Roberto Zamarin, grafico e disegnatore, morì il 19 dicembre 1972 in un incidente stradale in piena notte per recapitare il quotidiano “Lotta Continua” ai distributori, un invio reso impossibile per via aerea causa forte nebbia che aveva bloccato gli scali aeroportuali. Zamarin era zasqw2un militante politico, e non solo l’ideatore di Gasparazzo. Era uno degli animatori del giornale “Lotta Continua” e in caso di necessità era anche il corriere incaricato della distribuzione. L’intellettuale all’occorrenza diventava forza-lavoro. Nel caso di Zamarin si passava dalla creazione di vignette al ruolo di corriere che percorreva centinaia di chilometri per distribuire il giornale, un’idea di militanza che non ammetteva divisioni di compiti precostituite. L’esatto contrario di quanto oggi accade con le classi dirigenti delle organizzazioni sindacali e politiche nelle quali il lavoro pratico è sovente scisso da quello intellettuale.
Gasparazzo era l’emblema dell’operaio massa emigrato dal Meridione per approdare alle fabbriche del Nord. E, dopo le lotte sociali e bracciantili in Sicilia, Gasparazzo diventò l’emblema della riscossa operaia, della conflittualità tra capitale e lavoro, delle lotte dal basso negli stabilimenti Fiat.
Sulle pagine di Lotta Continua erano pubblicate le vignette di Zamarin dalla cui matita nacquero le avventure di “Gasparazzo”, operaio meridionale immigrato in una fabbrica del Nord, attivo e protagonista delle lotte operaie, sociali e di movimento a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta.
Leggiamo testualmente dal comunicato degli organizzatori, la redazione “Lotta Continua” pisana, il circolo “Partigiani Sempre” Tristano Zecanowski di Viareggio e il Centro documentazione Gino Menconi di Massa:
“Roberto Zamarin, deceduto nella notte del 18-19 dicembre 1972.
Il 21 dicembre, il quotidiano «Lotta Continua» scrisse la tragica notizia: «Gasparazzo non c’è più.
Il compagno Roberto Zamarin, che aveva inventato e disegnato Gasparazzo, aveva 32 anni ed era padre di una bambina.
Zamarin ha disegnato per il nostro giornale fin dal 1969, ma la sua creatura migliore era Gasparazzo. È morto in uno spaventoso incidente vicino ad Arezzo, mentre guidava l’auto che portava il giornale al Nord per la diffusione ...».
Roberto, come tanti altri allora, concepiva la militanza in modo complessivo (dalla fabbrica alla scuola, dal quartiere alle caserme, dall’antifascismo all’internazionalismo...) e totalizzante (a disposizione dell’Organizzazione e della classe).
Gasparazzo non è morto quella notte, ha continuato e continua a vivere nella testa e nelle lotte di ieri e di oggi.
Abbiamo posto alcune domande Federico Giusti, della redazione pisana di “Lotta Continua”, sull’opera e sull’attualità delle vignette di Zamarin.
D: Perché Gasparazzo a 50 anni dalla morte?
R: Le vignette sono di straordinaria attualità ancora oggi. È proprio questo fatto ad averci spinto a organizzare una mostra che sarà esposta nei mesi di gennaio e febbraio in alcuni circoli toscani con la diffusione di un opuscolo che possiamo anche recapitare in pdf gratuitamente, su richiesta inviabile via whatsapp al seguente numero +39 339 157 6245.
