Link al video della lezione su argomenti analoghi tenuta per l’Università Popolare Antonio Gramsci
Segue da: “La filosofia dello spirito”
3. L’eticità
Con l’approdo dalla moralità soggettiva e individuale all’eticità oggettiva e collettiva diviene finalmente possibile superare dialetticamente la scissione fra soggettività individuale e bene universale tipica della moralità, in quanto nell’eticità si attua concretamente il bene, che non può rimanere un’aspirazione soggettiva, ma deve necessariamente realizzarsi. Se la moralità è la volontà soggettiva e, perciò, interiore e privata del bene, l’eticità è la moralità sociale. Il dovere astratto della moralità deve concretizzarsi nel rapporto con la società e le istituzioni statuali, in cui unicamente si realizza la libertà del singolo. In tal modo il diritto, quale dovere nei confronti delle istituzioni, e la moralità, quale volontà soggettiva dell’individuo, si riconoscono e si sintetizzano nei costumi e nelle istituzioni, tanto da esser comprese come due astrazioni dell’intelletto che hanno la loro verità quali momenti dell’eticità.
3.1 La famiglia
L’eticità si realizza, in primo luogo, nell’eticità immediata e naturale della famiglia, in cui si supera l’individualismo del singolo in un progetto di vita comune, collettivo. Così, il rapporto naturale fra i sessi assume la forma di un’unità spirituale fondata su amore e fiducia. Questi ultimi sentimenti sono il fondamento della famiglia che si realizza oggettivandosi nel matrimonio – che non è, dunque, riconducibile a un mero contratto, come ancora faceva Kant –, nella cura del patrimonio comune e nella educazione dei figli. Una volta che i figli hanno raggiunto l’indipendenza, la famiglia ha esaurito il suo compito e, perciò, i genitori tendono a dileguare, mentre seguendo i figli ci addentriamo con loro nella società civile, ovvero nel mondo del lavoro.
3.2 La società civile
Dalla totalità etica della famiglia passiamo, in tal modo, in una sfera atomistica e conflittuale di tipo economico-sociale e giuridico-amministrativo. Nella sua descrizione Hegel valorizza i suoi studi giovanili sull’economia-politica moderna. La società civile è, dunque, osserva Hegel: “il campo di battaglia dell’interesse privato e individuale di tutti contro tutti”. In quanto nella società civile i singoli individui cercano di appagare i propri bisogni particolari attraverso il lavoro. D’altra parte, proprio il perseguimento di fini egoistici li porta a relazionarsi agli altri e a soddisfare, per appagare i propri bisogni, i bisogni altrui, costituendo così il sistema dei bisogni, che costituisce il primo momento della società civile.
I ceti sociali
In tal modo gli interessi particolari imparano a coesistere e la società si articola in differenti ceti sociali. Il primo dei quali è costituito dalla classe naturale degli agricoltori; il secondo è la classe media degli artigiani, fabbricanti e commercianti, definita formale da Hegel in quanto dà forma ai beni primari dell’agricoltura; la terza è la classe universale dei pubblici funzionari che si occupano degli interessi universali, collettivi.
I limiti della società civile
La connessione generale degli individui sul piano economico, l’affinamento delle capacità, la divisione del lavoro – pur essendo indipendenti dalla volontà dei singoli – hanno una loro razionalità. Tuttavia, nella società civile la produzione della ricchezza pare legata in modo inestricabile alla produzione della miseria e la divisione e meccanizzazione del lavoro produce frustrazione e alienazione fra i lavoratori. Peraltro è del tutto indipendente dalla volontà, dall’impegno e dalle capacità particolari del singolo lavoratore se il suo bisogno sarà soddisfatto mediante il proprio lavoro, dipendendo dalle imprevedibili configurazioni del mercato, che assume una configurazione sempre più internazionale. Si viene così a formare una classe che rischia di mettere in discussione l’intero sistema: la plebe moderna, in quanto non può essere in alcun modo interessata alla sua conservazione.
