La Filosofia ellenistica
Anche in età ellenistica e per tutta l’età romana Atene rimane la roccaforte della filosofia, che rispecchia le esigenze dei tempi, e cioè di fronte all’insicurezza e alla fuga nel privato alla filosofia si chiede una parola di saggezza e serenità per sapere indirizzare la vita quotidiana degli individui. I temi filosofici dominanti divengono, dunque, per la prima volta la questioni esistenziali, riguardanti il destino individuale (la felicità, il dolore, la morte, il piacere e la virtù). Ciò è dovuto da una parte all’emergere dell’individualità, dall’altra a una spoliticizzazione del discorso filosofico e scientifico. Le scuole filosofiche perdono la loro funzione politica per divenire una comunità di dotti ed eruditi. La scuola diviene essenzialmente un luogo di appartenenza, di identità culturale e amicizia, perdendo i suoi connotati rivoluzionari. In tal modo le scuole filosofiche non mettono più in discussione l’ambito politico e il potere costituito.
La funzione consolatoria ed esistenziale della filosofia ellenistica
La filosofia è ora sovente intesa come terapia mentale ed esistenziale, ha un compito consolatorio, come la religione si propone di condurre gli uomini alla salvezza personale, (dalle stolte credenze per gli stoici; dalle superstizioni per gli epicurei; dalle dottrine dei dogmatici per gli scettici). Nella filosofia dominano ora i temi etici, anche se i modelli di vita indicati dai filosofi del tempo non sono accessibili ai più, in quanto hanno carattere aristocratico.
Il multiculturalismo e l’affermarsi dell’individuale
D’altra parte all’universo particolaristico della polis si sostituisce la totalità di un mondo abitato da diverse etnie, culture e popolazioni. Al cittadino che si rivolge alla polis, si sostituisce ora il suddito che agisce dentro un assetto istituzionale gerarchizzato, gestito burocraticamente e dominato dalla volontà del sovrano. Nell’ambito politico-culturale viene in primo piano la dimensione del singolo, del privato, una dimensione individualistica che si muove in una cornice di valori di riferimento che non sono più quelli del microcosmo della polis.
Orientalismo e cosmopolitismo
Fiorisce l’orientalismo, in relazione a questa ricerca della via della salvezza, e il cosmopolitismo dovuto a una società multietnica e multiculturale, ma anche all’affermarsi nel singolo di un’attitudine all’individualismo apolitico. D’altra parte la filosofia si fa così latrice di un messaggio universale, non rivolto ai soli cittadini della polis, ma ai cittadini del mondo.
I limiti della filosofia ellenistica
Inoltre, la separazione dalla scienza porta la filosofia a trascurare i temi teoretici, in quanto la conoscenza del reale è demandata alle scienze particolari. Infine nelle scuole filosofiche ellenistiche finisce sovente per prevalere un’attitudine dogmatica con il culto dei capiscuola e settaria proprio a causa dell’evasione dal vissuto sociale.
Le principali scuole ellenistiche sono:
Le dottrine scientifiche specialistiche
La matematica
Dopo tre secoli di gestazione la matematica greca produce nel III secolo a.C. i suoi frutti più maturi grazie a Euclide e Archimede.
Euclide e la sistematizzazione della geometria
Di Euclide sappiamo solo che è stato insegnante di matematica ad Alessandria al tempo di Tolomeo I, intorno al 300 a.C. Di lui ci restano, oltre a quattro trattati didattici, gli Elementi, il suo capolavoro. In tale opera Euclide sintetizza in modo organico tutte le nozioni di matematica elaborate dai Greci lungo tre secoli. Il ruolo di fondamento dell’intero edificio matematico è attribuito alla geometria.
Il definire e il dimostrare
Euclide supera ogni concezione fisica dello spazio; lo spazio euclideo è un ente ideale matematico dietro cui è possibile cogliere l’influenza platonica. L’impianto complessivo dell’opera, con la sua struttura rigorosamente deduttiva, è di impronta aristotelica. Anziché partire da enti complessi per scomporli nelle loro parti semplici, l’opera di Euclide parte dagli elementi primi, che utilizza per costruire sistematicamente gli enti complessi. L’opera si apre con l’individuazione dei termini (il punto, la linea, la retta) e delle premesse (gli assiomi, i postulati) per giungere a enti complessi come poligoni e teoremi. La trattazione si snoda in due procedimenti analoghi: il definire e il dimostrare; la definizione riconduce i nuovi elementi matematici introdotti ai termini primi, mentre la dimostrazione riconduce la verità delle nuove proposizioni introdotte alla verità delle premesse.
