Recensioni di classe 3

Proseguiamo con delle brevi recensioni dei film e delle serie proposti quest’anno nel nostro paese e disponibili sul web.


Recensioni di classe 3

La Freccia Azzurra di Enzo d’Alò, animazione, Italia 1996, voto: 7+; ottimo film per bambini che, rispetto alle odierne merci dell’industria culturale, sembra venire da un altro mondo. Il film è ispirato all’omonimo racconto di Gianni Rodari – restaurato per il centesimo anniversario della sua nascita – scrittore capace di creare splendide favole per bambini in grado di mediare in forme semplici e immediate concetti fondamentali, a partire dalla lotta di classe quale motore della storia nelle società divise fra gruppi sociali con interessi antagonisti. Da questo punto di vista, il film costituisce un ottimo antidoto ai prodotti dell’industria culturale e, in particolare, del suo più imponente e deleterio monopolio: la Disney, sempre intenta a mediare contenuti classisti o, al massimo, illusioni interclassiste di matrice clerical-fascista. Il film di d’Alò, quindi, oltre al notevole pregio estetico – merito anche della splendida musica di Paolo Conte e della voce narrante di Dario Fo – riesce nel difficile compito di incantare e allo stesso tempo formare il pubblico a cui si rivolge, quello dei più piccoli; che, immersi nel racconto, sono portati a prendere parte alla lotta per chi si batte per l’emancipazione del genere umano contro chi, per il proprio profitto privato, si batte in funzione della disemancipazione.

Planet of the humans, un documentario prodotto da Michael Moore e girato da Jeff Gibbs, Usa 2020, voto: 7; la pellicola ha il merito di mettere in discussione la possibilità che possa esistere un capitalismo verde. Un documentario ecosocialista che mette a nudo il complesso eco-industriale e la svendita del movimento ambientalista agli interessi delle grandi multinazionali. Opera efficacissima dal punto di vista critico, nello svelare l’enorme imbroglio dell’ambientalismo e dei suoi leader che, sotto le apparenze di voler salvare la natura, sono al servizio del rilancio dell’accumulazione capitalistica dinanzi a una spaventosa crisi di sovrapproduzione. Da questo punto di vista, il film è interessantissimo nel denunciare come il capitale possa servirsi di problemi reali e da lui stesso prodotti, per sopravvivere e ripulirsi (green washing) agli occhi di tante brave persone sinceramente interessate alla questione ambientale. Va detto però che, come troppo spesso capita con i film della sinistra statunitense, essi sono estremamente coraggiosi e avanzati nella denuncia, ma allo stesso tempo spaventosamente carenti nella proposta di un’alternativa, finendo a loro volta, come con le presunte energie pulite, a proporre delle soluzioni peggiori del male che pretendono di curare. Nel caso specifico, le proposte di uscita dal rilancio del capitalismo mediante il presunto ambientalismo vanno dal rilancio della soluzione ultrareazionaria neomalthusiana, per cui il problema principale dell’umanità sarebbe la sovrappopolazione, a farneticazioni di sapore nietzschiano.  

Roubaix, une lumière di Arnaud Desplechin, drammatico, Francia 2019, voto: 6+; un film che aspirerebbe a essere realista, ma appare piuttosto naturalista. Descrive la crisi della società capitalista, il suo stato putrescente, in una città della Francia particolarmente disastrata, dove si finisce per compiere terribili delitti per i più futili motivi: a causa della povertà, dell’individualismo e della perdita della coscienza di classe. Dinanzi a un proletariato sempre più ridotto a plebe e a sottoproletariato, si finisce paradossalmente per fare, in modo del tutto inverosimile, un’apologia degli apparati repressivi dello Stato quale principale forza progressista. Si tratta dello stadio più basso raggiunto dal progressivo riposizionamento della ex sinistra su posizioni sempre più moderate. Ex sinistra che, in tal modo e senza nemmeno rendersene conto, è di fatto passata dall’altra parte della barricata – divenendo l’ala sinistra del partito dell’ordine – insieme ai critici cinematografici di “sinistra” cinefili che ne fanno, al solito, l’apologia.

Palm Springs – Vivi come se non ci fosse un domani di Max Barbakow, commedia, fantastico, Usa 2020, voto 6-; commediola statunitense, a tratti godibile, mostra che vita infernale sarebbe quell’eterno ritorno, non a caso vagheggiato dal pensatore ultrareazionario Friedrich Nietzsche. Per il resto il film è di fatto privo di aspetti sostanziali e vive tutto intorno a una trovata che, per quanto nuova, alla lunga finisce, come è necessario, con l’annoiare. 

On The Rocks di Sofia Coppola, commedia, Usa 2020, voto: 6-; forma sofisticata e ben confezionata di oppio per il popolo, come buona parte dei prodotti dell’industria culturale statunitense che, in nome del profitto, rinuncia all’ideologia dominante postmoderna. Commediola, al solito sostanzialmente conservatrice dell’ordine esistente, ma che con il suo effetto stupefacente ti costringe a vederla fino in fondo, risultando, almeno nella prima parte, alquanto gradevole. Alla lunga, la sua inconsistenza dal punto di vista decisivo del plot finisce inevitabilmente con l’annoiare. Ma esattamente come per le merendine, che non riesci a non finire di mangiare anche se sai che fanno male e ti lasciano un sapore sgradevole in bocca, così quest’opera gastronomica ti costringe a rimanere incollato allo schermo fino in fondo, pur sapendo che si tratta di un’inutile perdita di tempo.

