Segue da La prima guerra mondiale / Link al video della lezione Unigramsci
La reazione a catena che scatena il conflitto mondiale fra le potenze imperialiste
Dal momento che le basi operative delle formazioni indipendentiste bosniache erano dislocate in Serbia, all’attentato al proprio erede al trono gli Asburgo si vedono costretti – per non perdere l’autorità sulle diverse nazioni straniere a loro sottomesse – a rispondere con un ultimatum contro questo paese il 23 luglio 1914. I serbi non potendo fronteggiare la potenza asburgica, pur di evitare il conflitto, si dimostrano pronti ad accettare tutte le pesantissime condizioni dettate dagli Asburgo, salvo l’unica che non poteva essere accettata – a meno di non divenire uno Stato satellite dell’Impero austro-ungarico – ossia che le indagini in territorio serbo, volte a colpire gli indipendentisti responsabili dell’attentato, sarebbero state condotte direttamente dalla polizia militare austriaca. L’impero asburgico, in realtà, non aspettava altro che una scusa formale per aggredire la Serbia – odiatissimo punto di riferimento di tutte le forze che si battevano per il diritto all’autodeterminazione degli slavi del sud – che metteva in discussione il vecchio impero multietnico. Così l’Imperatore – senza considerare le tragiche conseguenze delle sue azioni – il 28 luglio dà ordine di bombardare la capitale della Serbia Belgrado, puntando – con un’aggressione e una tattica volta a terrorizzare la popolazione civile – a piegare rapidamente l’avversario prima del prevedibile e necessario intervento delle potenze rivali. Il vecchio e tradizionalista stato maggiore asburgico non aveva tenuto conto che l’ennesimo mutamento di equilibrio quantitativo nei Balcani e, più in generale, fra le potenze imperialiste – intente a spartirsi, incalzate dalla crisi, il mondo in zone d’influenza – non poteva che provocare uno spaventoso mutamento qualitativo, ovvero l’inizio della più sanguinosa e vasta guerra che l’umanità aveva potuto immaginare.
La Russia – che aveva cercato di occultare la propria volontà di espansione imperiale nei Balcani dietro la maschera di paladina delle nazione “sorelle” slave oppresse dagli imperi turco e asburgico – era legata da un trattato di alleanza con la Serbia. Quindi, essendo quest’ultima aggredita dal comune nemico austro-ungarico, la Russia sarebbe dovuta intervenire a suo sostegno. Tuttavia, timorosa per lo stato pietoso con cui erano stati equipaggiati i propri soldati-contadini e ancor più titubante ad armarli – visto l’elevatissimo livello di sfruttamento cui li costringevano, nella vita civile e militare, i loro ufficiali-proprietari terrieri – la Russia si limita a mobilitare il proprio esercito dirigendolo verso i confini. Meno di ciò non era possibile fare, senza perdere definitivamente ogni credibilità sul piano internazionale e, in particolare, agli occhi dei popoli slavi di cui l’Impero degli zar si era autoproclamato protettore. Tuttavia, la semplice presenza dei soldati russi in prossimità dei confini, creano un’imprevista situazione di panico e, al contempo, di esaltazione sciovinista in Germania, a lungo preparata dal veleno ideologico istillato dal pangermanesimo e dalla volontà di potenza di matrice nietzschiana che avevano finito con il divenire egemoni fra gli intellettuali tedeschi. Ciò consente al partito della guerra di convincere tutti i deputati del Reichstag – con la sola eccezione del socialista di sinistra Karl Liebknecht– a votare i crediti di guerra, indispensabili a lanciare un ultimatum alla Russia, imponendogli di smobilitare l’esercito e di farlo ripiegare nelle retrovie. D’altra parte, la Russia non poteva certo piegarsi a un tale ultimatum, senza perdere il proprio statuto di grande potenza, e la Germania si vede a sua volta costretta, per non perdere credibilità, a dare seguito alle proprie minacce con troppa leggerezza pronunciate. Si ritrova, dunque, incautamente, nell’incombenza gravida di nefaste conseguenze di dichiarare guerra alla Russia.
A questo punto la Francia, legata alla Russia da un trattato di reciproco sostegno in caso di aggressione esterna, si vede costretta a mobilitare il proprio esercito schierandolo alle frontiere con la Germania, senza però risolversi a dichiarare guerra. È ancora la Germania a togliere le castagne dal fuoco ai guerrafondai dei paesi a essa ostili, lanciando un ultimatum, altrettanto inaccettabile e, perciò, rigettato dalla Francia che porta la Germania a dichiarargli guerra. Vedremo come la Germania pagherà caro l’aver dato sfogo alle proprie pulsioni aggressive e scioviniste, coltivate improvvidamente dalla classe dominante per oltre trent’anni. Infatti le altre potenze imperialiste, dopo averla sconfitta, gli addebiteranno in pieno con tale scusa l’intero ammontare delle proprie spese belliche, gettando così le basi, altrettanto improvvidamente, per una nuova guerra mondiale.
I motivi che indussero il quartier generale tedesco a realizzare l’incubo di Bismark
L’incubo di Bismarck, ovvero il doversi trovare a combattere una guerra su due fronti, a ovest con la Francia e a est con la Russia, si stava realizzando, con l’aggravante di un ulteriore fronte apertosi, di lì a poco, a nord con l’intervento in guerra dell’Impero britannico. Lo stato maggiore tedesco si era lanciato in un’avventura tanto spericolata in quanto aveva nel ventennio precedente accuratamente preparato un piano militare che prevedeva, con una guerra lampo, di mettere rapidamente in ginocchio la Francia prima che l’arretrata Russia e la Gran Bretagna, forte più sul mare che su terra, potessero mettere in difficoltà l’esercito tedesco.
