Love songs e Lettere matrimoniali sono rispettivamente, il penultimo disco e l’ultimo romanzo del grande Claudio Lolli che ritiene sia l’amore l’ultimo strumento, nell’animo dell’uomo, in grado di produrre dei moti interiormente rivoluzionari e forieri di trasformazioni e cambiamenti radicali esogeni. E’ da questo ascolto e da questa lettura che mi sono interessato a capire se nel mondo liquido fosse rimasto qualcosa di solido dal quale ripartire. Ho trovato, curiosamente, così tante solidità che credo si possa parlare di una solidità liquida (di cui ho parlato ampiamente nel mio ultimo libro) [1] per constatare che sì, vi sono fenomeni sociali che nel Novecento erano liquidi (violenza intrafamiliare, violenza di genere, pedofilia…) e che si sono fortemente solidificati nella nostra epoca post moderna, ma a questa “solidificazione” non ha corrisposto un comportamento sociale altrettanto solido. Al contrario il modo di affrontare i problemi risulta ancora più liquido, frammentato, caotico, riottoso.
Un fenomeno tra tutti chiarirà meglio il concetto espresso da tale teoria. L’educazione e l’amore, nel caso del rapporto genitori-figli, aveva come canale di trasmissione il corpo del bambino. Michel Foucault racchiudeva questo concetto nel “panico da masturbazione” che autorizzava i genitori a monitorare il corpo del bambino a tal punto da sorvegliare tutta la sua crescita in modo tale da plasmarla e addestrarla ai ruoli e ai comportamenti “attesi” dal contesto sociale novecentesco. Foucault introduceva il panico da masturbazione nel sistema definito panopticon (dal greco pan: tutti; opticon: osservare). Quest’ultimo è originariamente il nome della creatura architetturale inventata da Jeremy Bentham per la costruzione delle carceri, degli ospedali, dei manicomi, nei quali un sorvegliante controlla tutte le altre persone, le quali, pian piano, cominciano a comportarsi nel modo desiderato dal sorvegliante anche in sua assenza non sapendo più se sono, in ogni momento, sorvegliati o meno. Per cui ai bambini veniva impartito un addestramento comportamentale chiaramente panottico che aveva nel corpo il suo canale di trasmissione.
La pedofilia che nel Novecento si presentava come un fenomeno fortemente liquido a tal punto da essere quasi del tutto ignorato, emerge in modo così forte e preponderante in quest’epoca globalizzata, da trasformare il vecchio e panottico “panico da masturbazione” in un vero e proprio “panico da abuso” modificando lo status del corpo del bambino da canale di trasmissione di cura, amore, affetto ed educazione a temibile rischio dal quale prendere la distanza più marcata e rilevante. Il canale di trasmissione dell’amore genitoriale diventa così il supermercato e il consumo in generale. Attraverso gli oggetti acquistati il genitore vuole metaforicamente trasmettere educazione e amore. Tuttavia in virtù della “fungibilità simbolica” il bambino comincia a imparare che è il consumo in sé ad essere amore e che la negazione dell’oggetto prima e del denaro poi da parte del genitore, corrisponde all’assenza di cura e di affetto. L’amore genitoriale ai tempi della globalizzazione, allora, passa attraverso l’ipermercato prima e attraverso la banca nel periodo che va dall’adolescenza della prole fino a buona parte dell’età adulta.
Il consumo, per quel che riguarda gli adulti, è lo strumento attraverso il quale si rimuove qualsiasi scrupolo morale derivante dall’abdicazione, da parte dei genitori, del loro ruolo di educatori di vita, di costruttori di norme, valori, ideali nei confronti dei figli, trasformando ogni ricorrenza (religiosa, familiare ecc.) in un acquisto continuo favorendo il desiderio di primeggiare del bambino nel suo gruppo dei pari per mostrare gli acquisti che diventano un segno di distinzione sociale. Si compra, dunque, la propria sicurezza con il denaro. Esso è considerato un terzo genitore, il “padre di ogni concezione educativa […] che diviene per il bambino un punto di riferimento educativo forte e autonomo rispetto alle stesse idee morali o educative dei genitori [che soccombono]: i bambini imparano non dalle affermazioni dei loro referenti educativi ma dalle pratiche quotidiane, dalla lotta giornaliera per quadrare i bilanci familiari, dai commenti rispetto a chi accumula denaro, dalle valutazioni automatiche di chi può disporre di beni, dai piccoli o grandi comportamenti o dalle affermazioni di rispetto o dalle referenze verso chi è ricco” [2]. Per cui questo terzo genitore si naturalizza progressivamente davanti agli occhi inermi di genitori incapaci di sviluppare un’attenta decodifica della situazione.
Ecco allora, che per quanto la pedofilia sia diventata un fenomeno solido, esso produce ulteriore liquidità e non solidità. In altre parole davanti a tale grave fenomeno non si amplifica la cura e l’amore ma la distanza e la materialità consumistica, producendo delle concatenazioni plurime e complesse di danni sociali per la dimensione collettiva (il cui sgretolamento è sempre più repentino) e di valori aggiunti per il Capitalismo globalizzato agevolato rilevantemente dalla condizione di monadismo individuale che esso stesso produce nei confronti delle persone. Occorre chiedersi, allora, con la sociologa Eide Spedicato Iengo: “Come attivare percorsi, espressioni e prassi di convivenza al rialzo? Come dar luogo ad una nuova ricomposizione sociale? Come invertire la rotta del modello individualistico eretto a sistema? Come promuovere costruzioni condivise? Come riabilitare il significato dell’uomo come ente intenzionale, teleologico, organizzatore del senso delle cose e di se stesso in scenari dissipativi come gli attuali?” [3]
Ecco che è necessario indagare sulle conseguenze sistemiche e sociali sull’intimità dell’individuo, sulla sua impotenza sociale e politica, su come il capitalismo più che impadronirsi delle classi sociali, dividendole in una prima fase, sia penetrato non solo culturalmente nella sfera esistenziale delle persone, ma anche in quella più propriamente interiore, intima, psichica a tal punto da aver trasformato i rapporti intra familiari, le relazioni con gli amici e gli sconosciuti, fino (addirittura) allo stesso comportamento sessuale.
Allora l’amore ai tempi della globalizzazione, altro non è, che l’incapacità di amare davvero e fino in fondo se stessi oltre che qualsiasi altro simile. E’ possibile cambiare lo status quo? La risposta è nel precedente articolo scritto per “La Città Futura”. Bisogna innanzitutto riconoscere l’artificialità del sistema che ci circonda partendo dal presupposto che tutto è il frutto dell’invenzione umana e che proprio per questo gli esseri umani stessi possono trasformarla.
Note:
[1] Dario Leone, L’amore ai tempi della Globalizzazione, Aracne, 2017
[2] Benvenuti L., Malattie mediali, Baskerville, 2002
[3] op. cit