Mentre leggo “Essenzialmente tu”, la biografia di Rino Gaetano, cantautore prematuramente scomparso a Roma nell’81, scritta dal giovane Matteo Persica appena edita da Odoya, rivivo quegli anni Settanta come fosse oggi, nel ricordo di un periodo fondamentalmente buio. Erano gli anni di piombo, anni in cui si viveva a tutto tondo l’estremismo politico. Piazze in cui la politica spesso diventava violenza. Iniziò con il sessantotto e per oltre un decennio quel tempo fu costellato di stragi. Ho ancora in mente l’orrore della strage di Piazza Fontana, che segnò l’inizio della strategia della tensione. Ne seguirono molte altre a brevi cadenze che sconvolsero il Paese.
Dalla strage alla questura di Milano a quella di piazza della Loggia (Brescia), dall’Italicus (espresso Roma-Brennero) all’immane strage alla stazione di Bologna. Quello era anche il periodo del formarsi e operare dei gruppi di sinistra extra-parlamentare come Lotta continua e di estrema sinistra come Prima linea e le Brigate rosse. Si viveva così in quegli anni, ma c’era un’altra Italia sicuramente vincente, sicuramente più positiva.
Quella dello Statuto dei lavoratori (legge 300-maggio 70) e della legge 898 Fortuna-Baslini che istituì il divorzio e la riforma sul diritto di famiglia per la parità fra coniugi. Molte riforme vennero attuate a favore della cittadinanza, siamo nel periodo in cui il Partito comunista era guidato da Berlinguer ed era un partito coeso. C’era la classe e le lotte avevano risvolti importanti. E si vivevano ancora gli effetti del boom economico e della scomparsa dell’analfabetismo (ndr, chi ricorda il maestro Manzi in “Non è mai troppo tardi?”). Marginalmente, ma non troppo, a questi fenomeni se ne confermava anche un altro, quello dei cantautori della musica italiana. Indimenticabili Lucio Battisti e il nostro compagno di vita e di strada Fabrizio De Andrè che ha segnato il passo di quei tempi con le sue poesie antisistema in musica.
E poi in zona d’ombra, rispetto ai miti citati, c’era anche lui, Rino Gaetano. Esplose sul palco di Sanremo con Gianna, un grintoso menestrello dalla voce roca, con le sue canzoni emblema del nonsense d’autore. Testi con contenuti e messaggi che si sono poi rivelati profetici nel tempo a venire. Quel menestrello veniva da Crotone, passò nei corridoi di un seminario prima di ritrovare se stesso e canalizzare la sua sensibilità e la sua creatività attraverso la musica e le sue parole in versi, un po’ assurdi, un po’ strampalati, ma straripanti di colore e di rabbia sociale. Neanche lui, spesso, sapeva spiegarne il senso e rilasciava ai media concetti frammentati che bisognava intuire, ma le cantava con una grinta nuova e appassionata. Parliamo di circa quattro decenni fa: Rino non c’è più da 36 anni, ma le sue canzoni sono ancora talmente attuali da essere diventate inni di molti collettivi giovanili. I giovani del XXI secolo cantano ancora “Ahi Maria” e “Il cielo è sempre… “.
Il perché forse è da ricondursi alla magia della musica che da sempre aggrega, ai contenuti di carattere sociale e politico che favoriscono il senso di ribellione al malcostume, alla presenza di una posizione nei confronti della corruzione dei poteri dominanti, al ritmo che induce a muoversi in gruppo e, non di meno, a quella vena di spontaneo sentimentalismo che è poi il leit-motiv della musica italiana.
“Sono solo canzonette” canta ironicamente Bennato, ma non è così, non è vero. Ѐ altra storia. La buona musica e certe parole e i messaggi che trasmettono spesso entrano nella nostra vita e ci accompagnano, aprendo ogni tanto cassettini della memoria. E poi c’è l’autore, se è d’impatto, se “buca lo schermo”, se aggrega migliaia di persone di diverse generazioni, allora diventa indimenticabile. Fino a diventare un mito se esce di scena quando è all’apice del successo. Come è accaduto ai grandi cantautori di fine secolo.
Ѐ accaduto anche per il personaggio Rino Gaetano, scomparso da un giorno all’altro per un incidente di macchina sulla Via Nomentana.