La guerra si espande fuori dall’Europa e la neutralità dell’Italia
Nel frattempo il Giappone, approfittando del massiccio impegno militare tedesco in Europa, dichiara guerra alla Germania, per strappargli i possedimenti coloniali in Cina. Al contrario i Turchi Ottomani si schierano con la Germania contro il comune nemico russo. La guerra assume così da subito contorni mondiali, anche perché le grandi potenze trascinano nel conflitto i loro immensi imperi coloniali e si battono in tutto il mondo per estendere la propria zona di influenza. Fra le poche potenze a rimanere, in un primo momento, neutrali c’è l’Italia, dove il fronte guerrafondaio per quanto agguerrito non è riuscito ancora ad avere la meglio sul fronte ampio neutralista che va dagli operai, organizzati dai socialisti, ai contadini organizzati dai cattolici fino ai liberali di “sinistra” facenti capo a Giolitti. Del resto l’Italia è legata da un patto, la Triplice alleanza, di natura difensiva con gli Imperi centrali, che non solo hanno dichiarato guerra per primi e, dunque, sono paesi aggressori, ma hanno dato avvio al conflitto mondiale – che si veniva preparando da anni a causa delle contraddizioni del modo capitalistico di produzione – senza neppure premunirsi di consultare o, quantomeno, premunire l’alleato italiano. Anche in tal caso, i pregiudizi di natura razzista affermatisi negli Imperi centrali – in questo caso nei confronti dello stesso alleato italiano – saranno fra i principali motivi della loro completa disfatta.
I motivi del fallimento della “guerra lampo” preparata dallo stato maggiore tedesco
Nel frattempo l’Impero germanico, dando atto al suo piano volto a costringere alla resa la Francia – prima dell’effettiva entrata in guerra di Russia e Inghilterra – aveva invaso, senza nemmeno dichiarare guerra, le neutrali Belgio e Lussemburgo, penetrando così in Francia nella zona meno fortificata e difesa dall’esercito francese concentratosi più a sud lungo l’ampio confine con la Germania. Tuttavia, a ulteriore dimostrazione che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, i Belgi pur condannati a una certa sconfitta, dinanzi alla vile e proditoria aggressione tedesca resistono strenuamente, facendo perdere tempo prezioso all’esercito germanico, indispensabile alla realizzazione della sua “guerra lampo”. I tedeschi, per piegare i belgi, iniziano un bombardamento selvaggio di Bruxelles allo scopo di terrorizzare la popolazione civile belga, affinché facesse pressione sul governo per una resa immediata. Ciò nonostante, l’effetto sorpresa è in buona parte sfumato, e le truppe tedesche pur arrivando a pochi kilometri da Parigi non riescono a ripetere la trionfale vittoria della guerra franco-prussiana. L’esercito tedesco è dapprima bloccato e poi costretto a una ritirata tattica dalla controffensiva francese, rafforzata dal supporto popolare, nerbo dell’esercito, in quella che al momento si determinava come una guerra difensiva contro la proditoria aggressione tedesca. Inoltre, la vile aggressione del Belgio e l’uso di bombardamenti indiscriminati allo scopo di terrorizzare i civili, consentono ai rappresentanti della classe dominante inglese, che non aspettava altro per iniziare la guerra, di forzare la mano all’opposizione laburista, che sino a quel momento aveva impedito le mire belliciste dell’alta borghesia per la netta opposizione alla guerra del proletariato britannico. In tal modo gli inglesi contribuiscono alla salvezza della Francia, inviando un contingente militare che arriva in soccorso dei francesi prima di quanto avesse previsto lo stato maggiore tedesco. Inoltre, a contribuire al fallimento del piano tedesco vi fu la hybris che spinse talmente in avanti le truppe tedesche per raggiungere Parigi e costringere alla resa la Francia, da non tener conto del fatto che i rifornimenti non erano in grado di tenere il passo, vista l’estrema rapidità con cui si erano spinti in avanti i reparti motorizzati dell’esercito.
Infine, molto prima del previsto, anche i russi, terrorizzati dalla potentissima e spietata macchina da guerra tedesca, superano prima di quanto era stato preventivato la loro ritrosia ad armare i soldati-contadini e lanciano un’offensiva contro la Prussia, cuore della Germania guglielmina, lasciata sguarnita dalla concentrazione verso occidente delle truppe tedesche. Così, nel momento decisivo dello scontro con i francesi, determinanti battaglioni indispensabili al successo della “guerra lampo” furono ritirati dal fronte occidentale e precipitosamente inviati nella direzione opposta, per arrestare la pericolosa avanzata dei russi verso Berlino. Tanto più che il multietnico impero austro-ungarico si dimostrò il residuo di un passato ormai definitivamente tramontato ancora più dello stesso impero russo, tanto che le truppe di quest’ultimo ebbero ragione di un esercito composta da popolazioni slave che miravano all’indipendenza e finivano per vedere nei russi più dei possibili liberatori che degli invasori.
Dalla guerra di movimento alla guerra di trincea
Tutto ciò contribuisce ad arrestare l’avanzata dell’esercito tedesco sul fiume Marna. In seguito, non potendo più avanzare, tedeschi e russi sono costretti a una ritirata tattica, reputando ormai necessario ripiegare dalla guerra di movimentoa una lunga e snervanteguerra di posizione, scavando a tale scopo delle lunghissime trincee che, nel fronte occidentale, andavano dal Canale della Manica sino a sud al confine con la Svizzera.
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