Pubblichiamo un’intervista al compagno Stathis Kouvelakis del Comitato Centrale di Syriza e rappresentante della Piattaforma di Sinistra del partito, apparsa sul mensile statunitense Jacobin, che l’ha gentilmente concessa per la traduzione. L’intervista, che risale all’inizio di gennaio e quindi precede la vittoria elettorale di Syriza, per quanto lunga, va letta nella sua interezza, per la sua importanza e per contestualizzarne i giudizi, a volte anche duri, espressi sia su Syriza sia su altre organizzazioni, giudizi che non possono essere estrapolati in modo arbitrario o strumentale. Di seguito pubblichiamo un estratto dell’intervista. Il testo integrale in pdf è disponibile qui.
Traduzione di Paolo Rizzi
LE PRIORITÀ DI SYRIZA AL POTERE
QUALI SONO LE PRIORITÀ DI SYRIZA PER LA GRECIA?
Ci sono quattro temi principali su cui lavorare, e non li metto in un ordine particolare.
Prima di tutto le misure d’emergenza per affrontare gli aspetti più pesanti dei disastri recenti: riallacciare all’elettricità tutte le case, mense scolastiche per i bambini e ripristinare un sistema di sanità pubblica degno di questo nome. Oggi un terzo della popolazione è escluso dall’assistenza medica.
Secondo: smantellare il nocciolo duro dei memorandum. Cioè riportare il salario minimo ai livelli pre-2010, ripristinare i contratti collettivi e la legislazione sociale che è stata completamente distrutta. Questo aprirebbe spazi d’azione per i lavoratori e darebbe miglioramenti immediati. Dobbiamo anche liberarci delle assurde tasse sulla proprietà che lo stato ha estorto alla popolazione per molti anni. Questo non è negoziabile.
Terzo: il debito, e qua ci saranno dei negoziati. Non c’è via d’uscita per la Grecia se la restituzione del debito come previsto dai memorandum continua a soffocare il paese. Per creare avanzi di bilancio e poter ripagare il debito è stato fatto un massacro di tagli di spesa pubblica e sociale. Questo è impraticabile. L’avanzo di bilancio non sarà mai abbastanza alto da coprire gli interessi del debito, il cui peso cresce al crollo del PIL, arrivando ora al 177%. Bisogna trovare una soluzione a ciò. Syriza insisterà su una soluzione come quella del caso tedesco nel 1953, cioè cancellare la maggior parte del debito e restituire il resto entro i termini delle clausole di crescita. Ma cosa faremo nel caso gli europei rifiutassero? Ancora una volta tutte le scelte sono sul tavolo, Syriza non si ritirerà e non si farà ricattare come fece Anastassiades, il presidente di destra a Cipro, fino a quando nella primavera del 2013 il parlamento cipriota ha rifiutato il piano di salvataggio proposto dall’UE.
Quarto: lavorare al riavvio dell’economia, che è stata distrutta, per affrontare la disoccupazione di massa (26%, 50% tra i giovani) in cui la Grecia si trova. Solo gli investimenti pubblici possono davvero avviare questo. È una faccenda molto complessa ma abbiamo bisogno di rilanciare l’economia in modo da rispondere alle necessità sociali e ambientali, a differenza di ciò che è stato fatto in passato.
COME AFFRONTARE IL DEBITO E L’EURO
IMMAGINIAMO CHE CI SIANO STATE LE ELEZIONI, CHE SYRIZA ABBIA OTTENUTO LA MAGGIORANZA ASSOLUTA E NON ABBIA BISOGNO DI APPOGGIARSI AD ALLEATI INAFFIDABILI. UNA VITTORIA TOTALE. COME SAI, PAUL MASON HA SCRITTO UN ARTICOLO SUI PERICOLI PER SYRIZA NELLE PRIME SETTIMANE DOPO UN EVENTO DEL GENERE E SULLE ENORMI PRESSIONI CUI SAREBBE SOTTOPOSTA SIA DAI MERCATI SIA DALL’UE.
AL MOMENTO LA LINEA DI TSIPRAS È DI SCOPRIRE IL BLUFF DELL’UE E SCOMMETTERE CHE CIÒ SIA SUFFICIENTE, CHE LA CRISI CHE LA GRECIA POTREBBE CAUSARE ALL’EUROZONA POTREBBE ESSERE SUFFICIENTE A CALMARE TUTTO. COME PERCEPISCI QUESTA STRATEGIA? QUANTO È PREPARATA SYRIZA A QUESTE PRESSIONI?
