Titolo italiano | L’occhio di vetro |
Titolo originale | Stekljánnyj glaz |
Paese | Unione Sovietica |
Anno | 1928 |
Regista | Liliya Brik, Vitalij Zhemciuzhnyj |
Colore | Bianco e nero |
Sonoro | Sonoro |
Lingua | Russo |
Sottotitoli | Italiano |
Durata | 51’ 06’’ |
Qualità del filmato | Discreta |
Il film documentario rappresenta una specie di Uomo con la macchina da presa (di Dziga Vertov) che illustra in modo molto didascalico ma divertente l’utilizzo e l’utilità dell’“occhio di vetro”, cioè della cinepresa. Il cinema può far conoscere popoli e paesi lontani (i masai, i tropici, gli eschimesi e San’a, quarant’anni prima di Pasolini), può documentare avvenimenti storici (l’incoronazione dello Zar) o illustrare un’operazione chirurgica.
Il compito fondamentale del cinema, però, per Brik e Zhemciuzhnyj, come per Vertov, è quello di documentare la verità dei fatti e ciò non può che avvenire nel paese del socialismo reale perché negli stati dove comanda il capitale la produzione si rivolge solo all’intrattenimento.
Le cose più interessanti sono gli spezzoni dedicati alle città. Sono presentate Mosca (con immagini, tratte da Mosca di Michail Kaufmann, che fotografano il Mercato Sucharev di Melnikov e una torre di ferro di Schuchev), Londra (il funzionamento del London Bridge), Berlino (con immagini scippate a Ruttman e non dichiarate), Parigi (classici carrelli in elevazione dalla Torre Eiffel, simili a quelli del coevo La tour di Clair ma meglio fotografati) e New York. Insomma: il film è storicamente importante, contiene immagini straordinarie ed è assolutamente ignoto (Lily — o Lilja — Brik era l’amante di Majakovskij).
Buona visione!