Archimede e gli albori della fisica-matematica
Archimede (287-212 a.C.) nacque a Siracusa e compì i suoi studi ad Alessandria. Tornò a Siracusa dove visse sotto la protezione del tiranno Gerone II e dei suoi successori, cui rese numerosi servigi con la sua scienza. A ciò si connettono le numerose applicazioni tecnologiche a lui attribuite: la vite di Archimede, strumento per sollevare l’acqua e il sistema di catapulte, leve e specchi con cui Siracusa riuscì a resistere al lungo assedio romano.
Le applicazioni pratiche come esemplificazione del potere della scienza
Tuttavia Archimede non era un esaltatore della tecnologia, in quanto il dominio sulla natura cui mirava era essenzialmente teoretico, mentre le applicazioni pratiche avevano il ruolo secondario di esemplificazione del potere della scienza. Fondamentali sono le ricerche di Archimede sulla statica, sull’equilibrio dei piani e sulle leve, come le ricerche sull’infinito matematico che lo portano ad anticipare alcuni aspetti del calcolo algoritmico.
La connessione fra numeri e mondo fisico
Delle moltissime opere di Archimede ne restano alcune dedicate alla geometria, all’aritmetica, alla statica e un’operetta sul Metodo ritrovata solo nel 1906. Il metodo di Archimede è distante da quello di Euclide fondato su idealizzazioni e astrazioni. Le strutture matematiche ineriscono intrinsecamente al mondo e possono essere rilevate attraverso l’esperienza, considerata come momento fondamentale della ricerca non solo per la scienza fisica, ma anche per la matematica. La tesi della connessione fra numeri e mondo fisico consente di dominare gli aspetti apparentemente irrazionali della realtà.
L’astronomia
Nel mondo classico, in accordo con l’osservazione empirica, l’astronomia è sostanzialmente geocentrica. Tale modello però presenta difficoltà considerevoli, in quanto le posizioni relative dei corpi nella volta celeste mutano nel tempo, cosa che si spiega con difficoltà immaginando la loro rotazione intorno a una terra immobile. Ciò induce gli studiosi a cercare spiegazioni più soddisfacenti, correggendo il modello geocentrico, o abbandonandolo del tutto.
Eraclide Pontico e Aristarco di Samo: il modello eliocentrico
Una soluzione intermedia fu proposta da Eraclide Pontico (390-310 a. C. circa), discepolo di Platone e membro dell’antica Accademia. A suo avviso Mercurio e Venere oltre che intorno alla terra giravano anche intorno al sole. Più avanti si spinse Aristarco di Samo (310-250 a.C.) che elaborò un modello eliocentrico diciotto secoli prima di Copernico. Si trattava però di un modello matematico e non di un’ipotesi fisica, che non solo contrastava con le credenze religiose, ma prestava il fianco a obiezioni scientifiche. Si tratta delle stesse obiezioni che saranno rivolte a Copernico e Galileo. Dal punto di vista geometrico si obiettava che la posizione delle stelle fisse non pareva mutare in relazione al moto di rivoluzione della terra, mentre in realtà non si era in grado di calcolare tale mutamento. Dal punto di vista fisico pareva impensabile che il movimento rapidissimo di rivoluzione della terra non producesse eventi catastrofici sugli abitanti del pianeta.
Il modello geocentrico tolemaico
Al modello geocentrico, che finì per prevalere su quello eliocentrico, diede una sistemazione definitiva Claudio Tolomeo, vissuto ad Alessandria tra il 120 e il 161 d.C. Nella sua opera fondamentale, chiamata La massima, rielaborò le molteplici osservazioni e calcoli sul moto dei corpi celesti, aggiungendovi le proprie osservazioni dirette. Grazie a tale enorme mole di dati e ipotesi elaborò tavole che consentono di calcolare la posizione dei corpi celesti per ogni istante, passato o futuro.