Innanzitutto non si capisce quanto violenti siano il clima politico e le campagne elettorali in Grecia. Nel 2012, onestamente, è stata una campagna elettorale più simile a quella di un paese sudamericano che a quella di un paese europeo. L’approccio, la retorica e i discorsi sia del governo in carica sia dei media nei confronti di Syriza la dipingono come una forza fondamentalmente illegittima. Dicono che quando Syriza arriverà al potere ci sarà uno scenario totalmente apocalittico, che la Grecia sarà espulsa dall’eurozona e i supermercati saranno vuoti. Stanno addirittura facendo dei fotomontaggi di scaffali vuoti, o supposti vuoti, in Venezuela e Argentina con la scritta: “Questo succederà in Grecia”.
In un certo senso, queste intimidazioni sono state d’aiuto, in particolare le molte dichiarazioni ufficiali dell’UE nell’ultimo periodo. Tutte molto ostili a Syriza, tutte contenenti forme di intimidazione. Syriza deve confrontarsi con questa situazione. L’approccio corrente è che non riconsidereremo le nostre richieste, non le annacqueremo.
D’altro canto Syriza vuole rassicurare l’elettorato che ci sono persone e forze in Europa più aperte alla contrattazione e ad alcune concessioni. Tsipras ha scritto per esempio uno spiacevole articolo in cui suggerisce che i governi di Francia e Italia starebbero prendendo le distanze dall’austerità.
Vengono sottolineate alcune dichiarazioni dei socialdemocratici tedeschi e un articolo di Bloomberg in cui la Grexit [“greek exit”, l’uscita dall’euro, NdT] è giudicata impossibile, uno scenario impercorribile che nessuno considera. Il punto centrale è che la maniera in cui i media europei dominanti presentano Syriza è cambiata nelle ultime settimane e giorni.
Qual è il significato di questo cambiamento? Prima dicevano: “Questi sono estremisti di sinistra, sono una minaccia e dovremmo affrontarli e sconfiggerli”. Ostilità esplicita. Ora il tono è: “In realtà sono più ragionevoli di quanto sembri e in ogni caso non cambieranno di molto le cose”.
La morale è che qualunque cosa tu faccia dovrai sempre rimanere all’interno del quadro attuale. Qualcuno sta facendo il poliziotto buono e qualcun altro il poliziotto cattivo, la realtà è che le sbarre di ferro sono ancora lì e non c’è un reale spazio di manovra.
Penso che le posizioni moderate dentro il partito siano comprensibili fino a un certo punto, una specie di discorso difensivo può essere necessario in certe circostanze, ma il problema è che non si prepara la società a ciò che succederà inevitabilmente in caso di vittoria di Syriza. Ovvero che la decisione di attuare completamente il programma sarà molto conflittuale, sia nel paese sia nell’Unione Europea.
Penso che anche durante la campagna elettorale la sinistra di Syriza abbia un ruolo da giocare, in maniera leale, rimanendo fedele al programma ma sottolineando che le cose non saranno facili, che dobbiamo prepararci a scontri seri. Queste cose le dobbiamo enfatizzare a seconda dei momenti e delle debolezze delle posizioni della maggioranza.
Ma anche Tsipras fa questo discorso a volte. Quindi c’è un gioco costante di bilanciamento tra queste contraddizioni. Se osserviamo le cose dall’esterno, la contraddizione giace nella situazione in sé, nel senso che sarebbe stato difficile non avere queste contraddizioni nella situazione esistente.
Parliamo di una situazione in cui il livello di mobilitazione sociale è stato molto basso per un periodo abbastanza lungo, il contesto è elettorale, non insurrezionale. L’equilibrio delle forze internazionali è in svantaggio per Syriza, nonostante i recenti sviluppi in Spagna. In generale, in Europa, è chiaro che il governo di Syriza sarà abbastanza isolato.
Quindi queste esitazioni, ambiguità e oscillazioni sono parzialmente inevitabili, a patto che si sia lucidi sul fatto che ciò che ci attende è una scelta tra andare avanti verso lo scontro o arrendersi. Non penso che ci siano opzioni intermedie tra la resa e lo scontro (...)