Da anni ormai non è più in pubblicazione il vecchio libro delle vignette di Zamarin, per questo abbiamo prodotto il calendario 2023 con alcune strisce di Gasparazzo individuando al contempo le strisce da riprodurre nella mostra. Ci sono alcune immagini ancora oggi attuali come quelle di critica all’operato dei sindacati, le vignette dedicate alle lotte contro la nocività e a tutela della salute e sicurezza della forza lavoro. Viviamo in tempi nei quali l’aumento dei ritmi e della produzione diventano costanti, con gli algoritmi a dettare i tempi produttivi, aumentano infortuni e morti sul lavoro e anche le malattie professionali. Poi, in tempi di governo di destra, abbiamo pensato di riprendere le vignette antifasciste per ricordare il servizio reso dalle destre al padronato nel corso degli ultimi decenni, da qui l’analisi dei contenuti di una manovra di bilancio che taglia fondi alla sanità, alla istruzione e al reddito di cittadinanza. Gasparazzo ci offre l’occasione di riattualizzare un punto di vista critico verso lo sfruttamento nella società capitalistica rilanciando la conflittualità nei luoghi di lavoro e nella società.
D: Qual è il filo conduttore della mostra?
R: Abbiamo focalizzato l’attenzione sui mondiali in Quatar: per la loro realizzazione sono morti 6.500 operai, non conosceremo mai i loro nomi, da quali paesi provenivano, morti per il profitto senza identità. Poi Gasparazzo e la guerra, per denunciare il conflitto in Ucraina dal punto di vista di classe, per ribadire che il ricorso strutturale alla guerra è una costante, ormai da decenni, delle politiche Usa e Nato, ma anche dell’Unione Europea. Con la cosiddetta fine della storia si è aperto un ciclo di guerre che hanno provocato decine di migliaia di morti e la devastazione di tanti territori, e allo stesso tempo le spese militari sono cresciute e a breve arriveranno al 2% del Pil come richiesto dalla Nato. Prosegue la militarizzazione dei territori con nuove basi, come quella del Tuscania a Pisa, che si aggiungeranno ad altre opere militari, per esempio l’hub aeroportuale per equipaggiare e trasportare migliaia di soldati e logistica nelle aree di guerra e il porto nucleare di Livorno, fino al potenziamento della base Usa di Camp Darby. Un terzo argomento è rappresentato dal ruolo regressivo del sindacato. Ci sono stati due scioperi generali nel mese di Dicembre, uno del sindacalismo di base e uno di Uil e Cgil. Ma resta innegabile che in questi anni il modello concertativo dei sindacati rappresentativi abbia determinato la sconfitta della conflittualità nei luoghi di lavoro con la sottoscrizione di contratti che non hanno restituito potere di acquisto ai salari o effettivo potere contrattuale. Proprio in queste settimane ci sono stati scioperi in Gran Bretagna e in Francia con parole d’ordine e rivendicazioni contrattuali assai diverse da quelle italiane. Non ci si accontenta di aumenti irrisori che non faranno recuperare potere di acquisto ai salari: scioperi di giorni e giorni che stanno paralizzando interi cicli produttivi e dei quali l’informazione mainstream volutamente non parla. In Italia non sono possibili scioperi di questo genere perché anche il sindacato ha contribuito a una legislazione antisciopero che impone di non bloccare i servizi essenziali, i quali oltretutto sono definiti in maniera troppo estensiva, e vanifica lo strumento dello sciopero ingabbiandolo in procedure burocratiche di indizione che alla fine favoriscono solo le associazioni datoriali. Se lo sciopero diventa rituale perde ogni efficacia, per questo averne accettato la autoregolamentazione prima e poi le norme legislative e contrattuali che ne limitano l’esercizio è stato un grave errore che ha rafforzato i padroni indebolendo il potere contrattuale della forza-lavoro. Poi ci sono infortuni e morti sul lavoro, le nocività che ancora oggi provocano stragi silenziose con decine di siti inquinati mai bonificati. Le vignette di Zamarin permettono di riprendere una discussione collettiva attorno al conflitto di classe, nei luoghi di lavoro e nella società. È questo lo scopo della mostra e dell’opuscolo, una sorta di lettura attualizzata di vignette sempre verdi che vale la pena di far conoscere ancora oggi. Perché, sia ben chiaro, noi vogliamo utilizzare la memoria per agire nel presente.