La necessità di far quadrare la teoria con le osservazioni
Sebbene la fisica e la metafisica di Aristotele fossero lo sfondo filosofico dell’opera di Tolomeo, il suo sistema cosmologico è incompatibile con quello di aristotelico, non solo perché geometricamente diverso, ma per una serie di accorgimenti e artifici necessari a far quadrare la teoria con le osservazioni. Proprio per questo il sistema tolemaico pare proporsi più che come una rappresentazione realistica, come una finzione matematica. Tale opera rimase nonostante ciò sino a Copernico il fondamento dell’astronomia.
La geografia
Sorta come disciplina particolare nella scuola di Aristotele, ha uno sviluppo importante con Eratostene di Cirene (275-195 a.C. circa), bibliotecario di Alessandria, che realizza la prima rappresentazione cartografica del mondo. Posta la sfericità della terra Eratostene è in grado di calcolarne con ottima approssimazione le dimensioni.
La medicina
I medici alessandrini
All’inizio del periodo ellenistico Alessandria diviene un centro importantissimo anche per gli studi di medicina. Nel Museo è raccolto tutto il materiale della scienza greca in proposito, che confluisce nel cosiddetto Corpus Hippocraticum, ovvero nella vasta raccolta di trattati di medicina antica attribuiti a Ippocrate di Cos (460-377 a.C.). La caratteristica principale della medicina alessandrina è lo studio sistematico dell’anatomia umana condotto direttamente sui cadaveri, pratica che ha permesso di ampliare in maniera eccezionale la conoscenza del corpo.
La disputa fra medici razionalisti ed empirici
In tale contesto inizia la disputa fra medici razionalisti ed empirici, i primi mirano a conoscere le cause occulte delle malattie, cioè identificare i principi e gli elementi che compongono il corpo e che con la loro alterazione producono le malattie. I secondi si limitano a considerare soltanto le cause manifeste, cioè le condizioni empiricamente constatabili che accompagnano l’insorgere dei sintomi patologici, e ritengono inutile indagarne le cause occulte, ritenendo la natura incomprensibile. Tale disputa lascia presto il posto a un indirizzo eclettico, che accoglie elementi da entrambe le posizioni, senza troppo occuparsi della coerenza dottrinale.
Galeno
Nato a Pergamo nel 129 d.C., Galeno si trasferisce a Roma dove acquisisce grande notorietà. Lascia circa 400 opere, di cui ce ne sono pervenute più di ottanta. Galeno è aristotelico, in quanto vede la vera causa di ogni cosa nel fine che essa è destinata a compiere nell’ordine provvidenziale dell’universo. È un osservatore attento e acuto, uno sperimentatore efficace, per quanto gli mancasse l’ausilio della ricerca anatomica, dal momento che a Roma non gli è consentito sezionare cadaveri umani.
Le tre forme dello Pneuma
Secondo Galeno, la vita è strettamente connessa con lo pneuma, o spirito, che ha tre forme diverse: lo spirito animale che ha sede nel cervello e governa movimento e sensibilità; lo spirito vitale che risiede nel cuore e governa la circolazione del sangue e la temperatura del corpo; lo spirito naturale che risiede nel fegato e governa la produzione del sangue, l’alimentazione e il ricambio.
La malattia come alterazione dell’equilibrio tra gli umori
Richiamandosi a Ippocrate, Galeno è convinto che la malattia sia dovuta all’alterarsi di quel particolare equilibrio tra gli umori che caratterizza l’individuo sano; è perciò una discrasia (una mescolanza in misura anormale) dei quattro umori fondamentali (sangue, flegma, bile gialla e bile nera).
La tecnica
Le realizzazioni tecniche dei greci sono dirette prevalentemente a scopi militari e, specie in età ellenistica, a scopi di divertimento. In effetti non si è ancora sviluppato il concetto moderno di tecnica come strumento di dominio della natura, allo scopo di aumentare il benessere e la comodità dell’uomo, principalmente a causa del persistere e diffondersi della schiavitù.