In risposta alla dichiarazione del Ministero degli Esteri del Perù, la nostra organizzazione tramite il nostro Segretario Generale ha inviato una lettera aperta alla Commissione, la quale informiamo i nostri cari e l'opinione pubblica in generale.
Lima-Perù, 19 marzo 2019
Signor Segretario esecutivo della Commissione interamericana per i diritti umani dell’Organizzazione degli Stati americani (OEA)
Ci rivolgiamo a Lei con molto rispetto per manifestarLe il nostro più energico rifiuto della nota di protesta del 14 c.m. che le ha trasmesso lo Stato peruviano per la nostra partecipazione, insieme ad altre organizzazioni, alla 171ª sessione della Commissione Interamericana dei diritti umani (CIDH) svoltasi a metà febbraio c.a. nella città di Sucre (Bolivia), e chiariamo quanto segue:
1. - Riaffermiamo il nostro diritto stabilito all’articolo 205 della Costituzione Politica del Perù a ricorrere alle Organizzazioni Internazionali, come la sua, per denunciare la violazione dei nostri diritti fondamentali da parte dello Stato peruviano dal momento che nel nostro paese non esiste un giusto processo e quindi le garanzie necessarie per la loro protezione. Situazione di cui al punto a) della sottosezione 2. dell’articolo 46 della Convenzione americana sui diritti umani, trattato internazionale che lo Stato peruviano ha sottoscritto ed è quindi obbligato a rispettare e applicare, essendo totalmente illegale e arbitrario che nella sua nota di protesta reclami che non siano stati interrotti i nostri interventi realizzati conformemente alla nostra posizione ideologica, la qual cosa, conformemente al detto “dichiarazione di parte ha rilievo di prova”, non fa altro che confermare la persecuzione politica del governo peruviano contro la nostra organizzazione, cosa che denunciamo a livello internazionale.
2. - Rifiutiamo che il governo peruviano per giustificare la sua nota di protesta inviatavi affermi tendenziosamente che esiste un legame del nostro movimento con il Partito Comunista del Perù (PCP), al quale chiama “Sendero Luminoso”, che è totalmente falso e affermiamo che si tratta di due organizzazioni politiche distinte: il PCP che in gli anni ‘80 ha condotto un processo sovversivo contro lo Stato peruviano ed il cui obiettivo era la conquista del potere politico, lo stesso che fu qualificato ufficialmente come “terrorista” e che si è concluso 26 anni fa e noi, il Movimento per l’amnistia e diritti fondamentali (MOVADEF) costituitosi all'interno del quadro giuridico Costituzione dello Stato peruviano più di nove anni fa in conformità con i commi 13 e 17 dell'articolo 2 della Costituzione, per difendere i diritti del popolo e partecipare alle elezioni al fine di propugnare una soluzione politica ai problemi derivati dalla guerra interna vissuta dal nostro Paese attraverso un’amnistia generale per i civili, la polizia e i militari e che serva da riconciliazione nazionale. Facciamo notare che da quando ci siamo costituiti non abbiamo mai perpetrato nessun atto di violenza contro qualsiasi persona o organizzazione civile o statale e, tuttavia, i nostri leader e attivisti sono perseguitati, posti sotto processo e imprigionati per il solo “crimine” di difendere coerentemente i diritti del popolo.
3. - Nella sua nota di protesta indirizzata a voi, lo Stato peruviano mente spudoratamente quando dice che abbiamo approfittato dei nostri interventi nel forum della CIDH per “fare apologia del terrorismo”, il che è totalmente falso e da noi rifiutato dal momento che, come voi sapete bene, già in altre sessioni della CIDH ci siamo semplicemente limitati a denunciare le violazioni dei nostri diritti fondamentali stabiliti nella Convenzione americana sui diritti umani dell'OEA. DOVREBBE ESSERE CHIARO CHE CIÒ NON È “FARE APOLOGIA DEL TERRORISMO”.
- DENUNCIAMO che 25 anni dopo la fine del conflitto interno nel nostro paese, il governo peruviano persiste nel tenere i propri cittadini sotto un sistema di eccezione proprio di una guerra.
- DENUNCIAMO che in Perù si è stabilita una politica apparentemente antiterrorismo che viola i diritti fondamentali delle persone e, in particolare, quelli dei detenuti, ex detenuti, parenti, avvocati e sostenitori di coloro che si sono mobilitati nel decennio degli anni '80.
- DENUNCIAMO che nel caso dei prigionieri, indipendentemente dal fatto che gli sono state imposte pene lunghissime che vanno oltre i 25 anni senza alcun beneficio, dopo che hanno scontato la condanna vengono aperti nuovi processi e gli si impongono pene smisurate. In Perù, i prigionieri che rimangono sono persone anziane come è il caso del Dr. Abimael Guzmán che ha già 84 anni e insieme con altri prigionieri politici viene mantenuto in un grave e prolungato isolamento e in un modo che le Nazioni Unite hanno catalogato inaccettabile ed equivalente alla tortura.
