono radicalmente la situazione mondiale.

La rivoluzione russa nel 1917, edificando per la prima volta nella storia dell’umanità, uno stato in cui il potere spetta ai soviet operai, contadini e soldati, creò la base politica di una nuova società da cui  fu bandito lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

La costruzione del socialismo nell’URSS non fu un fenomeno isolato. Affrontando e vincendo blocchi, interventi, aggressioni militari e l’invasione, la guerra e i mostruosi crimini degli eserciti hitleriani, ebbe profonde ripercussioni. Seguirono altre rivoluzioni sociali vittoriose. Crollò il sistema coloniale dell’imperialismo. Numerosi popoli da secoli soggiogati conquistarono l’indipendenza. Si crearono influenti partiti in tutto il mondo. E anche, in seguito a queste vittorie storiche, i lavoratori nei paesi capitalisti conquistarono importanti diritti.

Questo impetuoso avanzare della lotta liberatrice dei lavoratori e dei popoli costituì il quadro sottinteso integrante delle idee sviluppate nel saggio. Le ulteriori sconfitte del socialismo non giustificano che questa epoca di trasformazioni rivoluzionarie smetta di essere considerata così come la definisce il titolo del primo capitolo.

È opportuno tuttavia fare un importante riferimento autocritico.

Il saggio presentava una dinamica quale ancora esistente nel momento in cui era scritto. Presentava come prevedibile in un tempo storico relativamente breve, forse già  nel secolo XX, la vittoria del socialismo sul capitalismo nella competizione tra i due sistemi. Anticipava, in sintesi, l’idea che l’avanzata rivoluzionaria mondiale fosse irreversibile.

La verità è che il capitalismo non aveva perso l’iniziativa storica e non era entrato nell’epoca della sua agonia.

Il saggio stesso sviluppava elementi che smentivano l’errato ottimismo. L’imperialismo - specificatamente quello nord-americano - utilizza contro il processo di trasformazione sociale colossali mezzi materiali e ideologici”, “appoggia le dittature fasciste” e “la repressione più brutale contro i lavoratori e i popoli in lotta”, “utilizza contro le rivoluzioni mezzi finanziari, economici, diplomatici, politici e militari”, “organizza blocchi, sabotaggi, sovvertimenti, azioni terroristiche, aggressioni militari e guerre non dichiarate” (pag. 33, 34).

Nello stesso senso, l’analisi della situazione e dell’evoluzione dei partiti comunisti di paesi socialisti (ai quali si riferisce, senza esplicitarli, in grandi parti del testo di alcuni capitoli) indicava tendenze suscettibili di mettere in pericolo il futuro delle società socialiste in costruzione.

Si deve, dunque, presentare con spirito autocritico la prospettiva contenuta nel saggio che nel secolo XX continuerebbero in maniera irreversibile fino alla vittoria finale le vittorie del socialismo nella competizione con il capitalismo.

Tale conclusione autocritica non smentisce tuttavia la corretta affermazione che il mondo ha vissuto, in questi anni di vittorie della causa comunista, una “epoca gloriosa della storia dell’umanità”. Non smentisce molto neanche l’affermazione che il capitalismo è corroso da insanabili contraddizioni interne e continua a mostrarsi incapace di rispondere alle legittime aspirazioni economiche, sociali, politiche e culturali dell’umanità.

La scatenata offensiva globale del capitalismo per imporsi in tutto il pianeta come sistema unico e finale fronteggia e fronteggerà la lotta dei lavoratori dei popoli delle nazioni e sarà condannata a essere vinta e superata.

La natura di classe di un partito comunista è la radice della sua creazione e esistenza, è un elemento basilare della sua identità.

“Partito politico del proletariato”, “partito della classe operaia e di tutti i lavoratori portoghesi”: così il PCP è definito nei suoi statuti (art. 1). Figlio della classe operaia che fu negli anni “la fonte della sua vita e del suo permanente ringiovanimento”, sottolinea il saggio (pag.59).

Infatti, il partito ha ricevuto sempre dalla classe operaia appoggio, forza, energia, ispirazione e, quindi, uno stretto legame con la classe e le masse.

