Roma, 25 Aprile, piazza dei Partigiani. Ci sono cose, ci sono parole, ci sono ricordi e c’è una storia che supera l’idea del tempo e resta sempre attuale. Non importa che siano trascorsi 73 anni o alcuni giorni. La storia della liberazione del Paese dalle tenaglie del nemico nazifascista, grazie ai nostri padri partigiani ci appartiene in tempo reale, sempre, qualsiasi azione facciamo. La lotta partigiana per la liberazione dal nazifascismo è oggi più che mai attualissima, è nel respiro delle nostre lotte contro il potere neoliberista e contro l’imperialismo. Qualcuno, invece, di quella lotta partigiana, del sangue dei nostri eroi che ci hanno restituito la libertà, ne parla con disprezzo, altri la ignorano, qualcun altro la racconta per dovere istituzionale, indegnamente, ipocritamente, facendosene fittiziamente interprete. E queste sono le facce peggiori, quelle dell’indifferenza, dell’odio, dell’ipocrisia verso chi ci ha restituito un paese massacrato dalla guerra e finalmente libero dall’oppressore.
Quest’anno, come da rituale, a Piazza dei Partigiani c’era un bagno di folla, arricchito dal lungo serpentone del corteo proveniente dalla Garbatella. E sul palco tanti partigiani storici a ricordare episodi della Resistenza e a intonare canti corali di lotta, dal palco alla piazza. Poi arriva lei, la sindaca, con giacchina rosso bordeaux d’ordinanza e fascia tricolore. Ha il volto contrito per l’assenza della comunità ebraica che aveva aderito all’invito a partecipare da parte dell’Anpi, a condizione che i palestinesi non alzassero le loro bandiere.
Parte male la sindaca, vuole trovare in quella piazza il capro espiatorio per l’assenza della brigata, ma viene sommersa da fischi e buh. Qualcuno grida “Statte zitta e…tappace le buche”. Ѐ un coro di protesta acceso, ma la sindaca resiste con il volto da madonna addolorata. Le fa da spalla Fabrizio De Sanctis, presidente Anpi romano che cerca, invano, di zittire le proteste, mentre il vice sindaco Bergamo, immobile accanto a lei, sembra una statua di sale bianca e soprattutto muta. “Ѐ molto, molto importante la presenza della sindaca…qui “ si accalora De Sanctis. La protesta si affievolisce, solo perché molti compagni girano le spalle al palco e se ne vanno. Le bandiere palestinesi sventolano alte e orgogliose. Non hanno nulla da temere, ne hanno pieno diritto e sono belli i palestinesi con loro kefie colorate e le bandiere alte verso il sole. Ѐ questo il posto giusto per loro nel ricordare la Resistenza partigiana e la Liberazione. Sono i nuovi martiri della Resistenza in quella loro terra disconosciuta e umiliata, e massacrata dai sionisti dell’imperialismo israeliano filo Usa.
Ma chi non è al posto giusto è lei, Virginia Raggi, che, su quel palco e in quella piazza nella ricorrenza della Liberazione, è nota stonata. E sorprende ancor più il suo discorso istituzionale che sa di prof bacchettona. Una performance istituzionale dovuta e molto formale, falsata anche dall’incoerenza profonda fra il dire e l’appartenenza politica della sindaca. Ha dimenticato, infatti, nella sua rivisitazione storica della lotta partigiana, di appartenere ad un movimento né di destra, né di sinistra e che parlamentari del M5s hanno dichiarato, in linea salviniana, che sia fascismo che antifascismo sono fasi da superare. Questa è la sua realtà, ma, catturata dall’oblio della sua appartenenza politica, esordisce con un discorso i cui contenuti e la cui storia non le appartengono e che utilizza solo per rappresentare formalmente la sua carica istituzionale.
Una caricatura sul palco, una nota davvero stonata nel suo discorso quando si accalora a parlare sul valore della Resistenza. Le si sarebbe dovuto impedire di continuare quel pietoso discorso, qualcuno l’avrebbe dovuta ammutolire. Ѐ possibile immaginare che se sul quel palco ci fosse stato ad esempio Don Gallo, la sindaca avrebbe avuto difficoltà a proseguire il suo discorso sulla Resistenza. Ad essere invitati a tacere, invece, sono stati quei giovani compagni e quei cittadini, ormai insofferenti di un’amministrazione inesistente che ha finito di ridurre la città ad un colabrodo, che l’hanno fischiata e contestata a lungo, non senza ragione.