Mio fratello è figlio unico, un inno alla sofferenza del migrante, o Aida, inno all’Italia. E quel Nun te reggae più, contestazione totale a tutto ciò che è illegale e corrotto. Se gli chiedevi di argomentare il senso, rispondeva a monosillabi, eppure le scrisse lui quelle parole e fece canticchiare “Ma il cielo è sempre più blu” a un Paese ancora sopito, ancora fiducioso e ottimista in un futuro dignitoso e uguale per tutti. Il terrore e le stragi non ci avevano terrorizzato al punto di privatizzarci e nessuno poteva aspettarsi quel declino sociale e la perdita di tutti i diritti che ne sarebbero seguiti. Si era ancora fiduciosi e si facevano progetti, perché una buona vita era ancora possibile prospettarla
In quella piazza Sempione, nel quartiere romano di Montesacro, sotto la statua della madonnina, Rino vi sostava spesso, parlava pochissimo, strimpellava moltissimo. Mai senza la sua chitarra che era come un prolungamento del suo braccio, come se vi fosse incorporata. Lo conobbi lì, ragazzo d’epoca, capelli lunghi, pallido, quasi emaciato e sguardo un po’ irridente. Conversazione semi azzerata, si esprimeva soprattutto suonando e canticchiando, ma non cupo, un po’ sfuggente nell’accennare un sorriso. La musica e la politica all’epoca erano i due collanti fondamentali per l’aggregazione di molti giovani, sia studenti che lavoratori. In quella piazza Sempione si cantava molto, canzoni di lotta, ma anche e ancoraI Beatles, i Rolling Stones, i Rokes, i Nomadi, i Dik Dik, le nuove band della musica italiana. Le canzoni di Rino le canticchiavamo solo noi, finché non iniziò per lui la strada della notorietà, allora lo perdemmo un po’ di vista, tranne i fedelissimi descritti nel libro di Matteo Persica.
Un testo colmo di ricordi, di boutade, di testimonianze rilasciate all’autore dagli amici di una vita. - “Era leggermente più piccolo di noi- racconta Renzo, uno dei ragazzi di Piazza Sempione- era un ragazzino timido e spaesato e inizialmente si limitava ad ascoltarci. Poi decise di tentare anche lui, prese tra le mani una delle due chitarre che giravano tra noi ragazzi e, per qualche pomeriggio, mi misi lì ad insegnargli i primi accordi”. Rino non molla più quella chitarra, arriva alla Rca e frequenta il Folk studio, fino alle apparizioni in tv sempre più frequenti e al mega palco sanremese. Il ragazzo con l’acne, timido e introverso forse si gasa un po’ troppo per quel successo e per tutta quella visibilità, forse si perde un po’, perde la piazza, i ragazzi e le ragazze della madonnina. Gli resta accanto la sua famiglia, i suoi fedelissimi e qualche amore. Corre sfrecciando nella notte. La sua corsa si ferma alle 3, 55 sulla Via Nomentana. Era il 2 giugno del 1981. Di quel menestrello dal sorriso ironico e un po’ irriverente ci restano i suoi testi che parlano della malinconia del migrante, della questione del Sud ancora oggi irrisolta, della rabbia contro il potere che toglie diritti ed umanità. Se la sua voce roca e graffiante è ancora nell’aria e ancora sono in molti a cantare le sue canzoni lo dobbiamo ai suoi testi o a quell’ultimo tragico palcoscenico che lo ha reso un mito? Perché, infine, gli eroi son tutti giovani e belli.
A Rino
Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,
con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,
quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,
ma nella fantasia ho l’immagine sua:
gli eroi son tutti giovani e belli,…
E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano
che l’uomo dominava con il pensiero e con la mano:
ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite,
sembrava avesse dentro un potere tremendo,
la stessa forza della dinamite...
Ma un’altra grande forza spiegava allora le sue ali,
parole che dicevano “gli uomini son tutti uguali”
e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via
la bomba proletaria e illuminava l’ aria…
La storia ci racconta come finì la corsa
la macchina deviata lungo una linea morta…
con l’ultimo suo grido d’ animale la macchina eruttò lapilli e lava,
esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo:
lo raccolsero che ancora respirava…
…
Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore
mentre fa correr via la macchina a vapore
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva, come una cosa viva, lanciata a bomba contro l’ ingiustizia (La locomotiva –Francesco Guccini)
Scheda del libro:
Titolo “Essenzialmente tu”
Autore: Matteo Persica
Editore: Odoya
Finito di stampare: Ottobre 2017