- DENUNCIAMO che in Perù la giustizia è stata strumentalizzata riducendola a semplice arma di repressione e persecuzione politica. Gli avvocati che hanno difeso questi prigionieri sono stati perseguitati attraverso processi disciplinari e sanzioni interne ai Collegi di avvocati in modo da impedirgli di esercitare la difesa.
- DENUNCIAMO che in Perù agli ex detenuti e a chi ha già scontato la propria pena gli si proibisce di lavorare. Il contrasto tra ciò che deve ricercare il diritto penale - il reinserimento dell’individuo nella società dopo il pagamento del debito contratto con essa - e ciò che succede realmente è abissale, quindi ciò che si sta facendo è violare la Costituzione del Perù.
- DENUNCIAMO che in Perù si impone il diritto penale del nemico e si applicano leggi come quella sull’apologia, che criminalizza la semplice opinione politica o la libera espressione, catalogando ogni forma di pensiero che non sia ufficiale come crimine, reprimibile con drastiche pene detentive. In questo momento ci sono centinaia di indagini penali motivate dalla semplice espressione di idee o di un semplice tentativo di difesa dei prigionieri politici. Le leggi proibiscono agli insegnanti di lavorare mentre a tutti i prigionieri rilasciati è proibito partecipare alle elezioni come candidati o membri di partiti politici. È stato stabilito un regime di totale proibizione dell'essere umano.
- DENUNCIAMO che in Perù la qualifica di terrorista, che in Perù viene definita “terruqueo”, si applica non solo al gruppo mobilitato ma anche alla criminalizzazione della protesta sociale. Gli insegnanti che scioperano, gli studenti che protestano, i contadini e i minatori che combattono contro l'inquinamento ambientale e molti altri movimenti sociali, sono semplicemente etichettati come terroristi. La semplice espressione che quella che c'era fu una guerra civile, è considerata terrorismo e perseguitata formalmente e penalmente dallo Stato peruviano.
- DENUNCIAMO che in Perù, dopo un lungo pellegrinaggio dei parenti degli assassinati nella prigione di Frontón, molti di loro addirittura arrestati, trent'anni dopo gli eventi le autorità hanno consegnato 8 corpi che li hanno sepolti in alcuni nicchie costruite nel distretto di Comas. Presto, usando una legge incostituzionale, le autorità demolirono queste nicchie e non permisero ai parenti di assistere all’esumazione. Gli assassinati nel Frontón non hanno subito alcuna sentenza e nemmeno sotto il “Terruqueo” potevano essere stigmatizzati come terroristi. Ai parenti non è stata concessa nemmeno la consolazione di una dignitosa sepoltura e lo Stato continua a uccidere i peruviani dopo la morte.
- DENUNCIAMO che in Perù, nel frattempo, i problemi che hanno dato origine alla guerra interna sono ancora presenti e non viene fatto nulla per superarli. L’estrema povertà, la corruzione e l'esclusione sociale della grande maggioranza sono problemi che lo Stato affronta perseguitando, reprimendo e imprigionando un presunto terrorismo che è scomparso da decenni, così come i corpi delle vittime del genocidio che ha usato per sradicarlo.
4. - Riteniamo che le denunce che precedono non possano essere considerate come discorsi contrari alla pace sociale, alla democrazia e allo stato di diritto, come affermato irresponsabilmente nella nota di protesta indirizzata a voi dallo Stato peruviano.
5. - Infine condanniamo l'ipocrisia e il cinismo di cui si vanta il governo peruviano, quando nella sua lettera di protesta inviata a voi vi esorta a “prendere le misure necessarie per promuovere ulteriormente gli spazi per il dialogo libero con le organizzazioni della società civile”, mentre protesta per non aver interrotto i nostri interventi e nell’aggiungere che questi spazi non siano sfruttati per diffondere quelli che considera discorsi contrari alla pace sociale, alla democrazia e allo stato di diritto, ciò che pretende è di estendere a livello internazionale la negazione del nostro diritto alla libertà di espressione, di opinione e la libertà di pensiero affinché in futuro non ci sia autorizzata la partecipazione alle riunioni della CIDH, negando così il nostro diritto alla difesa, che non fa altro che confermare e provare la politica dell’odio,, vendetta e persecuzione che lo Stato peruviano sviluppa contro di noi e al popolo, in totale antitesi alla necessità di una riconciliazione nazionale alla vigilia del Bicentenario dell'Indipendenza del nostro paese che si commemora nel 2021.
Sperando che la presente meriti l'attenzione che le corrisponde la firmiamo,
Cordiali saluti
Alfredo V. Crespo Bragayrac
Segretario Generale
MOVADEF
(https://www.movadef.net)
Versione originale
Traduzione a cura di Alessandro Bartoloni