Dal sermone della Raggi- stralci e critiche
“Che cos’è il 25 Aprile? Il 25 aprile è la festa di Liberazione, perché il 25 Aprile del 1945 il comitato di liberazione nazionale ha proclamato l’insurrezione nazionale per liberare i territori italiani dall’occupazione nazifascista. Ѐ stato il momento in cui la lotta è riuscita a cambiare, a riportare quel processo per avviare la democrazia nel nostro martoriato paese. Noi celebriamo il 73esimo di quel giorno, di quella data per ricordare tutte quelle persone che hanno saputo superare i particolarismi, le divisioni e si sono unite per combattere il nemico” .
(ndr, grazie sindaca per avercelo ricordato. Ah, se non ci fosse lei)
“...se siamo qui è perché tante persone si sono unite e ci hanno regalato, anche a costo della loro vita, la libertà e la democrazia. Io ricordo che l’insegnamento che queste persone ci hanno dato, ossia il fatto di riuscire ad unirsi e combattere insieme, è un insegnamento che noi non possiamo dimenticare”.
(ndr, sempre molte grazie sindaca, lei hai una memoria eccezionale, peccato che, scesa dal palco, dimentichi tutto ciò davanti ai leader del suo partito-movimento)
“...io ricordo che tra quelle persone c’erano repubblicani e monarchici, c’erano donne, uomini, giovani e anziani. C’erano comunisti e c’erano socialisti, c’erano cattolici e c’erano gli ebrei e ricordo che la brigata ebraica ha combattuto per la liberazione dell’Italia”.
(ndr, “io ricordo”? Sindaca ma c’era pure lei? Perché non fa un ulteriore sforzo di memoria e ricorda la confisca della terra palestinese da parte dello Stato d’Israele che fu soffocata nel sangue con il massacro di 7 palestinesi ed il ferimento di centinaia? E perché non ricorda che, molto recentemente, Trump ha fatto un regalo al sionismo “che è da sempre alla ricerca di una legittimazione alle sue aspirazioni di occupare tutta la Palestina facendo di Gerusalemme la capitale eterna dello stato ebraico?”)
“E allora noi una riflessione dobbiamo farla, noi abbiamo lavorato tanto per raccogliere quell’eredità e sfilare uniti, ma come comunità cittadina non siamo stati all’altezza dei nostri predecessori di 70 anni fa. Qualcuno ha voluto inserire nel dibattito questioni che nulla hanno a che vedere con i valori del 25 aprile. Noi non siamo stati in gradi di proteggere il nostro corteo unitario e abbiamo tutti perso un’occasione”.
(ndr, arriva la ramanzina, siamo stati cattivi e la sindaca fa il suo j’accuse alzando il ditino pentastellato, invitandoci al pentimento. Sindaca, ma perché non pensa a quante occasioni ha perso lei di tacere, compresa questa? Dov’era quando i cittadini le hanno chiesto l’audit per il debito, dov’era quando hanno messo i sigilli ai centri sociali? E dov’è oggi che la città che lei amministra maldestramente sprofonda nell’immondizia e nelle buche? E la questione palestinese e quella terra martoriata dal sionismo preferisce dimenticarla o proprio non la riguarda? In questo sermone da lei pronunciato non una parola le è sfuggita per quel popolo che per primo nel giorno della Liberazione avrebbe dovuto ricordare, la Palestina).
“Oggi è una festa e va celebrata, ma quello che dobbiamo fare è cercare di unirci ancora di più, perché il messaggio che dobbiamo dare ai nostri giovani è che l’unione, la condivisione può costituire il fondamento della democrazia. Questo è quello che ci hanno lasciato i nostri padri come eredità e quest’anno noi non siamo stati in grado di raccoglierlo… e i fischi non riscriveranno la storia… La porta del Campidoglio è sempre aperta per chi vuole dialogare e noi continueremo a proporre il dialogo con i cittadini”
Sindaca, lei ha vuoti di memoria, riguardo i giovani della città che amministra. A luglio 2016, ha chiuso le porte del Campidoglio ai giovani del collettivo “Decide Roma” e a tanti giovani di altre realtà come “La carovana delle periferie”. Giovani che l’avevano tutti votata e speravano che con la sua amministrazione qualcosa cambiasse in questa città per le politiche giovanili. Lei a quei giovani, a luglio 2016, ha serrato le porte del Campidoglio. Lei merita tanti fischi, sindaca, se li prenda con umiltà e scenda da quel palco su cui non fa onore alla storia dei Partigiani. Quel palco non è per lei e per la sua storia. Lei appartiene ad una storia vuota di senso, difficile da commentare. Ma forse, Sindaca, lei ha la sola responsabilità di volerne essere inconsapevole.