L’amministrazione della giustizia, la polizia e le corporazioni
La società civile non si riduce alla sola struttura economica, ma presuppone, come il sistema economico moderno, una serie di meccanismi giuridico-amministrativi che ne sono parte integrante. Abbiamo così, come secondo momento della società civile. l’amministrazione della giustizia ovvero la sfera del diritto pubblico che consente di evitare che la concorrenza e l’individualismo producano una guerra di tutti contro tutti. A difesa degli interessi e della proprietà dei singoli vi è la giustizia e la polizia, mentre a difesa degli interessi collettivi vi sono le corporazioni, che curano la sicurezza sociale. Siamo al momento più elevato della società civile, in cui si fondono la volontà del singolo e la volontà generale della categoria cui il singolo, appartiene anticipando l’universalità dello Stato. Tuttavia, tutte queste misure sono solo dei palliativi, che non possono togliere il problema della plebe moderna, al punto che la società dinanzi a tale problema ricorre sempre di più alla colonizzazione e alla guerra, che sono comunque soluzioni solo temporanee del problema.
3.3 Lo Stato
In polemica con i liberali, Hegel sostiene che il fine dello Stato non può essere la promozione degli interessi individuali, anche perché gli individui possono realizzare la loro eticità e libertà solo come cittadini dello Stato. L’eticità di un popolo si esprime in effetti, secondo Hegel, in modo consapevole nelle istituzioni dello Stato moderno. Non sono gli individui a poter scegliere o meno di associarsi in uno Stato, in quanto la vita stesa dell’individuo è per Hegel funzione della salvaguardia dell’insieme sociale. Lo Stato sorge prima degli individui, si pensi al mondo antico dove ancora il soggetto non si è posto per sé; lo Stato ha la preminenza anche dal punto di vista logico, dal momento che è solo nella totalità che acquistano senso le singole parti.
La critica alla concezione liberale dello Stato
Tale concezione etica dello Stato di Hegel si differenzia da quelle liberali classiche di Locke e da quelle coeve di Humboldt, per le quali lo Stato era uno strumento utile a garantire la proprietà, la sicurezza e i diritti dei proprietari. Per Hegel lo Stato non può divenire mero guardiano dei particolarismi della società civile. Hegel, inoltre, contesta gli stessi diritti naturali del giusnaturalismo, dal momento che è la società, ovvero lo Stato “la condizione in cui il diritto ha la sua realtà”.
La critica al contrattualismo
Né lo Stato può fondarsi – come volevano i democratici come Rousseau – sulla sovranità popolare, dal momento che al di fuori dello Stato non vi è per Hegel un popolo, ma una moltitudine informe. Perciò Hegel rigetta anche la teoria contrattualista, che pretende che la totalità dipenda dall’arbitrio delle singole parti. Allo stesso modo la Costituzione di uno Stato deve sorgere, secondo Hegel, dalla vita storica di un popolo e non può esser frutto di un’elucubrazione a tavolino. Perciò, ad esempio, Napoleone non poteva che fallire volendo imporre una costituzione, per quanto avanzata, agli spagnoli.
La critica allo Stato totalitario
Per Hegel lo Stato ha in se stesso la propria ragion d’essere e il proprio scopo, ovvero il bene universale. Da questo punto di vista lo stato moderno rappresenta la comunità in cui si realizza nel mondo la divinità. Tuttavia lo Stato hegeliano non mira alla soppressione della società civile, che resta un momento necessario e ineliminabile della vita dello Spirito, ma si sforza di indirizzarne i particolarismi verso il bene comune. Né, tanto meno, lo Stato di Hegel è dispotico, in quanto è uno Stato di diritto, in cui sono le leggi e non gli uomini a governare. Perciò Hegel ammirava il codice napoleonico che spazzava via il feudalesimo.
La divisione dei poteri nello Stato hegeliano
La preferenza di Hegel andava alla monarchia costituzionale moderna, con poteri distinti. In primo luogo il potere legislativo che stabilisce l’universale, ovvero le leggi, da affidare a un parlamento in cui sono rappresentati i ceti sociali, che costituisce l’aspetto democratico dello Stato. Segue il potere governativo, esecutivo, retto dai funzionari dello Stato – il governo dei migliori – che riporta i casi particolari sotto l’universale, ovvero traduce in atto l’universalità delle leggi. Abbiamo, infine, il potere principesco, ossia il monarca che rappresenta l’unità dello Stato. Mentre, secondo Hegel, il potere giudiziario è appannaggio della società civile, sottoposta insieme alla polizia al governo dei funzionari. Quest’ultimo ha la prevalenza anche nei riguardi del monarca, che si limita a mettere i puntini sulle i, e sull’assemblea dei ceti troppo condizionata da interessi particolari.