Watchmen 1x9, premiata come migliore miniserie televisiva, Usa 2019, creata da Damon Lindelof, ispirata all’omonima miniserie a fumetti di Alan Moore e Dave Gibbons, pubblicata tra il 1986 e il 1987 da DC Comics, voto: 4,5. La puntata pilota si apre con l’efficace denuncia dell’efferatissimo pogrom razzista che ha portato al massacro della principale comunità afroamericana a Tulsa nel 1921. Terminata questa breve ed efficace presentazione della serie, siamo riportati ai nostri giorni, anche se la scena cui assistiamo è paradossalmente l’opposto di quanto avviene nella realtà. Abbiamo un bianco non benestante che viene fermato per un controllo da un agente afroamericano. Quest’ultimo, insospettito, chiede ripetutamente alla centrale l’attivazione della propria arma e quando, infine, la ottiene è troppo tardi, il suprematista bianco apre il fuoco e lo colpisce. Si delinea così un paradossale conflitto molto acceso fra la polizia, che utilizza i soliti metodi fascistoidi, e i terroristi suprematisti bianchi, presentati come una massa di sottoproletari preda del complottismo antigovernativo. In realtà la loro organizzazione segreta, degna erede del Ku Klux Klan, non solo è diretta da notabili sudisti, ma è riuscita a infiltrare gli stessi apparati governativi che sembrano i più decisi a contrastarla. Dall’altra parte abbiamo un gruppo di poliziotti mascherati, uno dei quali presentato addirittura come un comunista (quasi si trattasse di un fenomeno paranormale), anche se appare quello più deciso a usare mezzi fascistoidi per reprimere il sottoproletariato suprematista che mantiene come punto di riferimento Nixon. Fra i poliziotti mascherati, spicca il ruolo di una donna afroamericana, che in qualche modo riprende il testimone del nonno, sopravvissuto al massacro di Tulsa ed entrato nella polizia per far prevalere la giustizia. Ancora una volta abbiamo la rappresentazione distopica di un futuro in cui le masse popolari bianche si sentiranno perseguitate da un governo radicale, che cerca di risarcire gli afroamericani delle violenze subite e di disarmare i privati cittadini. In un tale orizzonte distopico a svolgere il ruolo dei “buoni” è addirittura la polizia con i suoi metodi fascistoidi. Più si va avanti e più la storia si intreccia con i supereroi dei fumetti, il più potente esponente dei quali, dotato di superpoteri talmente elevati da assomigliare a una divinità, ha portato a termine, come sua principale “epica” azione, il massacro della resistenza vietnamita, fino a rendere il Vietnam un nuovo Stato degli Usa. Per poi rinunciare per amore ai suoi superpoteri. Fra gli altri supereroi, ne spicca uno che con le sue azioni avrebbe favorito la grande diffusione delle milizie suprematiste; per impedire una probabile guerra nucleare fra Usa e Urss, ha infatti ordito un finto attacco alieno che ha ucciso ben tre milioni di newyorkesi con il risultato di favorire in seguito l’ascesa al potere del radical Robert Redford. Altro personaggio di spicco è una terza supereroina che è passata dall’altra parte, guidando la componente dell’ Fbi volta a dare la caccia proprio ai supereroi.

Abbiamo, infine, anche in una serie come questa così attenta al politicallly correct, un nemico impersonato da un asiatico, che mirerebbe a far propri i superpoteri statunitensi per affermare la sua volontà di potenza. Ancora una volta una metafora del presunto “pericolo giallo” che rischierebbe di mettere in discussione il predominio statunitense, per sostituirlo con una forma di dominio decisamente peggiore. Il risultato è un prodotto ben confezionato dell’industria culturale che, dietro apparenze radicali, veicola in fondo un contenuto alquanto reazionario, tanto da fare incetta di premi agli Emmy Awards.

La vita straordinaria di David Copperfield di Armando Iannucci, biografico, Gran Bretagna e Usa 2019, voto 3+; questo pessimo regista reazionario fornisce la versione peggiore possibile di David Copperfield, tagliando radicalmente tutti gli aspetti realisti e di denuncia sociale e riducendo il tutto a una noiosissima farsa, dal momento che Iannucci sembra riconoscersi soltanto negli aspetti grotteschi del romanzo. Risulta al solito vergognoso il lancio acritico di tale pessimo film sull’unico quotidiano sedicente comunista italiano, che dedica persino una mediocrissima intervista al regista nella quale il cronista pseudocomunista si lascia, come di consueto, completamente egemonizzare dall’intellettuale tradizionale, per lo più reazionario.

Borat seguito di film di Jason Woliner, commedia, Usa 2020, voto: 3-; film assolutamente demenziale, spesso volgare e decisamente orientalista e razzista nei confronti dei paesi musulmani ex sovietici, che agli occhi di uno statunitense medio appaiono quanto di più aberrante sia immaginabile. Al punto che anche i più destri e reazionari fra gli statunitensi appaiono come dei progressisti rispetto agli abitanti delle ex repubbliche sovietiche musulmane. Veramente indecente che questo intollerabile film sia stato lanciato dall’unico quotidiano sedicente comunista italiano, come un esemplare e coraggiosa pellicola contro Trump, in vista delle elezioni presidenziali.

05/12/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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