Crack epocale? No, solo volatilità dei titoli. No, aggiustamento dei mercati. No, tantrum, sfuriata passeggera. No, i fondamentali sono solidi. Nessuno parla di bolla speculativa dell’Occidente alimentata da istituzioni finanziarie e banche centrali che non potevano non conoscere i dati truccati della crescita della seconda economia mondiale.
di Lucio Manisco
Chi scrive non è un economista. E’ solo un dilettante (diciassettenne si sciroppò “La moneta” dei Papi!), ma nei trentotto anni trascorsi negli USA ha conosciuto John Kenneth Galbraith, ha letto tutti o quasi tutti i suoi saggi, e ha da lui imparato a diffidare dai professionisti del settore, della loro “idiozia intellettuale”, delle loro analisi sballate su ogni crisi ciclica dell’economia statunitense – quella reale sconvolta da quella finanziaria grazie alla genialità inventiva di Bill Clinton, che abrogò ogni regola del New Deal e scatenò le bolle speculative degli ultimi anni.
La premessa sulla non professionalità corretta unicamente dal buon senso di un ottuagenario giornalista è necessaria in quanto ispira queste note sulla crisi che dallo scorso venerdì ha provocato il crollo dei titoli azionari del mondo intero e quello dei cervelli degli esperti. Basta leggere i titoli non della stampa italiana che non conta nulla (non una riga sul Il Sole 24 Ore di lunedì 24 agosto) ma quella internazionale – Financial Times, Wall Street Journal, New York Times, Frankfurter Allgemeine, Le Figaro, El Pais ecc: non è uno tsunami o un crack epocale, ma solo un correttivo, un aggiustamento dei valori atteso da tempo; nessun motivo di panico per gli investitori; si tratta di volatilità dei titoli, di un tantrum, di una sfuriata passeggera; i “fondamentali” dell’economia USA ed Europea malgrado i bassi tassi della crescita sono solidi, sani, sanissimi; rimbalzi delle borse in aperture in grande evidenza, azzerati dalle borse in chiusura in poca evidenza; la Federal Reserve non aumenterà i tassi di interesse e probabilmente rilancerà i Quantitative Easings, quindi riequilibrio dello Stock Exchange – Wall Street e i Futures di Chicago.
E tutte le colpe di quanto sta accadendo ricadono sui dirigenti della Repubblica Popolare Cinese, sulla loro “gestione inetta e non trasparente” di un’economia che improvvisamente non cresce più con i ritmi del 10 e più per cento degli scorsi anni (l’accusa di non trasparenza viene dall’Amministrazione Obama che vanta dati notoriamente truccati sulla disoccupazione al 5 per cento).
Se la crescita reale di questa economia è scesa dal 10 al 2 per cento la responsabilità viene attribuita non alla speculazione a breve termine dell’Occidente, ma al dirigismo comunista del neocapitalismo di stato che ha coinvolto altri paesi emergenti dell’Asia. Maledetti cinesi!
Non siamo economisti e a chi si chiede in Italia dove trasferire gli investimenti di borsa saltati a Shangai suggeriamo i materassi, il riscatto delle catenine d’oro della prima comunione dal monte pegni, le scatole di pomodoro cinese o del caporalato nostrano e gli orti di guerra.