In questo legame intrinseco si basa il ruolo di avanguardia.

Avanguardia concepita non come forza superiore di comando ma come forza politica che si fonde con la classe e le masse popolari, è portatrice di conoscenza profonda dei problemi e agisce a difesa ferma e permanente degli interessi di classe.

Le caratteristiche della natura di classe del partito si affermano con particolare rilievo nella sua indipendenza. Ossia: “nella sua ideologia, nella sua politica, nella sua frontale resistenza all’influenza, alle pressioni, alle misure repressive del potere del capitale. La storia e la lotta del PCP sono inseparabili dalla sua indipendenza di classe”.

Quando, nelle concezioni, nel rapporto con la classe operaia e le masse, nell’ideologia, un partito si allontana dalla sua natura e indipendenza di classe si avvia sulla strada di un cammino che lo porta ad abbandonare gli obiettivi caratteristici della sua identità e alla conversione in un difensore di una politica riformista e di un’ ideologia socialdemocratica o socialdemocratizzante.

Alla natura di classe del partito corrisponde la composizione sociale dei suoi membri. Quando il presente saggio fu pubblicato, si registravano negli effettivi del partito più di 100.000 operai, corrispondenti al 57,9%  del totale dei membri. Saliva a 77,9%  il numero degli operai e impiegati. All’epoca del XVI Congresso, realizzato nel dicembre 2000, nonostante la cancellazione di decine di migliaia di posti di lavoro, dei 131.000 membri iscritti, 69mila  erano operai. Le percentuali si mantenevano: 52,6% erano operai e 21,2% impiegati, il che dava un totale di 74% di operai e impiegati (Risoluzione Politica del XVI Congresso).

Senza schematismi, la detta “regola d’oro” (maggioranza operaia) continua a essere valida.

Bisogna lottare affinché sia assicurata non solo negli iscritti del partito ma anche nella sua direzione.

Ancora tre annotazioni.

La prima: le modifiche profonde verificate nella composizione sociale della società e della propria classe operaia non pongono in causa la validità della natura di classe del partito.

La seconda: il partito non si limita a difendere gli interessi della classe operaia e di tutti i lavoratori, anzi, prende la difesa degli interessi e diritti di tutte le classi e ceti  anticapitalisti, grande maggioranza della popolazione.

La terza: la natura di classe del partito si inserisce in principi fondamentali (la divisione della societá in classi, la politica di classe del potere politico, la lotta di classe) che traducono realtá immanenti alla società, specificamente al capitalismo. Realtá a cui stanno indissolubilmente legati tutti gli avvenimenti sociali e politici.

Il lavoro collettivo è trattato nel saggio come un’idea chiave, un principio basilare e un valore intrinseco di tutta la vita e l’attività del partito.

La preparazione e realizzazione del lavoro corrente di grandi azioni di massa, di iniziative politiche, di assemblee, di conferenze nazionali, di congressi, di grandi feste, come la festa di Avante! e feste regionali, costituiscono dimostrazioni esaltanti della vitalità e del valore del lavoro collettivo.

Questa concezione e questa pratica non soffocano né dispensano, anzi valorizzano, stimolano e mobilitano il lavoro, le opinioni e le critiche individuali come parte integrante e insostituibile del lavoro collettivo.

Né la responsabilità né la responsabilizzazione del collettivo estinguono la responsabilità e la responsabilizzazione individuale, né queste coprono ed estinguono la responsabilità e la responsabilizzazione del collettivo.

La giusta valorizzazione  dell’individuo e del suo contributo  contrasta, tuttavia, necessariamente le manifestazioni di individualismo, la sovrapposizione dell’idea e delle proprie decisioni all’idea e alle decisioni del collettivo. Il lavoro collettivo è, in questo modo, uno degli aspetti essenziali e una legge della democrazia interna del partito. L’applicazione generale di questi principi conduce ad una dinamica unificata dell’attività, inglobando tutte le organizzazioni militanti (includendo la direzione centrale) nel grande collettivo del partito.

21/01/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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Annita Benassi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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